Finirai per trovarla la via, se prima hai il coraggio di perderti... T. Terzani

Patente Internazionale: come si fa.

La patente italiana è sufficiente per guidare in tutti i Paesi dell’Unione Europea, negli altri Paesi europei (ad esclusione della Federazione Russa) e in diversi Paesi extra-europei. Le informazioni di dettaglio relative ai singoli Paesi possono essere consultate sul sito www.viaggiaresicuri.mae.aci.it, selezionando il Paese di interesse e scegliendo la voce “Viabilità”.

Per la maggior parte dei Paesi extra-europei è invece richiesto un permesso internazionale di guida che non può essere utilizzato autonomamente, ma deve essere sempre accompagnato dalla patente nazionale in corso di validità.
Le convenzioni internazionali in materia prevedono due distinti modelli di patente internazionale: il modello “Ginevra 1949” e il modello “Vienna 1968”.

Il permesso internazionale di guida è perciò necessario per guidare in quei paesi che non siano firmatari delle medesime Convenzioni internazionali ratificate dall’Italia. E’ rilasciato dall’Ufficio Provinciale della Direzione Generale della Motorizzazione Civile del luogo di residenza del richiedente, previa esibizione della patente di guida in corso di validità. L’elenco degli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile è consultabile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti www.trasporti.gov.it.

RILASCIO PERMESSO INTERNAZIONALE DI GUIDA
  • Modello TT746 (in distribuzione gratuita presso il nostro sportello informazioni) contenente la richiesta di rilascio del permesso internazionale di guida;

  • Attestazione del versamento di Euro 16,00 effettuato sul conto corrente n. 4028 intestato a DIPARTIMENTO TRASPORTI TERRESTRI – imposta di bollo;

  • Attestazione del versamento di Euro 9,00 effettuato sul conto corrente n. 9001 intestato a DIPARTIMENTO TRASPORTI TERRESTRI – imposta di bollo;

  • 2 foto recenti formato tessera su fondo bianco ed a capo scoperto, su carta non termica, di cui una autenticata (possibile autenticarla alla MCTC);

  • Patente di guida in corso di validità in visione ed una fotocopia della stessa fronte-retro;

  • Una marca da bollo da Euro 16,00.

Per una documentazione sempre aggiornata raccomando di controllare sempre sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Sotto ho copiato ed incollato l’elenco dei paesi aderenti alle varie convenzioni, alcuni riconoscono entrambi i modelli di patente, mentre altri riconoscono solo una delle due, in special modo Stati Uniti e Giappone necessitano del modello “Ginevra 1949”.

In ogni caso, per avere un quadro completo e sempre aggiornato dei paesi entro cui si vorrà mettersi alla guida di un veicolo, consiglio di consultare sempre il sito Viaggiare Sicuri alla sezione “Viabilità” dei singoli paesi.

 

Convention on Road Traffic

Vienna, 8 November 1968

Participant 

Signature

Accession(a), Succession(d), Ratification

Albania
29 Jun 2000 a
Armenia
 8 Feb 2005 a
Austria
 8 Nov 1968
11 Aug 1981
Azerbaijan
 3 Jul 2002 a
Bahamas
14 May 1991 a
Bahrain
 4 May 1973 a
Belarus
 8 Nov 1968
18 Jun 1974
Belgium
 8 Nov 1968
16 Nov 1988
Bosnia and Herzegovina
 1 Sep 1993 d
Brazil
 8 Nov 1968
29 Oct 1980
Bulgaria
 8 Nov 1968
28 Dec 1978
Central African Republic
 3 Feb 1988 a
Chile
 8 Nov 1968
Costa Rica
 8 Nov 1968
Côte d’Ivoire
24 Jul 1985 a
Croatia
23 Nov 1992 d
Cuba
30 Sep 1977 a
Czech Republic
 2 Jun 1993 d
Democratic Republic of the Congo
25 Jul 1977 a
Denmark
 8 Nov 1968
 3 Nov 1986
Ecuador
 8 Nov 1968
Estonia
24 Aug 1992 a
Finland
16 Dec 1969
 1 Apr 1985
France
 8 Nov 1968
 9 Dec 1971
Georgia
23 Jul 1993 a
Germany
 8 Nov 1968
 3 Aug 1978
Ghana
22 Aug 1969
Greece
18 Dec 1986 a
Guyana
31 Jan 1973 a
Holy See
 8 Nov 1968
Hungary
 8 Nov 1968
16 Mar 1976
Indonesia
 8 Nov 1968
Iran (Islamic Republic of)
 8 Nov 1968
21 May 1976
Israel
 8 Nov 1968
11 May 1971
Italy
 8 Nov 1968
 2 Oct 1996
Kazakhstan
 4 Apr 1994 a
Kenya
 9 Sep 2009 a
Kuwait
14 Mar 1980 a
Kyrgyzstan
30 Aug 2006 a
Latvia
19 Oct 1992 a
Liberia
16 Sep 2005 a
Lithuania
20 Nov 1991 a
Luxembourg
 8 Nov 1968
25 Nov 1975
Mexico
 8 Nov 1968
Monaco
 6 Jun 1978 a
Mongolia
19 Dec 1997 a
Montenegro
23 Oct 2006 d
Morocco
29 Dec 1982 a
Netherlands
 8 Nov 2007 a
Niger
11 Jul 1975 a
Norway
23 Dec 1969
 1 Apr 1985
Pakistan
19 Mar 1986 a
Peru
 6 Oct 2006 a
Philippines
 8 Nov 1968
27 Dec 1973
Poland
 8 Nov 1968
23 Aug 1984
Portugal
 8 Nov 1968
30 Sep 2010
Qatar
 6 Mar 2013 a
Republic of Korea
29 Dec 1969
Republic of Moldova
26 May 1993 a
Romania
 8 Nov 1968
 9 Dec 1980
Russian Federation
 8 Nov 1968
 7 Jun 1974
San Marino
 8 Nov 1968
20 Jul 1970
Senegal
16 Aug 1972 a
Serbia
12 Mar 2001 d
Seychelles
11 Apr 1977 a
Slovakia
 1 Feb 1993 d
Slovenia
 6 Jul 1992 d
South Africa
 1 Nov 1977 a
Spain
 8 Nov 1968
Sweden
 8 Nov 1968
25 Jul 1985
Switzerland
 8 Nov 1968
11 Dec 1991
Tajikistan
 9 Mar 1994 a
Thailand
 8 Nov 1968
The former Yugoslav Republic of Macedonia
18 Aug 1993 d
Tunisia
 5 Jan 2004 a
Turkey
22 Jan 2013 a
Turkmenistan
14 Jun 1993 a
Ukraine
 8 Nov 1968
12 Jul 1974
United Arab Emirates
10 Jan 2007 a
United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
 8 Nov 1968
Uruguay
 8 Apr 1981 a
Uzbekistan
17 Jan 1995 a
Venezuela (Bolivarian Republic of)
 8 Nov 1968
Zimbabwe
31 Jul 1981 a

 

Convention on Road Traffic

Geneva, 19 September 1949

Participant

Signature

Accession(a), Succession(d), Ratification

Albania
 1 Oct 1969 a
Algeria
16 May 1963 a
Argentina
25 Nov 1960 a
Australia
 7 Dec 1954 a
Austria
19 Sep 1949
 2 Nov 1955
Bangladesh
 6 Dec 1978 a
Barbados
 5 Mar 1971 d
Belgium
19 Sep 1949
23 Apr 1954
Benin
 5 Dec 1961 d
Botswana
 3 Jan 1967 a
Bulgaria
13 Feb 1963 a
Burkina Faso
31 Aug 2009 a
Cambodia
14 Mar 1956 a
Canada
23 Dec 1965 a
Central African Republic
 4 Sep 1962 d
Chile
10 Aug 1960 a
Congo
15 May 1962 a
Côte d’Ivoire
 8 Dec 1961 d
Cuba
 1 Oct 1952 a
Cyprus
 6 Jul 1962 d
Czech Republic
 2 Jun 1993 d
Democratic Republic of the Congo
 6 Mar 1961 d
Denmark
19 Sep 1949
 3 Feb 1956
Dominican Republic
19 Sep 1949
15 Aug 1957
Ecuador
26 Sep 1962 a
Egypt
19 Sep 1949
28 May 1957
Fiji
31 Oct 1972 d
Finland
24 Sep 1958 a
France
19 Sep 1949
15 Sep 1950
Georgia
23 Jul 1993 a
Ghana
 6 Jan 1959 a
Greece
 1 Jul 1952 a
Guatemala
10 Jan 1962 a
Haiti
12 Feb 1958 a
Holy See
 5 Oct 1953 a
Hungary
30 Jul 1962 a
Iceland
22 Jul 1983 a
India
19 Sep 1949
 9 Mar 1962
Ireland
31 May 1962 a
Israel
19 Sep 1949
 6 Jan 1955
Italy
19 Sep 1949
15 Dec 1952
Jamaica
 9 Aug 1963 d
Japan
 7 Aug 1964 a
Jordan
14 Jan 1960 a
Kyrgyzstan
22 Mar 1994 a
Lao People’s Democratic Republic
 6 Mar 1959 a
Lebanon
19 Sep 1949
 2 Aug 1963
Lesotho
27 Sep 1973 a
Luxembourg
19 Sep 1949
17 Oct 1952
Madagascar
27 Jun 1962 d
Malawi
17 Feb 1965 d
Malaysia
10 Sep 1958 a
Mali
19 Nov 1962 d
Malta
 3 Jan 1966 d
Monaco
 3 Aug 1951 a
Montenegro
23 Oct 2006 d
Morocco
 7 Nov 1956 d
Namibia
13 Oct 1993 d
Netherlands
19 Sep 1949
19 Sep 1952
New Zealand
12 Feb 1958 a
Niger
25 Aug 1961 d
Nigeria
 3 Feb 2011 a
Norway
19 Sep 1949
11 Apr 1957
Papua New Guinea
12 Feb 1981 a
Paraguay
18 Oct 1965 a
Peru
 9 Jul 1957 a
Philippines
19 Sep 1949
15 Sep 1952
Poland
29 Oct 1958 a
Portugal
28 Dec 1955 a
Republic of Korea
14 Jun 1971 d
Romania
26 Jan 1961 a
Russian Federation
17 Aug 1959 a
Rwanda
 5 Aug 1964 d
San Marino
19 Mar 1962 a
Senegal
13 Jul 1962 d
Serbia
12 Mar 2001 d
Sierra Leone
13 Mar 1962 d
Singapore
29 Nov 1972 d
Slovakia
 1 Feb 1993 d
South Africa
19 Sep 1949
 9 Jul 1952 a
Spain
13 Feb 1958 a
Sri Lanka
26 Jul 1957 a
Sweden
19 Sep 1949
25 Feb 1952
Switzerland
19 Sep 1949
Syrian Arab Republic
11 Dec 1953 a
Thailand
15 Aug 1962 a
Togo
27 Feb 1962 d
Trinidad and Tobago
 8 Jul 1964 a
Tunisia
 8 Nov 1957 a
Turkey
17 Jan 1956 a
Uganda
15 Apr 1965 a
United Arab Emirates
10 Jan 2007 a
United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
19 Sep 1949
 8 Jul 1957
United States of America
19 Sep 1949
30 Aug 1950
Venezuela (Bolivarian Republic of)
11 May 1962 a
Zimbabwe
 1 Dec 1998 d
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Categories: 2014, Burocrazia

BAM road: solo 4 opzioni per arrivare in fondo.

Ultima puntata del racconto della BAM road, affrontata dai due temerari motociclisti inglesi Peter Foulkes e Jon Brookbanks, stavolta si entra nel vivo!
A raccontare è Jon:

 

Ad ogni crinale ti chiedi quale ostacolo starai per affrontare, ed il mio cuore affonda ogni volta che il tracciato si divide. A questo punto una strada va sempre in alto, conducendo ad un ponte in legno marcio, o semplicemente ciò che ne rimane.L’altra strada va verso il basso, portando ad una sorta di guado.

Questo è tipico della BAM road, e senza possibilità di tornare indietro ci sono veramente solo 4 opzioni per proseguire…

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  • Opzione 1: Attraversare il ponte

Ci sono letteralmente centinaia di ponti da superare lungo la BAM road. Sono stati costruiti negli anni ’30 del 1900, gran parte di quelli in legno sono adesso marci, e molti collassati. Questi sono normalmente realizzati con traverse in legno della ferrovia, ma rattoppate con vecchie tavole, tronchi, rami degli alberi e persino tavoli. Alcuni sono estremamente stretti, si distendono lungo vasti e potenti freddi fiumi. La superficie di questi è un incubo per i motociclisti e spesso ci sarebbero poche possibilità di sopravvivere ad una caduta. Occasionalmente si vedono targhe coperte di fiori in memoria di qualcuno che ha perso la vita, o anche un camion caduto e giacente sul suo tetto al di sotto di una sezione precaria di ponte. Questi sono aspri promemoria dei pericoli di tale avventura, e spesso ci fanno domandare cosa stessimo facendo semplicemente “per divertimento”.

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Un particolare attraversamento che nessuno di noi due dimenticherà è quello dell’estremo ponte sul Vitim. Tornato a Mosca, Tony P., membro del “Sibersky Extreme Project”, ci ha dato un primo resoconto della sua storia dell’orrore su quel ponte, ed adesso era tempo della nostra. Era solo il secondo giorno, e come siamo arrivati sul crinale della collina ricordo di aver detto “porca pu**ana”. Sapevamo entrambi che questo momento sarebbe arrivato, ma nessuno pensava che l’avremmo raggiunto così presto. Prima di partire per questo viaggio, sia io che Pete pensavamo che in fondo avremmo potuto sorpassarlo senza problemi, ma il nostro punto di vista è cambiato immediatamente quando con timore abbiamo guardato giù all’enorme massa d’acqua che si riversava sotto di noi. La lunghezza dell’attraversamento è incredibile, l’altro capo del ponte sparisce all’orizzonte. La superficie è costituita da traverse in legno della ferrovia, tenute insieme da ampie maglie metalliche. Nel mezzo c’è una grande rampa, con grezzi listelli su ogni lato. Per l’intera lunghezza il ponte è estremamente stretto senza barriere laterali. Perfino solo camminarci mette in subbuglio il mio stomaco, e guardando in basso alle acque che fluiscono a velocità spaventosa mi fa girare la testa. Pete mi ha guardato e mi ha detto “solo stare qui mi fa stare male”.

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Era ovvio che percorrerlo in moto sarebbe stato meno goffo di quanto pensassimo, ma il più piccolo errore sarebbe stato fatale, così non c’era altra opzione che percorrerlo a piedi spingendo le moto. Tenere una moto a pieno carico controllandola con la frizione e camminando di lato non è un compito semplice. Certamente non aiuta avere stivali da fuoristrada. C’è sempre un alta percentuale di inciampare o rimanere intrappolati con la gamba sotto le borse posteriori. Sono andato per primo, con Pete che mi seguiva da vicino. Stava andando bene, finché non ho raggiunto la metà. Come la ruota anteriore è salita sulla rampa ho perso il momento e la moto ha cominciato a scivolare all’indietro anche con il freno tirato. Stavo gocciolando di sudore dalla punta del naso, e come al solito i miei pantaloni hanno cominciato a calare fino alle ginocchia! Fortunatamente sono stato capace di ricompormi, tirare su i pantaloni e attraversare la rampa in una dolce azione. Poi ho guardato Pete con paura mentra superava l’ostacolo. Una volta in salvo sulla sponda opposta ci siamo seduti sul bordo del ponte guardando indietro in soggezione, realizzando che il Vitim era ormai dietro di noi. Per cavalcarci una moto devi avere palle d’acciaio.

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Spesso un ponte non esiste, o è collassato, o non è mai stato finito: a questo punto dobbiamo ricercare l’opzione 2, guadare il fiume.

  • Opzione 2: guadare il fiume

L’acqua che scende dalle montagne è spesso gelida e scorre veloce. A volte sei faccia a faccia con un fiume così grande che è ovvio che non puoi guadarlo. Altre volte è meno chiaro, ed uno di noi deve procedere a piedi al fine di prendere una decisione. Sasso, carta, forbici questi momenti contano tanto quando hai un lungo giorno davanti. L’altezza dell’airbox è un fattore limitante, ma vedere il tuo motore sott’acqua, sentire il suo tono cambiare, e sentire la moto sballottata di lato è sempre un’esperienza scomoda.

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Se non puoi guidare, o guadare il fiume, e non c’è un ponte da cui attraversare, beh allora è tempo per l’opzione 3, guidare sulla ferrovia.

  • Opzione 3: Guidare sulla ferrovia

Da bambino mi veniva insegnato di non giocare vicino alle rotaie, perciò guidarci una moto sembrava fuori questione. Comunque, quando guidi sulla BAM road spesso non c’è opzione. Al 3° giorno il tracciato è scomparso, ed era chiaro che non potevamo passare questa sezione. A questo punto abbiamo fatto il nostro primo riluttante tentativo di tornare indietro e cercare la ferrovia. Sfortunatamente l’unico spazio disponibile per continuare era dalla parte opposta dei binari, e in poco tempo ci siamo trovati in una situazione di panico frenetico nel tentativo di portare le moto di là. Senza pensare troppo abbiamo posizionato la mia moto, aperto il gas e lasciato la frizione, sperando che le sospensioni assorbissero i binari in modo da sorpassarli. Questo non è successo e con la ruota anteriore nel mezzo dei binari, la posteriore rimbalzando mi ha sbalzato di sella. Alla fine, la moto a pieno carico era in mezzo alla ferrovia, bloccata. Per fortuna Pete ha mantenuto la calma ed è venuto ad aiutarmi a tirarla su, riuscendo a sorpassare i binari. Tremando dalla paura ci siamo seduti pensando quanto stupidi eravamo stati. Sapendo che questa non sarebbe stata l’ultima volta che avremmo eseguito questa manovra, abbiamo speso un po’ di tempo a sviluppare una soluzione più elegante. Nello stesso giorno abbiamo dovuto ripeterla 6 volte, e senza più acqua a disposizione. Questo era il giorno numero 3, l’inferno.

Il nostro più lungo e pericoloso attraversamento è capitato al giorno n° 5. Il ponte era oltre 200m ed alla fine c’era una curva secca dei binari, rendendo impossibile capire se stesse arrivando un treno da lontano. A distanza potevamo vedere una piccola capanna, dove due guardie ferroviarie stavano di controllo. Questi ragazzi vengono scaricati lì dal treno nel mezzo del niente, e stanno alcuni giorni in solitudine, addetti al controllo del traffico. Ci siamo fermati ed abbiamo discusso della possibilità di camminare sui binari per raggiungerli, prima. Forse potevamo parlare alle guardie e ottenere il premesso di guidare le moto sul ponte? Tentando di comunicare con una guardia che non parlasse inglese avrebbe solo ritardato le procedure, e c’era la possibilità che non acconsentisse al nostro piano. Abbiamo deciso di fare un tentativo. Abbiamo seguito la nostra classica strategia, spengere i motori, ascoltare molto attentamente, quindi attraversare il ponte uno per volta mentre ci tenevamo in contatto con l’interfono. Se ci fosse stato alcun segno di treno in arrivo, allora avremmo dovuto scendere dai binari schiacciandoci in uno dgli strettissimi vani di servizio del ponte, dove speravamo che ci fosse abbastanza spazio da evitare il treno in arrivo. Questa sezione della ferrovia ha traverse in cemento armato, fornendo così una buona superficie dove guidare la moto. Provando a non pensarci, ho acceso il motore e accelerato sul ponte, snocciolando una marcia dietro l’altra fino alla 4a una volta raggiunto il termine. Ho potuto vedere la guardia uscire dalla capanna, e con un enorme sollievo ho continuato fino alla fine dell’attraversamento e spento il motore. Ho guardato indietro e Pete non era che un puntino a molta distanza. Ho ascoltato che non arrivassero altri treni e quindi segnalato via interfono “VAI VAI VAI!”.  Pete è arrivato volando sul ponte, a pochi centimetri dal bordo delle traverse. Non c’era spazio per errori, e non osavo pensare alle conseguenze di uno sbaglio.

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Una volta in fondo, abbiamo guidato lentamente verso la guardia, e tentato di raccontare in modo calmo, come se quello che avevamo appena fatto fosse stato del tutto normale. Essendo praticamente nel mezzo del nulla, solo dio sa cosa questo abbia pensato quando ha visto 2 moto apparire. Appariva stordito, ed ha cominciato a inveire qualcosa in russo. Lo abbiamo addolcito con 500 rubli stringendogli la mano, a questo punto ha sorriso, ci ha chiamato pazzi, ed incredibilmente ci ha invitati a stare nella sua capanna per una tazza di the ed un po’ di zuppa calda. Eravamo grati al fatto di aver trovato questo ed essere ancora vivi alla fine. Senza idea di quante volte ancora avremmo rischiato la pelle lungo la strada per Tynda, abbiamo deciso di  fermarci in anticipo…5 attraversamenti ferroviari su ponte erano abbastanza per un giorno soltanto.

In alcuni casi, perfino guidare lungo la ferrovia non è più un’alternativa possibile, a questo punto è tempo per l’opzione numero 4…trovare un’imbarcazione, o sedersi e pregare per un grosso camion.

  • Opzione 4: cercare l’assistenza di una imbarcazione o di un camion

Erano le 10.30 del giorno n°2, ed avevamo già conquistato più della nostra normale quota di ostacoli, incluso il poderoso Ponte sul Vitim. Ma appena abbiamo deciso di fermarci abbiamo raggiunto un enorme fiume senza attraversamenti possibili. C’era una guardia che non permetteva l’uso della ferrovia. Ci ha spiegato che se avesse accettato di farci passare e ci fosse stato qualche problema avrebbe potuto rimetterci il lavoro. Ma sapevamo che questa era Russia, e con sufficiente ammontare di gesti on le braccia ed una mancia altrettanto grande, qualunque cosa sarebbe stata possibile. Dopo 1 ora di negoziazioni, che non sono mai facile in russo, ci siamo accordati per pagare la grande somma di 7500 rubli per l’assistenza di alcuni locali. Mentre il sole stava calando ci siamo ritrovati a caricare le moto, una per volta e senza bagagli, in un piccolo fuoribordo. Con un serbatoio pieno da 25l per ogni moto, sollevare le moto sulla prua della barca è stato difficile, e poi abbiamo dovuto tenerle in piedi durante un’attraversamento traballante.

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Tuttavia l’operazione è andata a buon fine, perdendo davvero poco tempo. E’ stato un giorno di successo, quindi ci siamo fermati ed abbiamo festeggiato con una bottiglia di vodka. Non è mai una buona idea, inutile dire che il giorno dopo siamo stati puniti per questo.

Il giorno n°4 ci siamo dovuti di nuovo dovuti arrendere davanti ad un altro profondo fiume. Infreddoliti, bagnati ed esausti, ci siamo seduti sotto un cespuglio. Tuoni e fulmini, mi chiedevo quanto tempo avremmo dovuto aspettare prima che qualcuno vennisse in nostro soccorso. Questo è stato un momento particolarmente difficile. Eravamo senza aiuto ed abbiamo cominciato a pensare che fosse troppo presto (come stagione) per attraversare la BAM road. Forse i livelli dell’acqua erano ancora troppo alti? A volte non abbiamo visto camion per giorni interi, così ci siamo chiesti cosa sarebbe successo se ad un certo punto ci saremmo completamente bloccati. L’ultima cosa che avremmo voluto sarebbe stato di rovinare il viaggio per questo. Ad un certo punto, con la coda dell’occhio scorgo un camion sull’altra sponda del fiume, ed in un disperato sforzo per ottenere aiuto ho corso verso la riva del fiume e ho urlato all’autista.  Il camion aveva un grande carico, ed era chiaramente inutilizzabile al nostro scopo. Comunque, con nostra grande sorpresa è venuto a darci una mano, ed entro 30 minuti un grande camion stava “navigando” nel fiume verso di noi. I ragazzi ci hanno guidato ad un grande cumulo di terra, dove insieme siamo stati in grado di trasportare le moto sul retro.

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Pete ed io ci siamo seduti sostenendo le moto durante il guado. E ‘stato un momento incredibile, incredibile come il camion ci portasse senza sforzo su questo gigantesco ostacolo, e ancora una volta abbiamo vinto contro le asperità del percorso. Con le moto in sicurezza dall’altro lato i camionisti ci hanno invitato nella loro cabina e ci ha offerto una tazza di tè. Non hanno accettato neanche uno spicciolo per il loro sforzo enorme per aiutarci, così abbiamo fatto una foto e cercato di fare il nostro meglio per mostrare il nostro apprezzamento. Quei ragazzi sono duri come chiodi.

Gli esempi descritti nelle opzioni qui sopra potranno darvi una qualche idea delle sfide quotidiane che abbiamo affrontato sulla BAM, e attraverso questo incredibile viaggio ci siamo accampati ogni notte accanto alla ferrovia. La terra sembrava letteralmente tremare sotto di noi quando i grandi treni a vapore passavano rumoreggiando, e il suono lancinante delle loro trombe spesso mi ha svegliato in un sudore freddo. Una sera, con il ricordo fresco del trascinamento della moto sulla pista e sulla ferrovia, Pete ha avuto un incubo e si è lanciato fuori dalla sua tenda alle 3 del mattino, convinto che ci eravamo accampati sulla ferrovia e che eravamo sicuramente spacciati! Gli orsi erano un’altra nostra paura, la gente del posto ci aveva avvertito innumerevoli volte sugli avvistamenti nella zona. Abbiamo pensato che rimanere vicino alla ferrovia sarebbe stata la strategia più sicura. Quando possibile avremmo acceso un fuoco e mangiato a 50 metri dalle tende. Ogni fruscio di un sacchetto di plastica, o il crepitio del fuoco portavano questo pensiero alla ribalta della mia mente, rendendo difficile per me a dormire. Spesso eravamo in moto sotto pioggia torrenziale, guadando fiumi gelati, e ciò significava che la nostra marcia era costantemente bagnata, eravamo fradici alla sera. Una bella serata asciutta è garanzia di una mattina di sole. La maggior parte dei giorni ci svegliavamo al suono degli acquazzoni, sapendo così che era giunto il momento di fare i bagagli di nuovo e affondare i piedi rugosi e pieni di vesciche nuovamente dentro gli stivali bagnati. Tutto questo è stato duro, ma l’ultima goccia dopo una lunga giornata sono i milioni di zanzare che ronzano intorno. A volte ce ne erano così tante che non abbiamo potuto neanche sederci e mangiare insieme, dovevamo piantare la tenda e fiondarci dentro! Al mattino a malapena riuscivamo a parlare, così ci davamo il tempo di riprenderci un po’ prima di affrontare la ripartenza.

6 notti e 7 giorni e abbiamo finalmente completato la sezione occidentale della BAM road. Giunti a Tynda, ho attivato l’interfono per dire “Congratulazioni Pete, sei un duro bastardo”.

Mentre scrivevo questo blog ho riletto una mail che avevo ricevuto dal mio amico Chris. Aveva scritto “Godetevi la BAM road compagni, sicuramente non può essere così male?”

Beh, è ​​stata davvero così brutta invece. Alcuni giorni erano come l’inferno, ma guardando indietro è stata la cosa migliore che io abbia mai fatto. La scarica di adrenalina e di sollievo che ogni ostacolo può portare non ha prezzo, e il senso di realizzazione per il completamento della missione rende ogni secondo valevole di essere vissuto. Imbarcarsi in una sfida difficile è come spingere se stessi al limite, e la ricompensa sta nel dimostrare ciò che si può fare. Il nostro amico Liam Page conosce questa sensazione fin troppo bene, dopo aver firmato per la “Marathon Des Sables”, una gara di 6 giorni per 151 miglia di endurance attraverso il deserto del Sahara in Marocco, la gara podistica più dura sulla terra. Buona fortuna a lui………io piuttosto preferirei cavalcare di nuovo sulla BAM!

TESTO TRADOTTO A CURA DI FRANCESCO RISTORI – ORIGINALMENTE DA WWW.TOUGHMILES.COM

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Categories: 2014, Racconti di viaggio

Due accessori...molto capienti! Valigie MyTech.

Ore 4.50, suona la sveglia.

Quasi non mi ero addormentato ed è già l’ora di alzarsi. Non bevo mai il caffè ma stamane ne tracanno una caffettiera bollente da 3 persone, con abbondante zucchero di canna.

Fuori ancora è buio, e freddo, così il rito della vestizione ha ancora più senso: tuta, stivali e borsone Amphibious sul posteriore.

Decido di evitare l’autostrada fino a Modena, scelta azzeccata, nell’Appennino sbaglio anche strada e ne percorro una sconosciuta, divertente e dal paesaggio mutevole e verde primavera.

Poi la sofferenza di 200km in autostrada, e finalmente mi appresto a varcare i cancelli della Meroni, dove ha sede anche la MyTech, ovvero la loro divisione “moto”.

Ancora stordito dalle turbolenze e dal rumore dello scarico mi tolgo finalmente tutto l’equipaggiamento di dosso e mi rendo operativo al servizio di Alessandro, il tecnico della Meroni che si occupa dell’officina MyTech, officina tra l’altro ariosissima e molto pulita.

Il lavoro è ottimo già a sentire i dati tecnici: telai in tondo 20×16 (ovvero 20mm di diametro esterno, 2mm di spessore), borse interamente metalliche con pareti in lastra da 20/10mm, fondo e coperchio da 15/10, ed angolari pressofusi in alluminio.

Accessoristica (ganci, maniglie, chiusure) in acciaio inox, rivetti a tenuta stagna.

Verniciatura a polvere semilucida per i telai, goffrata per le valigie, molto resistente.

Realizziamo il telaio in modo simmetrico rispetto all’asse della moto: è una goduria!! Il Super Ténéré ha sempre avuto la noia del marmittone a destra perciò era impossibile montarci dei telai simmetrici; adesso con la moto completamente ridisegnata ad hoc, e lo scarico Fresco basso e compatto è possibile montare questi nuovi telai simmetricamente.

Inutile dire che la sensazione di guida è solida e non sbilanciata rispetto al baricentro.

Dopo aver collegato i telai ad una piastra di scarico posta a battere sul retro delle pedane realizziamo anche una triangolatura di rinforzo.

Tra una spiegazione tecnica ed una dimostrazione pratica arriva il momento di sabbiare e verniciare i telai.

Per una produzione singolare non si può andare dalla ditta cui solitamente si rivolgono per sabbiare e verniciare e così andiamo da un “amico” che ha una ditta che produce pezzi per la Kapriol…azz! Una delle prime aziende al mondo per attrezzi da edilizia!


Mentre attendevamo la verniciatura siamo andati avanti con l’assemblaggio delle borse…ho visto la realizzazione del prodotto da 0 praticamente, e sono entusiasta di montare sulla moto dei gioielli simili.

Ho optato infine per montare le valigie da 47l, sulla base dell’esperienza di altri viaggiatori che avevano fatto la stessa scelta (Pinuccio&Doni, Mauro Dagna…) e confidando nel fatto che 94 litri mi dovrebbero avanzare!

Abbiamo deciso anche di montare il comodo toolcase, che va all’interno della borsa sinistra, stagno anch’esso.

Qui con Cristina, responsabile vendite MyTech, ed Alessandro, ottimo artigiano dell’Officina.

Un gran bel prodotto!

Grazie MyTech, bagaglio al sicuro dall’Italia al Giappone!

 

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Categories: 2014, Motocicletta, Sponsors

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