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Siberia. La terra che dorme. Anzi no.
Ekaterinburg è bella, forse la più bella città russa che abbia visitato, per ordine, pulizia, architettura, storia, vita.
Ma c’è sempre qualcosa che manca.
Come dice Marta (un’altra motociclista in viaggio con destinazione Giappone) sembra che alle città russe manchi…l’anima.
In Europa annusi la storia ovunque, dovunque ti giri c’è un aneddoto, un libro su cui studiare, qui sembra tutto talmente recente e sotto una bolla di cristallo che non pare vero.
Comunque, non mancano gli spunti interessanti, ed anche qui vecchio e nuovo si scontrano in una battaglia senza pari dove le case tradizionali in legno perdono sempre.
La prima sera Oksana mi accoglie nella sua casa, ed andiamo a fare 2 passi in centro, io esco in pantaloncini ed infradito: me ne pentirò, pioverà e farà freddissimo!
Comunque riesco lo stesso ad ammirare il tramonto sulla città “nuova”.
Lo skyline della vecchia città non è certo da meno!
In centro si trovano i classici palazzi/monumenti che si possono vedere in qualsiasi altra città sovietica.
Il palazzo del municipio…
Lenin…
La cattedrale ortodossa con le sue incredibili cupole dorate.
Altre chiese ortodosse.
L’università.
Sverdlov.
Ecco, Sverdlov, chi era? Era un politico e leader socialista degli anni 20, e vi chiederete voi, che ci fa qui?
A lui è stata dedicata la città in tempi sovietici, che fino al 1991 si chiamava infatti Sverdlovsk.
Lascio ancora spazio alle immagini, che parlano da sole, Ekaterinburg ha davvero mille angoli e punti di vista diversi ed altrettanto affascinanti.
Una curiosità: da quando sono in Russia ho notato che strappare un sorriso è veramente difficile, perché?
Secondo alcuni è perché i russi esprimono senza artifizi quello che provano, perciò se non hanno voglia di sorridere non lo fanno; secondo altri è proprio consuetudine non sorridere.
Questo mi ha messo molto in difficoltà, perché il sorriso è la prima arma che usiamo quando frequentiamo qualsiasi luogo pubblico.
E al 99% in Russia nessuno risponderà al sorriso, a meno che non si trovi in situazione di imbarazzo.
Le due ragazze conosciute ad Ekaterinburg mi hanno suggerito di fare lo stesso: non sorridere…potrebbe risultare equivoco!
E così mi hanno dato dimostrazione della tipica espressione russa!
Approfitto di un giorno in più in città per fare manutenzione: l’uniball cigolava e così ho smontato il leveraggio ed ho ingrassato con Nils Performance Grease Blue (non volevo portarlo, menomale non mi sono dato ascolto quando l’ho pensato!)…operazione non semplicissima date le condizioni dell’officina improvvisata, ma problema risolto!
Un’occhiata anche alla batteria Aliant…che sta facendo benissimo il suo lavoro!
Ecco, questo è l’appartamento dove ho alloggiato per 3 notti, in attesa di ripartire in direzione Omsk.
Ultimo saluto agli amici di Ekaterinburg.
Non sto più nella pelle…ieri ci siamo sentiti con Gianclaudio…è qui vicino…Gianclaudio chi?
Gianclaudio Aiossa, biker calabrese con in testa il record Milano-Vladivostok in 13 giorni.
Ci siamo visti più volte a migliaia di km da casa che in Italia.
Ed ogni volta era come sentircisi, a casa.
Quando incontri Gianclaudio è semplice respirare aria di amicizia, e vedersi ad Ekaterinburg sull’incrocio dei nostri itinerari è stato…emozonante!
Quando ho udito il sibilo della sua 3 cilindri ed ho scorto la sua sagoma mi ha colto un’esplosione di felicità.
Vai recordman, Vladivostok ti aspetta!
Mi aspetta una giornata piovosa e freddissima, 10°C forse; decido di partire comunque senza imbottitura: pessima decisione!
Dopo tre ore devo fermarmi perché sto congelando. Approfitto della pausa pranzo presso un Kafe dove mangio shashlick (spiedino di carne) per imbottire la giacca.
Nessun problema adesso, si prosegue, sempre sotto l’acqua, ma ben protetto dagli accessori e dall’abbigliamento Moto One.
Raggiungo Tyumen, la prima città siberiana, e accidenti se non è Siberia, il maltempo imperversa e non riesco a fermarmi neanche un po’.
Non so dove mi fermerò, ma una cosa è certa, se continuerà a piovere e fare così freddo per tutta la Siberia sarà dura arrivare in fondo.
Dopo una pesante giornata il tempo si rischiara, faccio benzina, scopro che la 80 ottani va bene sulla moto, non c’è molta perdita di potenza ed il motore gira rotondo e parco nei consumi, oggi 20.5km/l. E solo 56 cent al litro.
Una lussuosa Gastintiza è proprio davanti al benzinaio; sento il prezzo, 1200 rubli, vedo la camera, grande e con bagno privato, wifi, frigo, supermarket a due passi, insomma una pacchia, allo stesso prezzo di quello schifo di Gastinitza ad Ufa: Ya biru! (la prendo!)
Per risparmiare un po’ cucino sempre in camera…i soliti maledetti wurstel che sto imparando ad odiare. Tutto il resto costa carissimo e sono costretto a mangiare sempre questi insaccati.
La mattina parto col vento in poppa ed il sole che splende.
La Siberia è anche questo!
Mi fermo per pranzo. Mi allontano un po’ dalla strada principale, e sono in mezzo ai campi. Bello.
Adoro starmene qui da solo, con i miei pensieri, senza rumore di auto.
Quando per strada sono da solo, nessuno nello specchietto né dietro l’orizzonte, allora mi sento leggero, e felice.
Purtroppo non capita spesso, né adesso né sulla Transiberiana, c’è sempre traffico ed è veramente difficile non vedere auto, e questo va contro ad ogni aspettativa…io credevo che qui passasse un’auto ogni morte di papa!
La Siberia è soprannominata la terra che dorme, ma d’estate non pare essere così!
Arrivo ad Omsk.
Vengo accolto come un alieno, tutti girano intorno alla moto, forse non ne hanno mai vista una così, e chiedono continuamente foto insieme. Una la faccio fare anche con la mia macchina fotografica.
Arriva Ivan, il mio host, che mi accompagna a casa sua.
Vive con i genitori, l’appartamento è piccolo ma l’atmosfera è molto accogliente e subito mi offre una doccia, da mangiare ed un’uscita ad Omsk.
La cattedrale è senz’altro stupenda, peccato che i sovietici, come accaduto per tutti i monumenti religiosi, abbiano distrutto l’originale, questa è infatti solo una ricostruzione.
Il giorno seguente la cugina di Ivan, Olga, chiede di accompagnarmi in giro, studia italiano e per migliorarlo vorrebbe parlare un po’ con me: quando le ricapita di vedere un italiano ad Omsk, accetto volentieri!
Olga è una ragazza carina e gentile, dai tratti più europei che asiatici.
Mi fa da guida alla città e mi porta in un ristorante per assaggiare cibo locale: il più strano è l’akroschka, una specie di insalata in minestra, con brodo di…kvass!
Kvass, la bibita frizzante ottenuta dalla breve fermentazione del pane nero.
Andiamo alla chiesa ortodossa più vecchia, dove ancora regna un’atmosfera antica.
Il nostro giro termina al parco, la sera torno da Ivan a riposarmi ed a rimettere in sesto la moto: le strade russe hanno allentato (non so come) il bullone posto in fondo alla forcella anteriore destra e devo rimediare stringendolo…non è semplice perché andrebbe bloccato da dentro, ma riesco comunque.
Subito dopo mi aspetta la cena della mamma di Ivan…mmm ottima! Borsch, purè con carne, insalata di cavolo, poi miele artigianale, late, latte condensato, pane fresco, the…non mi sembra vero e divoro tutto con un grande appetito!!
Saluto Ivan, la mattina devo svegliarlo mentre sonnecchia perché per me si sta facendo tardi, racimolo tutta la mia paccottiglia e con l’ultimo sguardo ad Omsk mi dirigo verso la capitale della Siberia, Novosibirsk.
Asia. Stavolta per davvero.
Questi giorni sono stati, a dir poco, frenetici!
Couchsurfing è una gran cosa, ma ha i suoi difetti: quando il tuo host è troppo intento a farti stare meglio possibile può capitare che tu non abbia tempo per mantenere i contatti col “tuo mondo”.
E così non vi ho aggiornati per tanto, troppo tempo, è l’ora di rimediare!
Ripartiamo da dove ci eravamo lasciati: Volgograd – lascio la casa di Andrey, bella, ben arredata, pulita, la rimpiangerò!
Vado a Volzhsky, dove ho la promessa del console Camoirano di trovare i miei documenti; arrivo in ritardo, ma Arturo (che parla benissimo italiano, anzi friulano, dato che vi ha vissuto 20 anni!) e la collega del console sono lì che aspettano di andare all’UFMS, dove con grande sollievo ottengo finalmente la mia carta di immigrazione!
Scopro anche che il mio visto è stato rilasciato per la sola regione di Mosca..mah, ogni giorno una nuova! Vabeh, penso, chissene!
Gasss…sono le 16.30 quando finiamo di fare tutto, e devo essere a Saratov entro sera, mancano 360km.
Questa parte di Russia è davvero noiosa, dritta, piatta, senza niente di particolarmente affascinante da osservare, fatta eccezione per le buche e le sconnessioni, pericolose e noiosissime, presenti sulla strada.
Faccio benzina al solito prezzo ridicolo di 65€cent/l, mi guardo intorno e vedo il nulla.
La sera si avvicina, e non mi piace guidare in queste condizioni.
Però ho un appuntamento a Saratov, e non saprei dove dormire altrimenti; non tutti i mali vengono per nuocere – vengo ripagato da un doppio incontro che crea un’atmosfera magica, Sole e Luna si salutano e si danno il cambio per la notte.
Arrivo a Saratov che è già buio, evito una buca gigantesca per un pelo, sarei certamente caduto a terra con violenza se ci avessi messo anche solo una ruota…
L’appartamento delle mie due host si presenta piccolo e buio, meglio di niente, ma non c’è acqua calda! Decido di rimandare la doccia a data da destinarsi.
In giro per la città non c’è praticamente niente da vedere, un giorno buttato all’insegna della noia e dell’attesa della ripartenza. Non riesco a mangiare niente di locale per incomprensioni in lingua russa. Peccato.
Le mie host non sembrano molto propense ad uscire per mostrarmi qualcosa, credo sia una caratteristica comune in Russia?
Poco importa, la mattina seguente ripartirò.
Per colazione Gryechka con cipolle…ok non il top ma riempe la pancia!
Ci salutiamo così, con abbigliamento che dovrebbe fare il verso a qualche anime jappo ma che a me pare tanto alla cazzo di cane!!!
La tappa di oggi prevede l’arrivo a Samara, altri 480km circa di noiosa solitudine e pianure sconfinate.
Fortuna vuole che trovi una stradella che mi porta su un piano posto qualche centinaio di metri sopra al Volga: questo fiume è immenso, mai vista una cosa simile!
Il colore, e la vastità, ricordano un mare interno, ma è un fiume…incredibile!
Mangio i miei panini, preparati con una sorta di crema di carne che non sa quasi di niente ma ha calorie a volontà…quanto mi manca la buona cucina, non dico l’italiana, ma almeno la georgiana, o la turca!
CAMAPA!
Delle lettere a grandezza cubitale delineano l’ingresso a Camapa (ovvero, Samara, traslitterato in caratteri latini). Finalmente riesco a farmi una foto con una di queste opere grandiose poste all’ingresso di città, regioni etc.
Il mio host Andrei è un tipo svalvolato, ma la casa è pulita ed accogliente, ho una stanza tutta per me, con pavimento in parquet e porta scorrevole quasi alla giapponese.
La sera guardiamo la finale del mondiale di calcio ed io come al solito mi addormento pesantemente sul divano…la Germania è campione, ma lo apprendo solo la mattina seguente.
La giornata odierna prevede relax in piscina e city sightseeing.
Panico, quando scopro che il relax in piscina prevedeva sessione di 1h di vasche…diamine se soffro di brutto, mi manca il fiato e così decido di mettermi da una parte e godere del sole e del bagno senza sforzarmi più di tanto!
Andiamo verso il laboratorio di Andrei, che è un piccolo artigiano che produce oggetti in vetro, e mi insegna come si fa…ganzo davvero!
Incontriamo Anton, un amico, e ci dirigiamo verso un parco…Andrei decide di comprare qualcosa da mangiare, e da bere.
A fine giornata non avrò visto quasi niente di Samara, in compenso avrò riso quanto non ho mai fatto in vita mia, 2 bottiglie di brandy hanno reso Andrei un incontenibile fenomeno da cabaret!!!
Devo salutare anche Samara, oggi mi incammino verso Ekaterinburg, due tappe per un totale di circa 1000km.
Uscendo di città (ci ho messo una lunga, calda ora) mi trovo di fronte la Soyuz con la quale i russi hanno portato a termine decine di missioni spaziali…fenomenale!
La strada è lunga, e di nuovo non offre molti spunti.
Mi fermo a far benzina, è già passata ora di pranzo e la pancia brontola. Ho ancora del pane. Niente nel market interno al benzinaio, niente di invitante, decido però di prendere delle “chips” di pesce secco da accompagnare col pane rimastomi.
Niente male, l’odore ricorda il cibo da acquari però!
Faccio qualche foto, è pieno di venditori di miele, ne avvicino uno che esce dalla sua macchina e intratteniamo una breve conversazione…in russo!
Chiedo una foto, l’uomo si mette in posa, e sorridendo noto i suoi denti d’oro!!!
Anche qui ricordo i libri di Terzani, che descrivono russi dai denti luccicanti.
Mi chiede di inviargli la foto, ma mi dà login e password di non so cosa, così gli lascio la mia mail nella speranza che qualcuno mi contatti per rispedire indietro lo scatto. Probabilmente non succederà mai.
E mi dispiace un sacco, perché quando mi avvicino di nuovo con la moto accesa per ripartire, lui insiste per regalarmi un barattolo di miele chiaro…buonissimo tra l’altro!
Entro nel Bashkortostan, l’Oblast di Ufa, lasciando il Tatarstan. I russi sono molto orgogliosi di appellarsi col nome della propria regione (Tatar, Bashkort etc.)
Sembra che il petrolio non manchi, neanche in mezzo ai campi!
La sera arrivo ad Ufa, ma l’albergo che avevo visto su booking sembra deserto, nessuno alla reception, finché dopo 15′ la digiurnaia si affaccia e mi fa capire che non ci sono camere.
Non ci credo.
Ma sono talmente arrabbiato per la perdita di tempo e la scortesia che vado via lo stesso.
Evito accuratamente Ufa, non voglio rimanere imbottigliato nel traffico, e penso che potrei fermarmi nella prima gastinitza per strada.
Ne trovo una niente male, da fuori, dove però mi chiedono 1200 rubli…e sticazzi!!
La camera è piccola, con 2 letti, la porta si apre a malapena, il bagno è in comune, non c’è wifi e la colazione non è compresa…poi mi torna in mente che ad Ufa ho perso altre 2 ore rispetto al fuso precedente e così decido comunque di pernottare qui.
La mattina mangio le ultime fette di pane con il miele, qualche wafer e the scaldato col fornellino in camera.
Ci sono altre 2 moto giù, lascio un biglietto da visita, ma immagino già che non verrò ricontattato.
Il paesaggio cambia svariate volte oggi, finalmente, ed i 530km che mi separano da Ekaterinburg trascorrono senza noia alcuna!
Gli Urali mi attendono: sono una catena piuttosto bassa, sono sicuro di non aver mai superato i 1000m, nonostante questo si estendono in un territorio vastissimo, io ne percorro 300km di crinale.
Ed è un susseguirsi di laghi, acquitrini, boschi di abete, betulla, mi ricorda un po’ la Finlandia, un po’ l’Appennino.
Ed alla fine arriva Ekaterinburg.
Attendo un’oretta che arrivi Oksana, la quale mi apre la porta del suo appartamento, e dopo un’uscita serale ad Ekaterinburg corredata da pioggia e freddo (ed io tonto in pantaloncini corti ed infradito!) mi lascia dormire da solo con tutto l’appartamento a disposizione.
Not bad!