Finirai per trovarla la via, se prima hai il coraggio di perderti... T. Terzani

Il timido Monte Fuji

Hokkaido, fattoria di Saeki: arrivano molti avventori, camminatori professionisti e non che percorrono il “Kiraway”, il percorso ideato da Saeki della lunghezza totale di 71.4km di cui io ne ho percorsi una decina.

Uno degli impavidi che ha terminato tutti i 71.4km (in 2 giorni!) è Naoyuki, che per la notte si ferma nella fattoria.

Scambiamo due parole e capiamo che entrambi abbiamo come obiettivo Tokyo, dove Naoyuki lavora già e studia presso il college, così decidiamo di tenerci in contatto.

Arrivato a Tokyo ecco che con la puntualità giapponese arriva anche il suo messaggio di benvenuto, con “allegato” l’invito a fare un giro attorno al Fuji con lui in auto.

E così, domenica scorsa ci siamo trovati alla stazione di Noborito, Tokyo ovest, per partire alla volta della prefettura di Shizuoka e Yamanashi. Anche Jim, un mio coinquilino, si unisce alla banda.

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Dopo poco meno di un centinaio di km di autostrada ecco che arriviamo al lago Kawaguchiko, dove a differenza di Tokyo la trasformazione della natura ha già preso atto, ed è fantastico vedere come gli alberi siano tinti di mille sfumature, dal verde estivo al rosso intensissimo, quasi fosforescente, dell’autunno.

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Rimango davvero stupito di ciò di cui sia capace la natura qui in Giappone, i colori in foto sono naturali, le tonalità sono veramente quelle accese delle tempere, e mai avevo visto dei rossi così saturi.

Ripartiamo verso un luogo panoramico, e comincio ad avere il sospetto che Naoyuki, da buon giapponese, abbia programmato tutto nel dettaglio!

Purtroppo, come avevamo immaginato, il Monte Fuji è coperto da una coltre di nuvole che lo avvolge, sembra quasi stritolandolo, e quindi il perfetto cono di oltre 3700m non è visibile e neanche avvertibile, dato che le nubi gli arrivano praticamente ai piedi.

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Ma lo spettacolo dalla parte opposta è comunque straordinario: una colata lavica alle nostre spalle ha dato luogo, centinaia o forse migliaia di anni fa, ad una valle dove è cresciuta una speciale foresta, che a chiazze si sta tingendo anch’essa di rosso e giallo.

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Ogni dubbio è fugato quando Naoyuki ci annuncia che adesso andremo a visitare un villaggio tipico giapponese: è chiaro che si è studiato tutto prima di partire, e questo è gratificante, dimostra che l’ospite, come sempre, qui in Giappone è sacro e gli va riservato il migliore dei trattamenti, ma dimostra anche la puntigliosità e l’estrema accuratezza di questo popolo nel fare qualunque cosa, dal lavoro allo svago; a volte può essere un fattore negativo, perché poco lascia all’immaginazione, ma oggi sono contento perché quando passai di qui tempo addietro, a fine settembre, non vidi niente di quello di cui oggi so godendo.

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Il mercato alle porte del villaggio vende alcune stranezze, tra cui calabroni sotto spirito; questi devono essere i famosi calabroni giganti giapponesi, fanno spavento per quanto sono grandi alcuni di essi!

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Entriamo nel villaggio, che è chiaramente una ricostruzione, anche perché, come spiegano alcune immagini, a inizio ‘900 c’è stata una grande frana che ha portato via l’originale con una ondata di fango distruttrice.

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L’aria è paciosa e verrebbe voglia di tornare indietro di qualche decina di anni per capire come si viveva veramente in questo luogo.

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All’interno di questo museo all’aperto si trovano artigiani e coltivazioni tradizionali, come ad esempio quella della radice di wasabi, che come il riso ha bisogno di essere coltivato immerso nell’acqua, addirittura qui piccoli canaletti convogliano un flusso continuo di acqua entro un terreno speciale fatto di ghiaia lavica.

Il problema nella produzione del wasabi è proprio l’approvvigionamento dell’acqua, perciò sembra che prima o poi l’agricoltura sarà in difficoltà nel rispondere alla domanda di wasabi giapponese.

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Si riparte, mi vengono in mente i tour guidati giapponesi, quando i turisti del sol levante vengono in Italia ed in 5 giorni si vedono 6 città, un ritmo pazzesco, ma li capisco anche, in media i giapponesi hanno 10 giorni di ferie l’anno e il tempo a disposizione va sfruttato a fondo!

Arriviamo alle cascate di Shiraito, sono famose non tanto per l’altezza o la mole d’acqua, ma per la larghezza di una delle 2 cascate.

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Il panorama delle cascate è stato designato più volte da più associazioni come meritevole di salvaguardia e dal 2013 è entrato a far parte anche dei patrimoni protetti dall’Unesco insieme al parco del Fujisan.

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La giornata ha il suo termine qui, e mentre ci allontaniamo, evitando di passare dal Fuji Skyline perché non avremmo potuto ammirare il panorama causa nubi, ecco che il timido Monte Fuji comincia a svelarsi nell’oscurità.

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Naoyuki ha una sorpresa però, ancora non è finita: sconfiniamo nella prefettura di Yamanashi per arrivare all’Onsen più bello che abbia mai visto.

Ovviamente non si possono scattare foto all’interno, ma dal piazzale soprastante ho rubato questo scatto che forse dà l’idea del grado di relax che si può raggiungere immersi nell’acqua calda, all’ombra delle stelle, con un panorama del genere.

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Dopo aver recuperato le forze grazie al bagno caldo, ci rimettiamo in marcia verso Tokyo, con una fermata all'”Autogrill” giapponese per una mangiata da re: Tonkatsu al curry, una delizia che non avevo ancora assaggiato, la ciliegina sulla torta per terminare alla grande una giornata sensazionale, grazie Naoyuki!!!

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Categories: 2014, Racconti di viaggio

Watashi wa Tokyo ni imasu!

La mia avventura alla Yamaha è durata una mattinata, molto intensa, vissuta appieno, ma adesso devo guardare oltre, verso l’ambita tappa di un viaggio che è più di una semplice strada. Prendo il by-pass, statale n° 1, che rapidamente mi conduce fino ai piedi del Fuji: è sempre uno spettacolo vederselo lì, spuntare dal niente, in mezzo alla pianura stagliarsi con i suoi 3600m, in una figura perfetta, conica, senza sbavature, quasi fosse stato modellato dall’uomo.

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L’atmosfera del crepuscolo poi, che ne illumina solo la vetta, la bocca del vulcano inattivo, lo rende ancora più affascinante e divino.

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Su consiglio di un tenerista giapponese di quelli incontrati ad Iwata, Masahito, mi dirigo verso il lago Saiko, alle pendici del Fuji sul suo lato occidentale.

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Arrivo a sera tarda ma non rimpiango certo la scelta: costa 1000Yen dormire qui, non è male, anche se purtroppo non hanno la doccia.

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Questa è la mia ultima notte di viaggio, e come concluderlo meglio se non in tenda. Ogni volta che entro nella mia Quechua verde mi sento come a casa, chiudo la veranda e la sensazione di calore aumenta. Esco per cena, mi preparo due buste di thai noodles ai gamberi che ancora conservo dall’Italia.

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Sono stanco, non vedo l’ora di dormire. I pensieri cominciano ad accavallarsi. Impossibile spiegare come ci si senta al termine di un viaggio durato oltre tre mesi e mezzo, dopo 21.000km, disavventure che adesso ricordo con un sorriso, avventure che adesso ricordo con un velo di nostalgia. Le persone incontrate, eccole che mi appaiono in fila, le loro facce davanti ai miei occhi, i paesaggi che ancora mi fanno girare la testa, ed una sensazione di malinconia senza fine, adesso che sì, ho realizzato quello che da tre anni sognavo. Sembra ieri che sono partito. Sembra di aver vissuto una vita intera, allo stesso tempo.

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Mattina. Il mio the al lampone è pronto, e la torta acquistata ieri al 7-11 mi attende, invitante, sul tavolo in legno del campeggio.

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Rifletto ancora, la notte sembra abbia portato consiglio. La mia missione non è ancora finita. Adesso devo arrivare a Tokyo, prendere le chiavi della casa condivisa, vivere lì almeno uno o due mesi. Una grande scommessa, chissà cosa mi riserverà il futuro: sarò in grado di sopportare la pressione di una città così popolosa, di riuscire a mantenermi? Quel che sarà sarà, non è importante, l’importante è sapere di averci provato.

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Prima di Tokyo mi aspetta il Fuji, non posso andarmene senza averlo scalato, almeno in moto! Giro l’angolo della strada e mi appare incappucciato, con un cappello di nuvole a tappargli la “bocca”.

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Prendo il Subashiri Trail, l’inizio non è male, tra gli alberi che cominciano a cambiare colore, un asfalto perfetto e l’attesa delle curve e tornanti dietro l’angolo.

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La moto, salendo, fatica un po’, già all’altezza del mare la sentivo un po’ fiacca e molto fuori carburazione salendo oltre i 5000rpm, adesso che salgo in montagna le manca proprio il respiro.

Arrivo alla stazione dei 2000m, mi faccio un breve giro di una mezzoretta per arrivare a delle cascate adesso inattive. Il paesaggio ha molta vegetazione, che lo fa assomigliare ad una montagna, ma che inevitabilmente il basalto e la roccia nera che costituisce il terreno ricorda che altro non è che un vulcano inattivo…beh, spero che lo sia, inattivo!

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Purtroppo il meteo inclemente ha portato nuvole quassù e non riesco a vedere la vetta, né la pianura sottostante.

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Mi porto a casa il mio souvenir, non compro mai stupidaggini alle bancarelle, questi tre sassetti saranno il mio ricordo del Fuji.

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E’ ora di pranzo, mentre che attendo speranzosamente che le nuvole se ne vadano, e consumo l’ultima riserva di cibo russo: mais al vapore e polpette di pesce. Mi ricordo che andavo matto per queste polpette, adesso non riesco a immaginare come diamine potessero piacermi, ero proprio messo male in Russia!

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Devo ripartire, la situazione dopo un paio d’ore non cambia.

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Ci sono, di nuovo. Tokyo. La città più grande del mondo, la più popolata al mondo con i suoi 37 (trentasette) milioni di abitanti. Una cosa immensa.

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Sono quasi impaurito da questa città di proporzioni abnormi, ma mi basta ascoltare un attimo il borbottare dell’ottoemezzo che ogni paura scompare.

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Non faccio a tempo a sistemarmi nella mia nuova abitazione che già è tempo dei saluti. Dopo essere stato calorosamente accolto dal fiesolano Guido nella sua abitazione di Meguro, dove ho passato la prima notte, si fa vivo Henry, un ragazzone di Mercatale V.no (frazione di Montevarchi) che lavora qui all’ambasciata, nell’ufficio militare, da ormai un anno. Vado a trovarlo!

DSC03815 Simpaticissimo ed alla mano, amico di amici, mi presenta poi anche il Col. Gasperini, una persona tutta d’un pezzo che mi augura il meglio e si mette a disposizione per qualsiasi evenienza.

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Torno a casa, è la sera del mio primo giorno a Tokyo, già mi rendo conto delle sue dimensioni spropositate, solo per arrivare in ambasciata ho fatto 6km a piedi, ma ne è valsa la pena, mentre passeggio mi si apre la vista sulla Tokyo Tower, suggestiva di notte molto più che di giorno.

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Tokyo di notte è meravigliosa.

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Tra grandi sbalzi d’umore giornalieri, spero di consumare una fetta importante di tempo ed emozioni in questa città dalle mille risorse.

Intanto sarò qui fino a novembre, poi vedremo…

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