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Volgograd, il destino dell'Europa fu deciso qui.
Nell’attesa dei documenti necessari per rendermi finalmente “legale”, ho approfittato per visitare Volgograd.
Vicino all’appartamento dove abito c’è la statua di Lenin più grande dell’intera Federazione Russa, 27m più basamento, con sguardo rivolto al Volga, ancora a proteggere la popolazione che fu dell’URSS.
Vado all’incontro in centro con i delegati del console, di nuovo quella maledetta strada, 30km di traffico e buche, lesioni nell’asfalto, tombini 5cm sopra dal manto stradale, i solchi delle ruote dei camion, pazzesco, rischio di cadere scavallandone uno.
Arrivo al Volgograd, nessuno ad aspettarmi, chiamo e mi dicono che non sarebbe più stato necessario, ci vediamo venerdi per la consegna dei documenti.
Poco male, vedrò il centro di Volgograd.
Nella piazza dove mi trovo c’è anche l’InTourist, unico albergo reperibile per i turisti non sovietici ai tempi dell’Unione. Accanto il palazzo delle poste centrali.
Giro a casaccio, a piedi, come faccio di solito, qui a Volgograd spira aria nuova, qualche edificazione recente qua e là, senza una vera logica pianificata, si affaccia sulla città, senza storia visiva perché distrutta durante la battaglia di Stalingrado.
Alcune costruzioni interessanti sono la stazione ed il ministero dei trasporti.
Mi dirigo verso il Volga, fa caldo e lì mi distendo con un po’ di brezza.
E’ veramente gigantesco, sembra un lago, o un mare interno, anche il colore blu intenso lo ricorda.
E’ ora di pranzo, davanti all’InTourist c’è in Gran Café, provo a controllare il listino e mi invitano a sedere…va bene dai, vediamo.
Ordino crepes con pollo e funghi, ed un Coca Cola da mezzo litro. Deliziose, 4€ e sono a posto per pranzo.
Il mio referente da casa (babbo) mi dà le coordinate per andare a vedere la statua della Madre Russia, su una collina a 6km da qui.
Rimonto in sella, in versione “sportiva” con solo giacca Moto One (e ovviamente con l’Arai) e già dalla strada principale scorgo questa figura enorme sbucare da dietro le pieghe delle colline, paurosa.
Ci arrivo sotto, la sensazione di grandezza è devastante, non so quanti metri sarà, 40, 50?
La sera, controllando su wikipedia, scopro che la statua è alta ben 87m, di cui 54m di corpo e 33m di spada.
Ai suoi tempi fu la più grande statua mai realizzata, record imbattuto per 22 anni.
La tecnologia usata da Nikitin, suo ideatore ed ingegnere, era all’epoca molto avanzata, una struttura in cemento armato precompresso riusciva a resistere agli stress provocati dagli enormi sbalzi delle braccia e della spada.
La fondazione è slegata dalla statua, che si regge solo col suo peso, così i cedimenti di fondazione stanno minandone la stabilità: la statua è in pericolo, ed in sordina, nel 2010, sono cominciati i lavori di consolidamento.
Il parco monumentale contiene altre grandiose realizzazioni, contenute all’interno del memoriale della fiamma eterna, e poi lungo un viale monumentale si trovano bassorilievi della battaglia.
Faccio qualche altro passo, qui vicino c’è anche una carina chiesa ortodossa, di recente costruzione.
Rimango ancora stupito quando mi volto a guardare l’immensità della statua, colpito dalla postura e dal gesto di richiamo verso i combattenti.
In Russia, tutto è più grande, la dittatura ha lasciato il segno.
Ripenso a quella collina, lì sotto giacciono 34.000 sovietici che Re Giorgio VI del Regno Unito rinominò eroi, perché da loro dipese il destino del mondo Occidentale, e non solo.
La battaglia di Stalingrado vide una resistenza estrema da parte di militari e civili sovietici, che grazie ad una battaglia quartiere per quartiere e casa per casa ottennero la vittoria ed il ritiro delle truppe naziste.
Oggi non saremmo qui a raccontare questa storia, se questi eroi non avessero scacciato l’armata nazista.
Torno a casa, con la mente ancora a quei fatti.
La sera mi affaccio dalla finestra e rimango suggestionato dalla vista che mi si para davanti.
Non può non tornarmi in mente l’ultimo libro letto prima di partire, del grande Terzani.
Buonanotte, Signor Lenin.