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Siberia. La terra che dorme. Anzi no.
Ekaterinburg è bella, forse la più bella città russa che abbia visitato, per ordine, pulizia, architettura, storia, vita.
Ma c’è sempre qualcosa che manca.
Come dice Marta (un’altra motociclista in viaggio con destinazione Giappone) sembra che alle città russe manchi…l’anima.
In Europa annusi la storia ovunque, dovunque ti giri c’è un aneddoto, un libro su cui studiare, qui sembra tutto talmente recente e sotto una bolla di cristallo che non pare vero.
Comunque, non mancano gli spunti interessanti, ed anche qui vecchio e nuovo si scontrano in una battaglia senza pari dove le case tradizionali in legno perdono sempre.
La prima sera Oksana mi accoglie nella sua casa, ed andiamo a fare 2 passi in centro, io esco in pantaloncini ed infradito: me ne pentirò, pioverà e farà freddissimo!
Comunque riesco lo stesso ad ammirare il tramonto sulla città “nuova”.
Lo skyline della vecchia città non è certo da meno!
In centro si trovano i classici palazzi/monumenti che si possono vedere in qualsiasi altra città sovietica.
Il palazzo del municipio…
Lenin…
La cattedrale ortodossa con le sue incredibili cupole dorate.
Altre chiese ortodosse.
L’università.
Sverdlov.
Ecco, Sverdlov, chi era? Era un politico e leader socialista degli anni 20, e vi chiederete voi, che ci fa qui?
A lui è stata dedicata la città in tempi sovietici, che fino al 1991 si chiamava infatti Sverdlovsk.
Lascio ancora spazio alle immagini, che parlano da sole, Ekaterinburg ha davvero mille angoli e punti di vista diversi ed altrettanto affascinanti.
Una curiosità: da quando sono in Russia ho notato che strappare un sorriso è veramente difficile, perché?
Secondo alcuni è perché i russi esprimono senza artifizi quello che provano, perciò se non hanno voglia di sorridere non lo fanno; secondo altri è proprio consuetudine non sorridere.
Questo mi ha messo molto in difficoltà, perché il sorriso è la prima arma che usiamo quando frequentiamo qualsiasi luogo pubblico.
E al 99% in Russia nessuno risponderà al sorriso, a meno che non si trovi in situazione di imbarazzo.
Le due ragazze conosciute ad Ekaterinburg mi hanno suggerito di fare lo stesso: non sorridere…potrebbe risultare equivoco!
E così mi hanno dato dimostrazione della tipica espressione russa!
Approfitto di un giorno in più in città per fare manutenzione: l’uniball cigolava e così ho smontato il leveraggio ed ho ingrassato con Nils Performance Grease Blue (non volevo portarlo, menomale non mi sono dato ascolto quando l’ho pensato!)…operazione non semplicissima date le condizioni dell’officina improvvisata, ma problema risolto!
Un’occhiata anche alla batteria Aliant…che sta facendo benissimo il suo lavoro!
Ecco, questo è l’appartamento dove ho alloggiato per 3 notti, in attesa di ripartire in direzione Omsk.
Ultimo saluto agli amici di Ekaterinburg.
Non sto più nella pelle…ieri ci siamo sentiti con Gianclaudio…è qui vicino…Gianclaudio chi?
Gianclaudio Aiossa, biker calabrese con in testa il record Milano-Vladivostok in 13 giorni.
Ci siamo visti più volte a migliaia di km da casa che in Italia.
Ed ogni volta era come sentircisi, a casa.
Quando incontri Gianclaudio è semplice respirare aria di amicizia, e vedersi ad Ekaterinburg sull’incrocio dei nostri itinerari è stato…emozonante!
Quando ho udito il sibilo della sua 3 cilindri ed ho scorto la sua sagoma mi ha colto un’esplosione di felicità.
Vai recordman, Vladivostok ti aspetta!
Mi aspetta una giornata piovosa e freddissima, 10°C forse; decido di partire comunque senza imbottitura: pessima decisione!
Dopo tre ore devo fermarmi perché sto congelando. Approfitto della pausa pranzo presso un Kafe dove mangio shashlick (spiedino di carne) per imbottire la giacca.
Nessun problema adesso, si prosegue, sempre sotto l’acqua, ma ben protetto dagli accessori e dall’abbigliamento Moto One.
Raggiungo Tyumen, la prima città siberiana, e accidenti se non è Siberia, il maltempo imperversa e non riesco a fermarmi neanche un po’.
Non so dove mi fermerò, ma una cosa è certa, se continuerà a piovere e fare così freddo per tutta la Siberia sarà dura arrivare in fondo.
Dopo una pesante giornata il tempo si rischiara, faccio benzina, scopro che la 80 ottani va bene sulla moto, non c’è molta perdita di potenza ed il motore gira rotondo e parco nei consumi, oggi 20.5km/l. E solo 56 cent al litro.
Una lussuosa Gastintiza è proprio davanti al benzinaio; sento il prezzo, 1200 rubli, vedo la camera, grande e con bagno privato, wifi, frigo, supermarket a due passi, insomma una pacchia, allo stesso prezzo di quello schifo di Gastinitza ad Ufa: Ya biru! (la prendo!)
Per risparmiare un po’ cucino sempre in camera…i soliti maledetti wurstel che sto imparando ad odiare. Tutto il resto costa carissimo e sono costretto a mangiare sempre questi insaccati.
La mattina parto col vento in poppa ed il sole che splende.
La Siberia è anche questo!
Mi fermo per pranzo. Mi allontano un po’ dalla strada principale, e sono in mezzo ai campi. Bello.
Adoro starmene qui da solo, con i miei pensieri, senza rumore di auto.
Quando per strada sono da solo, nessuno nello specchietto né dietro l’orizzonte, allora mi sento leggero, e felice.
Purtroppo non capita spesso, né adesso né sulla Transiberiana, c’è sempre traffico ed è veramente difficile non vedere auto, e questo va contro ad ogni aspettativa…io credevo che qui passasse un’auto ogni morte di papa!
La Siberia è soprannominata la terra che dorme, ma d’estate non pare essere così!
Arrivo ad Omsk.
Vengo accolto come un alieno, tutti girano intorno alla moto, forse non ne hanno mai vista una così, e chiedono continuamente foto insieme. Una la faccio fare anche con la mia macchina fotografica.
Arriva Ivan, il mio host, che mi accompagna a casa sua.
Vive con i genitori, l’appartamento è piccolo ma l’atmosfera è molto accogliente e subito mi offre una doccia, da mangiare ed un’uscita ad Omsk.
La cattedrale è senz’altro stupenda, peccato che i sovietici, come accaduto per tutti i monumenti religiosi, abbiano distrutto l’originale, questa è infatti solo una ricostruzione.
Il giorno seguente la cugina di Ivan, Olga, chiede di accompagnarmi in giro, studia italiano e per migliorarlo vorrebbe parlare un po’ con me: quando le ricapita di vedere un italiano ad Omsk, accetto volentieri!
Olga è una ragazza carina e gentile, dai tratti più europei che asiatici.
Mi fa da guida alla città e mi porta in un ristorante per assaggiare cibo locale: il più strano è l’akroschka, una specie di insalata in minestra, con brodo di…kvass!
Kvass, la bibita frizzante ottenuta dalla breve fermentazione del pane nero.
Andiamo alla chiesa ortodossa più vecchia, dove ancora regna un’atmosfera antica.
Il nostro giro termina al parco, la sera torno da Ivan a riposarmi ed a rimettere in sesto la moto: le strade russe hanno allentato (non so come) il bullone posto in fondo alla forcella anteriore destra e devo rimediare stringendolo…non è semplice perché andrebbe bloccato da dentro, ma riesco comunque.
Subito dopo mi aspetta la cena della mamma di Ivan…mmm ottima! Borsch, purè con carne, insalata di cavolo, poi miele artigianale, late, latte condensato, pane fresco, the…non mi sembra vero e divoro tutto con un grande appetito!!
Saluto Ivan, la mattina devo svegliarlo mentre sonnecchia perché per me si sta facendo tardi, racimolo tutta la mia paccottiglia e con l’ultimo sguardo ad Omsk mi dirigo verso la capitale della Siberia, Novosibirsk.
Asia. Stavolta per davvero.
Questi giorni sono stati, a dir poco, frenetici!
Couchsurfing è una gran cosa, ma ha i suoi difetti: quando il tuo host è troppo intento a farti stare meglio possibile può capitare che tu non abbia tempo per mantenere i contatti col “tuo mondo”.
E così non vi ho aggiornati per tanto, troppo tempo, è l’ora di rimediare!
Ripartiamo da dove ci eravamo lasciati: Volgograd – lascio la casa di Andrey, bella, ben arredata, pulita, la rimpiangerò!
Vado a Volzhsky, dove ho la promessa del console Camoirano di trovare i miei documenti; arrivo in ritardo, ma Arturo (che parla benissimo italiano, anzi friulano, dato che vi ha vissuto 20 anni!) e la collega del console sono lì che aspettano di andare all’UFMS, dove con grande sollievo ottengo finalmente la mia carta di immigrazione!
Scopro anche che il mio visto è stato rilasciato per la sola regione di Mosca..mah, ogni giorno una nuova! Vabeh, penso, chissene!
Gasss…sono le 16.30 quando finiamo di fare tutto, e devo essere a Saratov entro sera, mancano 360km.
Questa parte di Russia è davvero noiosa, dritta, piatta, senza niente di particolarmente affascinante da osservare, fatta eccezione per le buche e le sconnessioni, pericolose e noiosissime, presenti sulla strada.
Faccio benzina al solito prezzo ridicolo di 65€cent/l, mi guardo intorno e vedo il nulla.
La sera si avvicina, e non mi piace guidare in queste condizioni.
Però ho un appuntamento a Saratov, e non saprei dove dormire altrimenti; non tutti i mali vengono per nuocere – vengo ripagato da un doppio incontro che crea un’atmosfera magica, Sole e Luna si salutano e si danno il cambio per la notte.
Arrivo a Saratov che è già buio, evito una buca gigantesca per un pelo, sarei certamente caduto a terra con violenza se ci avessi messo anche solo una ruota…
L’appartamento delle mie due host si presenta piccolo e buio, meglio di niente, ma non c’è acqua calda! Decido di rimandare la doccia a data da destinarsi.
In giro per la città non c’è praticamente niente da vedere, un giorno buttato all’insegna della noia e dell’attesa della ripartenza. Non riesco a mangiare niente di locale per incomprensioni in lingua russa. Peccato.
Le mie host non sembrano molto propense ad uscire per mostrarmi qualcosa, credo sia una caratteristica comune in Russia?
Poco importa, la mattina seguente ripartirò.
Per colazione Gryechka con cipolle…ok non il top ma riempe la pancia!
Ci salutiamo così, con abbigliamento che dovrebbe fare il verso a qualche anime jappo ma che a me pare tanto alla cazzo di cane!!!
La tappa di oggi prevede l’arrivo a Samara, altri 480km circa di noiosa solitudine e pianure sconfinate.
Fortuna vuole che trovi una stradella che mi porta su un piano posto qualche centinaio di metri sopra al Volga: questo fiume è immenso, mai vista una cosa simile!
Il colore, e la vastità, ricordano un mare interno, ma è un fiume…incredibile!
Mangio i miei panini, preparati con una sorta di crema di carne che non sa quasi di niente ma ha calorie a volontà…quanto mi manca la buona cucina, non dico l’italiana, ma almeno la georgiana, o la turca!
CAMAPA!
Delle lettere a grandezza cubitale delineano l’ingresso a Camapa (ovvero, Samara, traslitterato in caratteri latini). Finalmente riesco a farmi una foto con una di queste opere grandiose poste all’ingresso di città, regioni etc.
Il mio host Andrei è un tipo svalvolato, ma la casa è pulita ed accogliente, ho una stanza tutta per me, con pavimento in parquet e porta scorrevole quasi alla giapponese.
La sera guardiamo la finale del mondiale di calcio ed io come al solito mi addormento pesantemente sul divano…la Germania è campione, ma lo apprendo solo la mattina seguente.
La giornata odierna prevede relax in piscina e city sightseeing.
Panico, quando scopro che il relax in piscina prevedeva sessione di 1h di vasche…diamine se soffro di brutto, mi manca il fiato e così decido di mettermi da una parte e godere del sole e del bagno senza sforzarmi più di tanto!
Andiamo verso il laboratorio di Andrei, che è un piccolo artigiano che produce oggetti in vetro, e mi insegna come si fa…ganzo davvero!
Incontriamo Anton, un amico, e ci dirigiamo verso un parco…Andrei decide di comprare qualcosa da mangiare, e da bere.
A fine giornata non avrò visto quasi niente di Samara, in compenso avrò riso quanto non ho mai fatto in vita mia, 2 bottiglie di brandy hanno reso Andrei un incontenibile fenomeno da cabaret!!!
Devo salutare anche Samara, oggi mi incammino verso Ekaterinburg, due tappe per un totale di circa 1000km.
Uscendo di città (ci ho messo una lunga, calda ora) mi trovo di fronte la Soyuz con la quale i russi hanno portato a termine decine di missioni spaziali…fenomenale!
La strada è lunga, e di nuovo non offre molti spunti.
Mi fermo a far benzina, è già passata ora di pranzo e la pancia brontola. Ho ancora del pane. Niente nel market interno al benzinaio, niente di invitante, decido però di prendere delle “chips” di pesce secco da accompagnare col pane rimastomi.
Niente male, l’odore ricorda il cibo da acquari però!
Faccio qualche foto, è pieno di venditori di miele, ne avvicino uno che esce dalla sua macchina e intratteniamo una breve conversazione…in russo!
Chiedo una foto, l’uomo si mette in posa, e sorridendo noto i suoi denti d’oro!!!
Anche qui ricordo i libri di Terzani, che descrivono russi dai denti luccicanti.
Mi chiede di inviargli la foto, ma mi dà login e password di non so cosa, così gli lascio la mia mail nella speranza che qualcuno mi contatti per rispedire indietro lo scatto. Probabilmente non succederà mai.
E mi dispiace un sacco, perché quando mi avvicino di nuovo con la moto accesa per ripartire, lui insiste per regalarmi un barattolo di miele chiaro…buonissimo tra l’altro!
Entro nel Bashkortostan, l’Oblast di Ufa, lasciando il Tatarstan. I russi sono molto orgogliosi di appellarsi col nome della propria regione (Tatar, Bashkort etc.)
Sembra che il petrolio non manchi, neanche in mezzo ai campi!
La sera arrivo ad Ufa, ma l’albergo che avevo visto su booking sembra deserto, nessuno alla reception, finché dopo 15′ la digiurnaia si affaccia e mi fa capire che non ci sono camere.
Non ci credo.
Ma sono talmente arrabbiato per la perdita di tempo e la scortesia che vado via lo stesso.
Evito accuratamente Ufa, non voglio rimanere imbottigliato nel traffico, e penso che potrei fermarmi nella prima gastinitza per strada.
Ne trovo una niente male, da fuori, dove però mi chiedono 1200 rubli…e sticazzi!!
La camera è piccola, con 2 letti, la porta si apre a malapena, il bagno è in comune, non c’è wifi e la colazione non è compresa…poi mi torna in mente che ad Ufa ho perso altre 2 ore rispetto al fuso precedente e così decido comunque di pernottare qui.
La mattina mangio le ultime fette di pane con il miele, qualche wafer e the scaldato col fornellino in camera.
Ci sono altre 2 moto giù, lascio un biglietto da visita, ma immagino già che non verrò ricontattato.
Il paesaggio cambia svariate volte oggi, finalmente, ed i 530km che mi separano da Ekaterinburg trascorrono senza noia alcuna!
Gli Urali mi attendono: sono una catena piuttosto bassa, sono sicuro di non aver mai superato i 1000m, nonostante questo si estendono in un territorio vastissimo, io ne percorro 300km di crinale.
Ed è un susseguirsi di laghi, acquitrini, boschi di abete, betulla, mi ricorda un po’ la Finlandia, un po’ l’Appennino.
Ed alla fine arriva Ekaterinburg.
Attendo un’oretta che arrivi Oksana, la quale mi apre la porta del suo appartamento, e dopo un’uscita serale ad Ekaterinburg corredata da pioggia e freddo (ed io tonto in pantaloncini corti ed infradito!) mi lascia dormire da solo con tutto l’appartamento a disposizione.
Not bad!
Volgograd, il destino dell'Europa fu deciso qui.
Nell’attesa dei documenti necessari per rendermi finalmente “legale”, ho approfittato per visitare Volgograd.
Vicino all’appartamento dove abito c’è la statua di Lenin più grande dell’intera Federazione Russa, 27m più basamento, con sguardo rivolto al Volga, ancora a proteggere la popolazione che fu dell’URSS.
Vado all’incontro in centro con i delegati del console, di nuovo quella maledetta strada, 30km di traffico e buche, lesioni nell’asfalto, tombini 5cm sopra dal manto stradale, i solchi delle ruote dei camion, pazzesco, rischio di cadere scavallandone uno.
Arrivo al Volgograd, nessuno ad aspettarmi, chiamo e mi dicono che non sarebbe più stato necessario, ci vediamo venerdi per la consegna dei documenti.
Poco male, vedrò il centro di Volgograd.
Nella piazza dove mi trovo c’è anche l’InTourist, unico albergo reperibile per i turisti non sovietici ai tempi dell’Unione. Accanto il palazzo delle poste centrali.
Giro a casaccio, a piedi, come faccio di solito, qui a Volgograd spira aria nuova, qualche edificazione recente qua e là, senza una vera logica pianificata, si affaccia sulla città, senza storia visiva perché distrutta durante la battaglia di Stalingrado.
Alcune costruzioni interessanti sono la stazione ed il ministero dei trasporti.
Mi dirigo verso il Volga, fa caldo e lì mi distendo con un po’ di brezza.
E’ veramente gigantesco, sembra un lago, o un mare interno, anche il colore blu intenso lo ricorda.
E’ ora di pranzo, davanti all’InTourist c’è in Gran Café, provo a controllare il listino e mi invitano a sedere…va bene dai, vediamo.
Ordino crepes con pollo e funghi, ed un Coca Cola da mezzo litro. Deliziose, 4€ e sono a posto per pranzo.
Il mio referente da casa (babbo) mi dà le coordinate per andare a vedere la statua della Madre Russia, su una collina a 6km da qui.
Rimonto in sella, in versione “sportiva” con solo giacca Moto One (e ovviamente con l’Arai) e già dalla strada principale scorgo questa figura enorme sbucare da dietro le pieghe delle colline, paurosa.
Ci arrivo sotto, la sensazione di grandezza è devastante, non so quanti metri sarà, 40, 50?
La sera, controllando su wikipedia, scopro che la statua è alta ben 87m, di cui 54m di corpo e 33m di spada.
Ai suoi tempi fu la più grande statua mai realizzata, record imbattuto per 22 anni.
La tecnologia usata da Nikitin, suo ideatore ed ingegnere, era all’epoca molto avanzata, una struttura in cemento armato precompresso riusciva a resistere agli stress provocati dagli enormi sbalzi delle braccia e della spada.
La fondazione è slegata dalla statua, che si regge solo col suo peso, così i cedimenti di fondazione stanno minandone la stabilità: la statua è in pericolo, ed in sordina, nel 2010, sono cominciati i lavori di consolidamento.
Il parco monumentale contiene altre grandiose realizzazioni, contenute all’interno del memoriale della fiamma eterna, e poi lungo un viale monumentale si trovano bassorilievi della battaglia.
Faccio qualche altro passo, qui vicino c’è anche una carina chiesa ortodossa, di recente costruzione.
Rimango ancora stupito quando mi volto a guardare l’immensità della statua, colpito dalla postura e dal gesto di richiamo verso i combattenti.
In Russia, tutto è più grande, la dittatura ha lasciato il segno.
Ripenso a quella collina, lì sotto giacciono 34.000 sovietici che Re Giorgio VI del Regno Unito rinominò eroi, perché da loro dipese il destino del mondo Occidentale, e non solo.
La battaglia di Stalingrado vide una resistenza estrema da parte di militari e civili sovietici, che grazie ad una battaglia quartiere per quartiere e casa per casa ottennero la vittoria ed il ritiro delle truppe naziste.
Oggi non saremmo qui a raccontare questa storia, se questi eroi non avessero scacciato l’armata nazista.
Torno a casa, con la mente ancora a quei fatti.
La sera mi affaccio dalla finestra e rimango suggestionato dalla vista che mi si para davanti.
Non può non tornarmi in mente l’ultimo libro letto prima di partire, del grande Terzani.
Buonanotte, Signor Lenin.
In Russia, da clandestino.
Mi dispiace salutare qualcuno come Koka, perché mi ha fatto sentire davvero a casa.
Ma è ora di andare, la strada mi aspetta e la Russia è vicina, soltanto 200km.
Arrivo a breve alle prime cime caucasiche, con passi fino ai 2500m, non quella magnificenza che mi aspettavo, ma un bello spettacolo comunque.
Mi fermo a Stepsaminda per fare pranzo, mi rifocillo bene con bocconi di maiale ai ferri e patate rustiche, con sullo sfondo un bel panorama con chiesetta ortodossa.
Percorro gli ultimi 6km. Comincia la coda dei camion, classico.
Ma mi godo gli ultimi panorami georgiani.
Poi le auto, ed un imbuto da cui non credo di passare con la moto e le borse. Mi faccio coraggio, scendo e vado a controllare, e tra 2 dei new jersey che spartiscono le corsie c’è un varco, così faccio qualche metro contromano e supero tutta la fila infilandomi in quel buco…sperando che nessun russo sarebbe venuto a bastonarmi per questo!
I tempi di attesa sono lunghissimi, i controlli per i russi scorrono bene ma la mia fila, quella degli extracomunitari (dove ci sono al 99% armeni ed azeri) non scorre proprio.
I funzionari doganali ridono e si meravigliano quando per la prima volta vedono un passaporto italiano, ed un motociclista.
Faccio vidimare il passaporto, compilo la dichiarazione doganale in duplice copia, chiedo se c’è altro da fare e se la mia carta verde vada bene: “GO! GO!”
E io vado…penso che ci sarà un altro posto di blocco, invece passano i km e mi rendo conto di essere in Russia una volta terminate le montagne caucasiche ed entrato in una delle classiche strade infinite russe…ci sono, Madre Russia!!!
Sono già le 19 e voglio fare qualche km, così arrivo fino a Nalchik; niente, non si può dormire fuori, non ci sono nascondigli e presso i benzinai c’è troppo giro di persone.
Mi fermo la sera presso il Gostinitza “Rossiya”, mi fanno problemi perché mi manca la “carta di immigrazione”, chissà cosa sarà, domani ci penserò…l’importante è che mi facciano dormire.
Camera “economica” da 800 rubli (circa 17€) senza bagno privato…pulita, con wifi…va bene.
Scopro nel frattempo che la carta di immigrazione devono rilasciarla in frontiera. Chiamo in ambasciata e dicono che è inutile che torni indietro, di provare a registrare comunque il visto.
Faccio una tirata a Volgograd, 690km, per andare all’ufficio UFSM dove dovrei ottenere il timbro.
Con questo pensiero in mente percorro una strada dritta, messa bene al 60%, per l’altro 40% piena di avvallamenti e lesioni trasversali.
Almeno la benzina la pago poco, magra consolazione, metto la 92 ottani a 30 rubli al litro, praticamente 65 cent.
Lungo la strada ho un altro inconveniente. L’udito mi fa intuire che qualcosa non va là in basso.
Mi fermo in tempo per capire che la catena è andata, la tendo con gli ultimi 2mm disponibili e incrocio le dita per arrivare a Volgograd. 100km.
Arrivo ed un panorama desolante, grigio e dominato da un’energia oscura, mi dà il benvenuto.
Arrivo da Andrey, mio host CouchSurfing. Mi fa attendere un po’ per venirmi a riscontrare. Chiedo dove posso cenare e mi offre pilminie, praticamente tortellini…con brodo di acqua salata, pepata e maionesata…si, con maionese..! Vabeh, avevo fame, poco male, mi sono sembrati buoni!
Dormo. La mattina dopo lui si sveglia tardi ed io vado verso il centro.
Mi fermo da AutoMaks per cercare di sostituire la catena; il meccanico non capisce quello che voglio dirgli, viene in mio aiuto il capofficina.
Procediamo, l’operazione avviene con una certa eleganza e velocità, catena cambiata alla perfezione! Chiedo il conto…mi rispondono…queste cose non devi neanche chiederle, vai e che la buona sorte sia con te! Santa Madre Russia, qualcosa di buono me lo concedi allora!
Vado all’ufficio UFMS.
E’ pieno di persone provenienti dall’Asia Centrale: Tajiki, Uzbeki, Kazakhi etc. ed io provo ad intrufolarmi.
Non se ne parla, è ovunque un NIET, nessuno parla inglese, nessuno cerca di farsi capire neanche a gesti.
Fanc**o, mi riposerò un po’ in riva al Volga.
Sembra un lago, l’acqua è ferma, quasi, qui fanno il bagno nonostante la sporcizia, e grosse chiatte solcano il fiume.
Ed infine…il simbolo dell’era sovietica, il più grande dell’intera Federazione è qui a Volgograd.
Lenin, dall’alto dei suoi 27m di cemento, guarda ancora il Volga, e sembra qui a proteggere i suoi figli.
Il giorno seguente parlo con il console. Sembra volermi aiutare.
All’UFSM ci torno, ma non serve a niente, per la seconda volta e 140km in totale in due giorni.
Fisso un appuntamento con due delegati del console, vediamo se vengo a capo di questa spiacevole situazione.
Domattina alle 11 in punto, davanti all’Hotel Volgograd.
Tbilisi. Mi dicono che ancora non sono in Asia.
Riparto dal Mar Nero, Trabzon.
E’ mattina, sono le 9 e già fa un caldo infernale, non oso pensare alla temperatura di oggi alle 16.
Esco, finalmente pronto, dall’hotel Mora, dopo aver dormito per 20€ in una camera che non li valeva troppo; e pensare che ne volevano 50.
Essendo paese musulmano in Turchia le trattative sono all’ordine del giorno, e fortunatamente sono abbastanza flessibili, anche perché per il primo prezzo fanno sempre la sparata…perciò ricordate, in Turchia trattate sempre sul prezzo: SEMPRE!!!
Metto gli ultimi 10l di benzina per percorrere i 200km che mi separano dal confine, poi in Georgia questa costerà la metà perciò…invece arrivato nei pressi del confine il GPS mi segnala che c’è una strada di montagna più breve per arrivare a Tbilisi…ok dai, sono altri 300km nell’interno della Turchia, mettiamo altri 15l; alla stazione di servizio chiedo conferma, dopo aver riempito il serbatoio, e mi sconsigliano assolutamente quella strada, brutta e lenta, perciò con l’amaro in bocca proseguo verso Batumi con un pieno dal valore dell’oro per percorrere gli ultimi 20km turchi.
Entro dalla dogana di Sarpi, dove mi chiedono da dove provenga: “Italia” rispondo “Ah Italiano belisimo!” risposta classica; fatti i brevi, ma dovuti controlli, “Welcome to Georgia!” e passo il confine.
Qua l’assicurazione non è obbligatoria, e dato che dovrò starci poco non la faccio, ben presto quasi me ne pento, perché il traffico è davvero pazzo, le macchine mi sfiorano in sorpasso, il clacson è usato alla stregua del cambio, gli spazi sulla strada diventano minimi quando tutti vogliono sorpassarti da qualunque parte…un inferno!
L’interno della Georgia è molto povero, qui regna l’agricoltura, le case sono scarne, non intonacate e rivestite in lamiera o al peggio in Eternit.
L’insicurezza non mi permette di fermarmi molto a fare foto, perciò tiro dritto verso Tbilisi per strade dissestate e piene di buche; alle 18 circa arrivo presso un fast food dove scorgo un buon posto per dormire, chiedo se posso stare e ricevo l’ok con sollievo; mangio da loro, prendo un kababi con contorno di pane e salsa di pomodoro e di prugne acerbe. Dopo cena vado a controllare il “posto letto”: avrei dovuto controllare prima, qui in terra è pieno di sassi, terra smossa e…pulci!
Niente preoccupazioni, sono stanco e riesco lo stesso ad addormentarmi.
Mancano 180km a Tbilisi, e dopo la classica manutenzione ordinaria alla catena riparto.
Dopo oltre 100km faccio il mio ordinario controllo sulle parti meccaniche da sopra la sella; guardo avanti, a destra, a sinistra, sul retro…ok…ANZI NO!!!
Riguardo il forcellone e…TERRORE…manca il dado del perno ruota!!
Gli ultimi km, nonostante la strada migliore, trascorrono con la paura di perdere il perno per strada e ritrovarmi in terra senza una ruota; fortunatamente questo non accade, e mi risollevo un po’ quando al benzinaio pago solo 2.15 Lari al litro per la benzina, praticamente neanche 89€cent!!
Arrivo a Tbilisi, spiego la situazione a Koka, il ragazzo che ho raggiunto tramite l’Ass.ne Rondine Cittadella della Pace, e lui subito si fa in quattro per recuperarmi i pezzi; tramite un amico in poco tempo abbiamo nuovamente rondella e bullone; stavolta metto anche la coppiglia.
Compro anche una catena su suo consiglio, in Russia costerebbe di più…mi prendo una DID O-Ring per 160 Lari (66€) nell’unica officina moto di Tbilisi, la cambierò, ad occhio, tra 2000km, dati gli scarsi 5mm di gioco rimasti per regolare la tensione della catena.
Tbilisi appare grigia, con ancora il fantasma post-sovietico che aleggia nell’aria, gli edifici sono i classici casermoni-dormitori, piuttosto malconci all’esterno.
Con Koka scopro la parte migliore di Tbilisi, e capisco che i soldi qui girano anche se nelle mani di pochi e sempre degli stessi, ovvero coloro che da oltre 20 anni, dopo il golpe, governano ancora.
La parte più interessante, che scopro con Koka e sua mamma, è il mercato: il mercato esercita sempre quel fascino folkloristico e caratteristico del paese da cui sprizza l’anima dei locali.
E’ gestito da azeri e armeni, che espongono i prodotti senza troppo badare a condizioni igieniche; i sapori però sono autentici, e come ripete spesso Koka, qui si percepisce ancora il vero aroma di frutta ed ortaggi: è vero.
Scopro che lo zafferano in polvere qui costa 10€ al chilo…sapete quanto costa da noi?
In Europa costa in media 10…..mila euro al chilo!!! Apriamo un import-export?!?
Approfondirò la questione economica, ma adesso è l’ora di rimettere le mani sulla moto che necessita un’addrizzata alla borsa destra ed al telaietto; si fa con i mezzi che si hanno a disposizione, rivesto un martello con della carta assorbente per non rovinare la goffratura delle MyTech, e devo dire che ha funzionato.
Con qualche martellata ben assestata addrizzo la parete interna ed il bordo, ripristinando così la perfetta chiusura e di conseguenza l’impermeabilità.
Poi, con una stecca di legno da pallet trovata in strada proseguo il lavoro, con una certa difficoltà, riportando alla giusta angolazione anche il telaietto che aveva subito una piegatura verso l’interno. Il lavoro mi soddisfa, e così torno in casa…tempo pochi minuti e Giga, ragazzo Georgiano anche lui ex studente di Rondine, ci invita a mangiare dalla terrazza panoramica sopra alla funicolare, il piazzale Michelangelo de noattri!
La vista è spettacolare, ed il cibo ottimo.
Ma niente in confronto all’ospitalità ed al cuore che mettono i georgiani per farti sentire a casa…un popolo unico, davvero!
La cosa che più mi ha stupito è che, al contrario dell’Italia, dove si beve in compagnia ma senza apparente motivo, qui per ogni sorso si fa un brindisi e si dedica a qualcosa: alla famiglia, all’amicizia, al futuro, al mio viaggio…è un’atmosfera mai provata prima.
C’è tempo per un “selfie” con Koka, e poi facciamo l’ultimo giretto in centro.
Ancora la vera Asia devo conquistarla mi dicono.
D’altronde qui è nata l’Europa, recenti studi vorrebbero confermare che la civiltà rinascimentale stessa ha avuto origine qui, e la razza caucasica, che è quella europea…è proprio nata in Georgia.
La Georgia è un popolo molto orgoglioso delle sue radici, ha grande storia e farà bene nel futuro.
Ma adesso vado a prendermi l’Asia, quella vera, cominciamo con la Russia europea, e poi scavalchiamo gli Urali.
Siberia, a presto.
A due passi dalla Georgia
Il giorno dopo dell’incidente di percorso ancora non avevo recuperato al 100%, ma sapevo che mi sarei annoiato mortalmente a riposare un’altra giornata nella pensione, perciò gambe in spalla, si riparte…d’altronde nella fascia che mi hanno regalato c’è scritto ICHIBAN…NUMERO 1!!!
Il primo obiettivo di oggi è la Cappadocia, l’ultima volta che l’ho detto…beh sapete cosa è successo, ma stavolta ci sono arrivato davvero!
Il primo paese in cui ci si imbatte proveniendo da Ovest è Nevsehir, già qui si cominciano a vedere le classiche conformazioni tufacee ma il bello viene da Uchisar in poi, dove si trova il castello che domina l’intera Cappadocia; consiglio la salita, anche se costa 6 lire turche, circa 2€ (per me 3 lire dato che sono ancora studente, o meglio ho ancora la tessera dell’università ehehe) e avrete accesso non ad un castello ma ad una terrazza panoramica, molto suggestiva.
E’ incredibile notare come ancora le persone vivano in parte nei “camini delle fate”, pazzesco, da favola per davvero!
Ogni angolo è buono per una foto, non si smetterebbe mai, e come mi ha detto l’amico Francesco Città – la memoria per la macchina fotografica non basta mai!
Finalmente arriva Goreme, la “capitale” della Cappadocia, mozzafiato il panorama che si gode da uno dei tanti punti che si trovano in alto rispetto alla sua valle.
Adesso è l’ora di portare a termine una missione, cominciata anni fa col corso di Geometria descrittiva all’università.
Avevamo studiato e rimontato in 3D una chiesa le cui misure e foto erano state prese da altri studenti qui in Cappadocia…la fortuna ha voluto che notassi un camion con su delle scritte che mi hanno ricordato il nome della stessa, e dopo una rapida ricerca internet ne ho trovato le coordinate…quando ci sono arrivato mi veniva da piangere, indescrivibile anche se per voi non significherà molto, vedere in reale quello che avevi studiato tempo fa in virtuale!!!
Oltretutto la località non era per niente turistica ma all’interno vi si trovavano dei complessi spettacolari, chiese altissime e pareti scolpite e dipinte.
E poi via, dato che ci sono vado anche al Goreme Open Air Museum, magari merita, chissà…e intanto sono 20 lire, quasi 7€.
Lo ammetto, un bello spettacolo, ma mi ha emozionato molto meno dello scoprire con i miei occhi il complesso di Hallac studiato a scuola, e scoprirlo abbandonato a sé stesso, in balia solo di chi lo conosce veramente…è stata un’enorme soddisfazione.
Fa caldissimo, così mi concedo un’altro squisito gelato turco (dondurma), e come dicevo l’altra sera, fa veramente i fili lunghissimi, guardate come lo lavorano!
Sono le 16, a malincuore abbandono l’idea di attendere qui il tramonto, altre 4 ore di attesa mi snerverebbero e così decido di ripartire; peccato, il tramonto in Cappadocia dovrò tornare a fotografarlo, ma io mi annoio presto se rimango troppo fermo!
La strada scorre dritta, come sempre 4 corsie, 2 per senso divise da guard-rail o cunetta centrale, anche se il traffico è nullo e la strada scorre nel nulla…chissà perché ovunque è così!?
La sera arrivo in una località sperduta dopo 250km circa di noia e nient’altro, avvisto una stazione di servizio niente male, mi rifornisco di benza e chiedo se posso dormire…permesso accordato!
Così sistemo la tenda, per la prima volta (ahhh che sensazione familiare entrarci dentro, una sicurezza!!!), e vado a cena al ristorante della pompa di benzina; per soli 3€ mangio insalatona di pomodori e cetrioli (che odio, ma in viaggio mangio sempre tutto) e lahmacun (una sorta di pizza con sopra verdure cotte, credo!).
La mattina riparto con molta calma, mi alzo sempre con un’ora di ritardo rispetto alla sveglia, ma d’altronde sono in viaggio e faccio completamente quel che mi pare! Che bello eh!?
Mi attendono paesaggi variabilissimi in questa giornata di lunga guida, tra passi oltre i 2000m e strade cantierizzate e dal fondo pessimo.
Ad un tratto la terra assume colori vivaci e sparati, dal rosso del ferro al giallo ocra, con il verde delle piante ed il blu del cielo ed il bianco soffice delle nuvole è uno spettacolo da lustrarsi gli occhi.
Peccato per il fondo stradale, che tra catrame e brecciolino, e terra e sassi dissestati, causa l’acquisto d’importanza dell’attenzione alla guida, perciò permette meno soste fotografiche.
Godo comunque a veder passare tutte queste situazioni naturalistiche, finalmente, dopo la noiosissima giornata di guida di ieri, oggi ho molti più spunti creativi!
Ed infine, l’agognato Mar Nero…che non è veramente nero, no!
Si chiama Nero perché per i turchi il nero simboleggia il settentrione, infatti il mar bianco è il mar mediterraneo per loro, mare del sud.
Una volta possedeva un nome greco che ne denotava l’assenza totale di vita, eccetto che di particolari microrganismi.
Comunque, si arriva al mare da fitte montagne e strette valli, la striscia di terra che corre tra montagna e mare è stretta ed a tratti fittamente edificata da case di scarso valore estetico, tipico da località turistiche da quattro soldi.
Ciò non evita comunque di imporre un certo fascino agli avventori, il Mar Nero è sempre affascinante…
La felicità più grande non sta nel non cadere mai
Ieri mi è occorso un incidente di percorso.
Capita.
E’ da mettere nel conto.
Ma fa male, abbatte moralmente, distrugge fisicamente.
Ho avuto un incidente in fuoristrada con danni diretti non gravi.
I suoi effetti indiretti sono stati però pesanti per fisico (non per la caduta che non ha fatto registrare trauma alcuno) e motocicletta.
Non riuscendo a riportare la moto in carreggiata ho dovuto camminare a piedi fino alla statale, lontana 4-5km, sotto un sole terribilmente soffocante, già sfiancato dopo i tentativi di rialzare la moto.
Dopo un’eternità, con neanche mezzo litro d’acqua, sono arrivato sulla strada principale dove ho “ingaggiato” un contadino col suo trattore per tirarmi fuori dall’impaccio, dopo che questo ha potuto speculare sull’accaduto chiedendo una bella cifra per un locale.
I tentativi, per incomprensioni nella lingua locale, sono stati molti e il tempo impiegato pure, e durante le operazioni sono caduto altre 2 volte, e la moto ha riportato danni di modesta entità alla borsa MyTech di destra, che potrò riparare successivamente.
Il fisico è indolenzito (non a causa della caduta, ripeto, ma per fatica) e necessita “cura” a base di acqua e sali minerali.
Per adesso sto riposando in una stanza ad Aksaray dopo una nottata “ospitato” dal benzinaio dopo avervi sostato per lavare la moto.
Entro domani valuterò se sarò già in grado di rimettermi in marcia o meno.
Avrò una storia in più da raccontare, vediamola così..più grande è la lotta, più grandioso è il trionfo, qualcuno diceva.
Per terminare mi appello a Confucio, dato che mi sto avvicinando all’Oriente.
La felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta.
Turkey I love you!
La mattina ha l’oro in bocca!
Ma io sono stanchissimo, non ho dormito niente stanotte, quando dormo fuori sono sempre sull’attenti, non si sa mai, e così dopo aver puntato la sveglia alle 7 mi alzo solo alle 8.30.
Il sole è già alto e picchia forte ma non è caldissimo, siamo a 1000m e ancora si sta bene.
Dopo aver controllato la moto mi accorgo che in officina avevano rimontato male i registri del forcellone, da una parte 3 tacche, dall’altra 4.5…cavolo, e ci credo che la catena si è stirata, speriamo non ci siano danni ai cuscinetti!!! E poi mi chiedono perché non mi fido dei meccanici!
Aggiungo anche 2 etti di Nils For Road e ripristino il livello olio.
La moto è in riserva da un pezzo e devo fare benzina al più presto, con la paura di rimanere a piedi arrivo in subbuglio al primo distributore, dove i benzinai, gentilissimi, mi offrono anche del buon çay turco, senza volere niente in cambio, così approfitto e chiedo una mano per issare la moto sul centrale e ingrassare la catena.
Il più anziano mi chiede di indossare l’Arai, che mette con estrema difficolta facendomi scoppiare a ridere perché non ci entrava con la testa…alla fine ci riesce e quando lo toglie ci lascia dentro un pessimo aroma di tabacco…quando si dice fumare come i turchi!
Mi piace interagire con le persone, rende il viaggio più umano e piacevole, troppa solitudine mi fa male e penso in negativo.
Mancano 150km a Pamukkale, e ci arrivo ben presto in sella all’Hyper Ténéré, rimango spiazzato: mi aspettavo una valle bianco travertino di dimensioni straordinarie, ed invece vedo una caccola chiara che cade da una collina verde…beh dai, magari da vicino è meglio!
Voi che dite? Io sono rimasto senza parole!
Un appunto: non fate come me, copritevi! Il sole qui è davvero avvecante ed i travertini riflettono la luce sul vostro corpo che si brucia!!
Sui travertini non si può camminare con le scarpe, così si va scalzi e si cammina su questo “calcare” dove scorre un velo d’acqua limpidissima in continuazione, aumentando gradualmente anche la dimensione di questa meraviglia naturale.
Purtroppo il turismo è esageratamente sproporzionato rispetto a quello che può accogliere Pamukkale e così le vasche sono piene, specialmente di russi.
Il 90% dei quali però non sa cosa ci sia dietro a queste…ed io rimango di nuovo stupito di dove siamo arrivati, o meglio dove siano arrivati i romani, con la costruzione di Hierapolis, una città romana subito sopra le vasche di Pamukkale, straordinaria e non male conservata.
Mi immagino di camminare nelle vecchie strade romane e mi immedesimo in un cittadino della Hierapolis di 1500 anni fa.
A me è piaciuta quasi più la città romana di Pamukkale, quanto rimpiango non essermi goduto tutte le belle città greco-romane visitate con i miei da piccolo.
Vado a riprendere moto ed equipaggiamento, custoditi gentilmente e gratuitamente da un ristorante, che in cambio chiedeva solo il pranzo lì…eheh dai, ragionevole.
Mi rimpinzo con verdure, uova, riso e frutta a volontà per poco più di 8€, non mi era mai parso così buono un piatto come questo, d’altronde il giorno prima avevo praticamente digiunato, con solo una barretta al cioccolato in pancia!
Via si riparte, è caldissimo ma ce la posso fare, ancora 200km circa in avvicinamento a Beysehir tra mille paesaggi diversi.
Arrivo la sera sul presto (verso le 19 locali, 18 italiane) presso un campo di ciliegi dove è sita una casetta: provo a bussare ma nessuno risponde, così mi sistemo sotto la loggia per evitare di cercare fino a tardi come la sera prima.
Approfitto per fare scorpacciata di ciliegie!
Mi sistemo per la notte predisponendo tutta l’attrezzatura da campeggio, ma…
S…sento lo scricchiolare dei sassi sulla sterrata che porta alla casa, e mentre sono a leggere tranquillo sul materassino mi coglie lo sconforto…ti prego, stasera che mi sono sistemato per tempo, non mi fare scherzi!!
Arriva un van con un signore anziano dentro, deve essere il contadino, scende, mi guarda e sorride prima che possa dire qualsiasi cosa: ha già capito tutto!
Affianco le mani sotto la testa inclinandola ad indicare che vorrei dormire sotto la loggia, e lui sempre sorridendo mi fa capire che non ci sono problemi…”tesekkurler!!” grazie in turco!
Si fa buio e mi metto dentro il sacco a pelo…arriva un cane, mi alzo per scacciarlo e diventano 4!!! Prendo la torcia a led potente e comincio a scagliargli sassi addosso..scappano, per fortuna. Buonanotte.
La mattina mi sveglio dopo una notte non male, faccio colazione e con calma mi dirigo a Beysehir.
Lì mi attende Reha, che mi offrirà pranzo di pesce e camera d’albergo. E’ stato un piacere, i turchi sono davvero gentilissimi, li adoro!
In Turchia si paga tutto. Ma non il Çay.
La Turchia ho scoperto essere un paese in grandissima evoluzione, con cantieri ovunque, nuove costruzioni in qualunque angolo antropizzato, strade che spuntano dal nulla a 4 corsie tipo autostrade che corrono in mezzo alla campagna.
La Turchia sta crescendo, ma non entrerà in Europa, non a breve, il governo di Erdogan la sta riportando molto indietro, basando lo stato sulla religione.
Istanbul rispetto a quando la visitai 20 anni fa mi sembra molto più occidentale, è una città gigantesca dove oriente ed occidente si mischiano in un interessante gioco di sacro e profano.
Qui il 98% della popolazione è musulmano perciò sono in un mondo nuovo e diverso da quello visto fin’ora, moschee ovunque, facce mediorientali, caratteri all’opposto del classico occidentale.
I Bazaar sono i luoghi più interessanti, anche se sono turistici al 99% oramai, vi si vedono anche chincaglierie da mercato, ma ancora riesco a trovarci quell’emozione che mi ricorda la mia visita di tanto tempo fa, e me la ricordo ancora meglio assaggiando i tipici dolcetti fatti con miele e frutta secca di cui non ricordo il nome, questo è alla melagrana e doppio pistacchio.
Vado subito a vedere la “nostra” meraviglia, eh si, perché Santa Sofia (o Hagya Sofia) è di costruzione romana e inizialmente fu cattolica, trasformata poi in moschea nel dopo-impero.
Entro dentro e vengo colto da una sensazione di stupore e immensa emozione, dopo averla studiata sono proprio qui, sotto la sua avvolgente cupola.
Gli interni ricordano una grande storia ed una tecnica costruttiva di cui solo i romani furono capaci, con mattoni, volte ed archi perfetti, la luce all’interno è ben dosata e fa molta atmosfera.
Subito davanti c’è la moschea blu, anche quella merita una visita. Molto curata, con un giardiniere sempre attivo.
Comunque, la cosa che più mi piace quando giro in queste città, ciò che cattura la mia attenzione, sono i suoi personaggi, e qui ce ne sono, eccome se ce ne sono!
La città la visito tutta a piedi, partendo dal quartiere di Beyoglu, a circa 3km dal centro, e la media giornaliera arriva quasi a toccare i 10km, ma li vale tutti.
La sera arrivo però affamato, e per soli 5€ mi mangio un piatto di Pide, dolcetto turco tipo budino e Çay, il famoso the turco.
Il giorno seguente prosegue il giro tra mille bellezze, dal ponte che da Beyoglu porta a Sulthanamet si ha già una bella prospettiva.
Visito il Gran Bazaar, che ha perso un po’ di fascino rispetto al ricordo che ne avevo, troppo “per turisti”.
Quindi provo a ritrovare un po’ di pathos nella Cisterna “Basilica”, anch’essa di costruzione romana…più di 7€ (oltre ai 10 di Santa Sofia, qui si paga davvero tutto!) che non valgono troppo ciò che si trova all’interno, ma la realizzazione è interessante e vale comunque una visita. Una grande riserva d’acqua per Istanbul, ricavata sotto terra in una grande aula sorretta da pilastri in marmo monolitici e volte in mattoni…ahh, i romani!
Per pranzo mangio una “piada” turca con ripieno di manzo e cipolla, più una salsa speziata al pomodoro, niente male, mi ricordo di quando da piccolo venni in un ristorante simile con i miei…forse era proprio questo?!
E’ ora di rincasare, tra mille profumi (e puzzi!!) e colori.
Adesso devo trovare soluzione al problema occorso alla trasmissione della moto, consumatasi molto precocemente, e basta una richiesta di aiuto su facebook che si smuove il mondo…grazie amici, grazie di cuore!!!
Ho trovato la Daytona Motors di Istanbul, a Besiktas, che ha eseguito l’intervento dopo aver un po’ traccheggiato nella ricerca dei pezzi, cambiando corona e pignone soltanto, la catena ancora era in buono stato.
La mazzata arriva alla fine quando mi presentano il conto: 135€!!! Le tasse sono alte qui in Turchia, ok, ma mi sembra tantino…ottengo uno sconto a 120€.
Saluto l’officina autorizzata Yamaha e parto tranquillo verso sud.
Prendo il traghetto piuttosto che passare il ponte sul Bosforo, costa poco più di 1€, ragionevole.
2 bikers turchi si avvicinano incuriositi e mi chiedono a proposito della moto, l’Hyper Ténéré gli piace e mi fanno un sacco di complimenti, ci facciamo pure una foto insieme.
Mi dirigo verso Bursa ma ad un certo punto il GPS impazzisce e mi manda fuorirotta, fortunatamente riesco a resettarlo e seguendo anche le indicazioni sulla strada riesco a rimettermi in carreggiata.
La giornata è caldissima, ma secca, e riesco a fare diversi km pur essendo partito tardi da Istanbul.
L’asfalto che trovo dopo qualche km comincia a riflettere e diventa scurissimo, c’è del catrame ovunque, ancora qui usa innaffiare di catrame e spargere il brecciolino, non mi piace per niente!
Rallento e mi dirigo verso Aizanoi attraverso montagne ed altipiani oltre i 1000m.
Anche il tempio è a pagamento, 5 lire turche, quasi 2€…io faccio le foto da fuori, tanto è poco più che un rudere!
Si fa tardi, non trovo niente per dormire, giro come un matto per i campi ma niente, nessuno capisce l’inglese, nessuno mi sa ragionevolmente rispondere neanche a gesti, e così mi butto nel primo campo disponibile che il sole è già bell’e dietro il crinale.
Non mi piace molto ma stasera è andata così.
Mi telefonano i miei dopo aver visto la posizione sullo spot preoccupati, arma a doppio taglio!
La notte mi sveglieranno in ordine: 2 donnole in amore, i pecorai con le luci da SWAT militari, e il muezzin che comincia a cantare già dalle 4.30…
Beh, dormire fuori è pericoloso e stressante, ma cosa posso chiedere di più?
La fine dei Balcani. Ma non della pioggia.
Riparto da Mostar. Bello, il tempo è bello, finalmente, saluto con gioia Majda e Dragan che mi hanno ospitato in casa loro come fossi un figlio.
La Bosnia mi accompagna per pochi km fino al confine croato, dove ritrovo la brezza marina.
La brezza che però non avevo calcolato avrebbe portato di nuovo anche la pioggia, accidenti!
Mi rassegno ad un’altra giornata di umido, indosso l’antipioggia fluo Moto-One e metto le membrane all’interno degli Stylmartin, via si riparte.
Evito di entrare in Dubrovnik, sconsigliato per la massa di turisti che ora vi si accalca, e così mi accontento di qualche scatto dall’alto della “Perla dell’Adriatico”.
Oggi è il giorno delle dogane, ben 5 attraversate: Bosnia->Croazia->Bosnia->Croazia->Montenegro->Albania.
E’ una immensa rottura di palle, scusate il termine, ma non immaginate quanto impacci togliersi l’antipioggia, aprire la tuta per prendere il borsetto dei documenti, cercare di capire cosa diavolo vogliano e cercare di non bagnare tutto…per poi rimettere tutto a posto…moltiplicatelo per 10 volte (controllo in ingresso ed in uscita per 5 volte fa 10)!!!!!
Proseguo, con il morale sempre più a terra per l’incessare della pioggia, che si somma alle sensazioni sconvolgenti del primo viaggio che mi porterà per mesi lontano da tutto e tutti.
Purtroppo la bellezza del Montenegro è impossibile da apprezzare, con un cielo così grigio e le insidie della strada bagnata, così non riesco a fermarmi neanche un attimo per fare una foto; penso comunque che è relativamente vicino a casa e posso tornarci quando voglio…
Dopo 450km circa, arrivo zuppo ad Elbasan, dopo un ingresso in Albania segnato dalla follia umana, cose da non credere!!!
Ho visto persone contromano camminare in corsia di sorpasso in autostrada, biciclette in autostrada, auto contromano in autostrada, persone che entravano in mezzo a strade nazionali per venderti animali o non so cosa altro, sporcizia riversa ovunque…peccato questo, perché le persone mi sono parse molto “umane”.
Passo anche da Tirana, dove ognuno fa i c***i suoi nel traffico, così anche io mi adatto, scalo marcia e faccio cantare il Fresco zigzagando tra le auto sotto la faccia gasata dei passanti, che forse una moto così non l’hanno mai vista, o quasi!
Gli amici di Ardit, amico di famiglia che abita in Italia, hanno predisposto il mio benvenuto, e mi accolgono al ristorante di Olsi dove mangio un Pilaf con una sorta di yogurt acido.
La sera faccio un giro per Elbasan con Arjan e poi torniamo al ristorante…si rimangia, e si beve…!
Ajet è il più in forma e col suo inglese fa da traduttore per tutti.
Albanesi…un popolo caldissimo e più che accogliente!
Saluto Arjan e tutta la compagnia, si riparte verso la Grecia, sperando nel bel tempo!
Il sud della Turchia è fantastico, verdissimo, con la terra a tratti rossa, che ho trovato spesso nei Balcani.
Qui faccio le ultime constatazioni sugli albanesi, ci sono alcune cose che hanno nel sangue:
– Pulire la macchina, sempre!!!
– Evitare le buche, anche andando nella corsia opposta e rischiando incidenti, oppure rallentando fino a percorrerle quasi in retro.
– Superare chiunque in qualunque situazione, e chi ha la macchina più grossa vince sempre, ed ha il rispetto delle piccole!
Arrivo in Grecia…bentornato in Europa, basta la carta di identità per l’ingresso, evvai!
Tiro fino a Salonicco, l’autostrada costa pochissimo ed è immersa nelle montagne del nord della Grecia, non è troppo caldo.
Arrivato a Salonicco devio verso il centro piuttosto che fare la circonvallazione e così incontro Yiannis, per caso, ad un semaforo.
Ci fermiamo all’ombra e mi dà alcune dritte su dove dormire, pregandomi di chiamarlo in caso di bisogno, che anche lui viaggia da solo e sa cosa significhi trovarsi in difficoltà in un paese straniero. Grazie Yiannis!
Così faccio qualche altro km verso Asprovalta e dalla strada mi si apre una finestra sul lago Apollonia…magnifico, mi fermo!
Ancora il cielo è sporcato da nuvole e la strada era un po’ bagnata, così per sicurezza mi metto sotto una tettoia, anche se non riparatissima.
Pronti via, si arriva in Turchia stasera.
Mi piace la Grecia!
Tempo niente male, ma le nuvole sono sempre dietro l’angolo…che p***e eh!?
Aripiove, ed arrivo al confine bagnato mezzo.
Controlli infiniti al confine turco:
– 1 volta la carta verde
– 2 volte il libretto della moto
– 4 volte (quattro!) il passaporto
Ancora il tempo non si è ristabilito, così fatti i primi 250km in Turchia mi fermo in una località turistica di mare, bruttina…chiedo info e mi consigliano un albergo, l’Ennis Inn.
Era il più reclamizzato così ho pensato che volessero un sacco di soldi per dormire, e invece…era proprio così!
Più di 30€ per una notte, allora tiro il prezzo ed arriviamo a 20..non male.
Cucino in camera per risparmiare sulla cena…eh eh…poi una bella dormita ed il giorno dopo via verso Istanbul!