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Mostar. Due facce della stessa medaglia.
Finalmente Mostar.
Dopo la prima parte di Bosnia, ancora praticamente croata, senza nessuna bandiera bosniaca, arrivo a Mostar passando per le montagne quasi brulle che la circondano.
Lì finalmente le prime bandiere nazionali, presenti soprattutto per la prima partecipazione al mondiale di calcio della rappresentativa bosniaca.
Come i croati, anche i bosniaci sono maniaci e gasatissimi per il calcio, e così è una festa ovunque.
Arrivo in Drage Palavestre 4 dove mi attende la famiglia di Gala, a cui mi presento con una caduta da fermo mentre cercavo di parcheggiare la moto nel resede interno. Bella figura!
Nessun danno per fortuna. Qui sono le 5 e già si mangia, tradizione di famiglia, normalmente anche in Bosnia si mangia alle 7-8 come in Italia. Prima di andare a letto il mio stomaco brontolerà sicuramente!
La cameretta è carina, ariosa, il massimo per me.
Parte la visita guidata di Mostar, città dai mille risvolti a me sconosciuti.
Forte era la presenza di turchi, che tuttora permangono nelle usanze, costumi ed architettura. Il ponte stesso, il famosissimo Stari Most, è opera di Suleiman, sultano turco.
Approfitto per fare un giro completo del centro, piccolo ma carino, mi soffermo poi presso il ristorantino “Bella Vista” per godermi un piatto di Cevapcici: squisiti! 5€ e sono pieno.
Il pomeriggio è di nuovo pioggia e così velocizzo il tour, conoscendo alcune realtà nascoste mostratemi da Iris, sorella di Gala.
Scopro con tristezza le profonde ferite di questa città, ancora immersa nella povertà del dopo guerra, con poche speranze riposte nel futuro.
Poco dietro la città “vetrina” è possibile notare edifici divelti e coperti di fori di pallottole.
Non può piovere per sempre. (oppure si?)
Si ok, partenza bagnata – partenza fortunata, ma ora sono già partito da 5 giorni eppure ancora sono a mollo.
E’ incredibile, questo anno il meteo non è mai stato clemente, ma sembrava che l’estate fosse arrivata, ed invece, ecco che di nuovo il maltempo si abbatte su tutta europa (almeno su quella che sto attraversando io) senza lasciare tregua.
Subito dopo il confine, la veloce magistrale slovena mi ha portato in Croazia, con il primo check dei documenti da parte delle autorità: tutto OK, nonostante la carta d’identità sia scaduta e rinnovata dal timbro comunale (generalmente non riconosciuto all’estero).
Le strade della Croazia sono un turbine di emozioni e ricordi del viaggio che intrapresi 3 anni fa con l’amico Naoki, in bicicletta, perciò riuscivo a ricordare ogni curva: più piano si va e più il ricordo rimane indelebile, questo è assodato.
Da Senja, deviazione verso Plitvice, nell’interno, dove dopo pochi kim ho dovuto fermarmi causa pioggia: fortuna ha voluto che abbia trovato un riparo sotto una tettoia in una casa abbandonata; perfetto, eccetto per il rumore delle auto che passavano a folle velocità subito di fronte.
La mattina è l’occasione per fare un rapido controllo meccanico, constato così che l’olio Nils è stabile e senza consumi anomali, mentre la catena deve essere appena tirata, 180° di bullone e una spruzzata di grasso, fatto.
Si riparte, di nuovo sotto qualche goccia, gli 80km che mi separano da Plitvice passano rapidamente; entro nel parco con biglietto ridotto da studente per 80 Kune, circa 10€.
Lo spettacolo è disarmante, mai avrei immaginato tutta quella bellezza racchiusa in qualche km quadrato.
Dopo 2 chiacchiere con dei bikers di Sondrio, piuttosto incavolati per l’acqua che si eran presi e stavano continuando a prendere, è l’ora di indossare l’impermeabile “Brenta” by Moto-One e proseguire verso Mostar; attraverso l’interno della Croazia, così opposto e diverso rispetto alla costa, desolato e povero, reso ancora più “triste” dalle nuvole e dalla nebbia.
Faccio 100km incontrando solo 5 auto.
La sera il tempo peggiora di nuovo, così decido di fermarmi in una stanza di ristorante, dove per 15€ ho letto, doccia (fredda..!), wifi e prima colazione. Non male!
La mattina, finalmente quasi del tutto asciutto, riparto col sole, speranzoso, purtroppo devo arrendermi all’ennesimo scrollone d’acqua prima, e dopo, essere entrato in Bosnia.
Confine anomalo.
Anche qui la carta d’identità è stata accettata, mentre mi hanno chiesto anche la carta verde dell’assicurazione. Tutto OK.
Lungo il tragitto, per soli 25km di deviazione arrivo a Mostar, e così passo da lì per vedere se arriva qualche benedizione ed un raggio di sole…
Niente da fare! Pure lassù mi vogliono male!!
Ok, continuo per Mostar, dove finalmente sarò all’asciutto presso la famiglia di Gala.
Ma questa è un’altra storia.
Segui i tuoi sogni, loro conoscono la strada.
I due giorni prima di partire li ho passati a preparare moto e bagagli. Ma non solo.
Ho pensato tantissimo in quei 2 giorni, ho pensato le cose peggiori, perfino di lasciar perdere, perché sentivo un peso enorme che mi stava sovrastando, sentivo questo viaggio come qualcosa che non fosse alla mia altezza.
La mia famiglia nonostante non fosse del tutto convinta si è sempre dimostrata di gigantesco supporto fino all’ultimo secondo, e perciò il primo ringraziamento va a loro.
L’altro va invece a tutti coloro che sono intervenuti alla partenza, a chi è stato presente al Moto-Drink presso Fontaniva, a chi ha speso anche solo una parola di incoraggiamento sul web ed agli amici Friulani Marco, Francesco e Fabio che mi hanno ospitato e scortato fin quasi al confine.
E’ grazie soprattutto a voi che ho realizzato finalmente la dimensione di questo viaggio, e la sua importanza non solo per me, ma anche per tutti voi, di quello che sto facendo…una persona a me cara mi ha scritto che “Cambiare è difficile e pericoloso, ma tu stai dimostrando che è possibile“.
E’ stato soltanto allora che ho ritrovato la grinta e la determinazione che mi hanno accompagnato per 3 lunghi anni di attesa, su di me non c’era solo la responsabilità di esaudire il mio sogno, ma l’aspettativa e la forza di decine di amici ed amiche che ripongono in me una grande speranza.
Perché non provarci? Sarebbe enormemente stupido.
Non so quale sarà la mia strada al termine di tutto questo, forse è proprio partendo che l’ho imboccata inconsapevolmente.