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I primi passi nell'Honshu
Honshu!
Dopo 3h e 40 (e non 3h39, né 3h41) la nave arriva ad Aomori…precisa come i trasporti pubblici italiani.
Beh, no..un po’ più precisa.
La strada non è scorrevole come nell’Hokkaido e me ne accorgo subito: la densità dell’abitato è maggiore, le città hanno semafori a non finire.
E le auto rispettano tutti i benedetti limiti/divieti stradali!
Si, proprio così, nessuno sfora i 40kmh in città ed i 50/60kmh in extraurbano.
In questo modo diventa difficile per me rispettare le tempistiche fornite ai miei amici giapponesi, così quando c’è un po’ di strada libera cerco di forzare, spesso è divertente guidare tra le curve delle strade di campagna, l’asfalto è sempre pulito e molto sicuro in termini di grip.
Ogni tanto poi si trovano posticini come questo, Onsen tradizionali e laghetti di acque sorgive calde e sulfuree.
Dopo circa 3h e mezzo di guida arrivo a Morioka, città del wanko soba e del reimen.
Suzuki san sente il rumore della moto e si affaccia, un po’ preoccupata perché in ritardo di circa mezz’ora.
Il suo benvenuto non si fa attendere, in casa mi aspetta una cameretta in stile occidentale, un bagno caldo, ed appena fuori dall’”ofuro” ecco che la cena è pronta: tonkatsu! Cotoletta di maiale con cavolo, pomodoro, salsa tonkatsu (la famosa salsa bulldog) e riso. Cosa potrei chiedere di più!?
Spero di farmi una bella dormita adesso, ma la signora Suzuki programma la sveglia alle 6.30 per andare al mercato…uff, farò questo sforzo!
La mattina scopro con piacere che la levataccia è valsa la pena, perché al mercato si acquista frutta e verdura ad un prezzo molto basso rispetto al supermercato, forse 3-4 volte meno. La cattiva notizia è appunto che apre dalle 4 alle 7 di mattina!!!
Torniamo a casa e poco prima di pranzo sua sorella passa a prendermi con suo marito e Naruyoshi, un ospite speciale, viaggiatore anche lui, 23 anni da Osaka, in giro in bicicletta attraverso il Giappone…ai giapponesi piace viaggiare!
Andiamo verso l’Iwate yama (montagna), anche chiamato Iwate-san, come fosse una persona: i giapponesi chiamano le montagne con titoli di rispetto, ad esaltarne la sacralità.
A dire il vero non è proprio una montagna, ma un vulcano, che 400 anni fa eruttò una gran quantità di magma, che ancora oggi è visibile in una lingua di 1kmx3km.
Qualche albero tenta la vita in mezzo al magma.
Visitiamo il centro dell’artigianato di Morioka, e per pranzo, sorpresa, andiamo al ristorante di reimen dove noi stessi saremo i “cuochi”, preparando il reimen (ramen freddo, di provenienza coreana) con le nostre mani.
Questo dovrebbe essere l’aspetto finale: i giapponesi sono maestri nel realizzare versioni in resina del prodotto finale!
Pronti via si parte!
La “maestra”, molto puntigliosa..
Il taglio e la bollitura.
Lavaggio in acqua fredda.
Niente male alla fine, buono, anche se il cocomero…mah!!
E’ la volta del dessert, e ci dirigiamo verso un negozietto che produce all’istante dei nambu sembe, praticamente dei biscotti con all’interno noccioline.
Non resisto, ne voglio fare uno anche io!!
Infine, il cimitero di Morioka, dove è seppellito attualmente il primo premier giapponese, eletto nel 1918.
La sera, sorpresa!
Tempura!!
La tipica frittura giapponese, preparata con pastella apposita oppure con farina e uova, impasto non ben mescolato (è una regola) e freddo.
Con tanto di patata dolce, zucca, zucchine, funghi, peperoncini e “ebi” (gamberi).
Itadakimasu! Buon appetito!
Non contenti, ci siamo fatti anche dei gyoza, ravioli di carne e verdure, con diverse salse, tra cui soia, aceto etc..
Ohayoo gozaimasu! Buongiorno!
Naruyoshi è di Osaka e fiero della cucina della sua città ci mostra come si cucinano gli okonomiyaki, una specie di frittata con cavolo e carne, oppure pesce.
Ottimi, li adoro! (anche se per colazione una bella fetta di pane e marmellata ancora mi manca!!!)
Siamo agli sgoccioli, il tempo con Masako è passato velocemente, si è presa cura di me come fossi suo nipote, la mia “zia” giapponese!
La sua casa è super accogliente e mi mancherà!
Ma prima c’è sempre tempo per scherzare e provare qualche strumento giapponese antico di cui non ricordo il nome. In una stanzetta con tatami dove solitamente Masako si reca per pregare per i suoi cari, offrendo anche del cibo come prevede il rituale buddista.
Colazione…toufu, maiale in salsa, riso, pesce in salsa d’aceto, zuppa di pesce, verdure sottaceto. Voglio il dolceeeeeeeeeee!!!
Grazie Suzuki san, grazie di tutto, è stato un piacere, e spero di rivederti presto!
Con dispiacere dopo qualche km mi ricordo di essermi dimenticato il bento con inarizushi e mochi che Masako mi aveva preparato..diamine, le uniche cose dolci mi sono perso!!!
Devo tornare a Morioka, un giorno, per riprendermi quel bento!
Un centinaio di km mi separa dalla costa.
Si trovano sempre più case tradizionali, o che ricalcano lo stile tradizionale.
Mi aspetto di vedere lande desolate e disfatte dallo tsunami, ed invece trovo un gran lavorìo di mezzi e persone, impianti di movimento terra giganteschi, barriere altissime a futura protezione da tsunami successivi.
Lungo la strada, un saliscendi continuo, si trovano cartelli che segnalano l’inizio e la fine della zona di allagamento dello tsunami.
Nelle zone più alte si trovano spesso templi buddisti o shintoisti, delle vere chicche.
Mentre in pianura, ogni volta che riscendo, qualche edificio dilaniato è lì che mi ricorda ciò che successe 3 anni fa.
Sono edifici che saltano fuori dal nulla, in mezzo al verde selvaggio che si riprende ciò che era suo un tempo.
Lavori ovunque, un dispiegamento di bulldozer, escavatori, camion e uomini mai visto in vita mia.
E tanta, immensa determinazione.
I giapponesi sono un grande popolo.
Strade chiuse, troppo vicine alla costa, sono state rivoltate e risucchiate dalla dirompente forza dell’onda anomala.
E di nuovo case intonse nelle alture.
Colline spogliate dalla flora, per ricavare terra per terrapieni, materiale prezioso adesso.
Ancora strade interrotte, ponti crollati, grovigli di metallo che testimoniano la violenza estrema del mare.
Già, il mare, che adesso appare così calmo.
Faccio altri km, e noto le prime case temporanee, ovviamente in luoghi riparati e molto al di sopra del livello del mare.
Penso ai terremoti che hanno colpito anche l’Italia.
Ma il paragone è impossibile.
E’ sera oramai, sono vicino a Minamisoma, dopo aver allungato la strada di 50km per osservare meglio il disagio vissuto tre anni fa.
Il cielo è ancora capace di regalare qualcosa, dopo una giornata grigia, quasi ad evocare tristezza.
Sono ospite del tempio Ganokuji, da Hoshimi san, parente del bonzu di Hokkaido.
Il tempio è molto più antico, mi dice che ha 1200 anni, è impressionante però come sia ben mantenuto all’esterno, mentre all’interno è stato visibilmente rinnovato.
Mi aspetta di nuovo tatami e futon per la notte, bell’ambiente!
La tecnica costruttiva ricalca quella antica, la porta di accesso è recente ma ugualmente incredibilmente complessa ed interessante.
Matane, a presto Hokkaido!
Inizia una nuova giornata, come al solito sveglia presto, impossibile dormire oltre le 7.30 perché il sole è già alto da quasi 2 ore e oltre alla luce si fa sentire pure il caldo.
Saeki san oggi ha deciso che è giornata di lavoro, e ben volentieri affianco Kan san nella tinteggiatura di una stanza della guesthouse.
Loro la chiamano tinteggiatura ma in realtà si tratta della stesura di un fine strato di velo bianco, che in giapponese ha un nome particolare che ora non mi torna a mente, ed una volta era realizzato con conchiglie macinate finemente.
E così il mio primo “lavoro” in Giappone l’ho trovato!
Pausa pranzo con riso e manzo in salsa. E l’immancabile the freddo!
La sera mi dedico alla seconda attività lavorativa giapponese: cuoco.
Satoe, la figlia di Saeki, ha un ristorante proprio accanto alla fattoria, e mette a disposizione la sua cucina per preparare…pizza…ma vah, ormai un classico!
Yuichi, il figlio di Satoe, è sempre pronto a mostrare trucchi da futuro mago.
A cena siamo tutti, manca soltanto Hartmut che oggi ci ha salutati per proseguire il suo viaggio da solo; sono un po’ dispiaciuto ma allo stesso tempo preferisco così, le nostre esigenze sono troppo diverse, tra noi corrono più del doppio di anni!
A cena si aggiunge anche Riko san, ragazza che vive a pochi passi da qui, con ottima conoscenza dell’inglese, imparato al college in USA; ci rivedremo a Tokyo, dove è stata assunta per un lavoro a partire da ottobre.
La mattina seguente sarà l’ultima disponibile per godersi lo Shiretoko, una prominenza a nord-est di Hokkaido, parco naturale dall’incredibile bellezza, oltretutto con strade perfette e divertenti.
Il limite di velocità è di 60kmh (si, sessanta) anche nelle extraurbane, a volte sembra veramente stupido, e per godere meglio di curva e controcurva accelero un po’; ogni virata è disegnata perfettamente su un asfalto dotato di tanto grip, impossibile che una curva metta in difficoltà, sembra che gli ingegneri abbiano studiato le traiettorie di una motocicletta prima di progettare il tracciato stradale.
La giornata è soleggiata, fortunatamente, ma una volta arrivato sullo Shiretoko pass la nebbia (anzi, le nuvole) fa il suo corso rendendo il paesaggio misterioso.
Proseguo, per adesso non ho visto cose eccezionali, ma penso che prima o poi incontrerò qualche “oasi” di rara bellezza; intanto mi godo la strada, ancora molto divertente.
A fianco della striscia nera di asfalto corrono sempre foreste rigogliose con un sottobosco foltissimo, e talvolta capita di fare incontri particolari!
Cerbiatti! Non è raro incontrarne, anzi, secondo i giapponesi ce ne sono troppi e questo causa la rovina di alcune specie vegetali; sono presenti anche diversi “kuma” (orsi) qui, ma fortunatamente non ho avuto il piacere di incontrarne neanche uno.
Ad un certo punto decido di prendere una deviazione dopo aver letto un’interessante indicazione che portava versotali “Shiretoko Goko Lakes”.
All’arrivo c’è da pagare un forfait di 100Yen per il parcheggio, l’ingresso al parco poi è gratuito se si decide di percorrere soltanto la passerella in legno rialzata con vista sui laghi.
E’ incredibile: la passerella è perfetta, gli assemblaggi del legname sono fatti ad arte, la qualità è elevatissima, direi che non stona al di sopra dello spettacolo naturale che si para di fronte ai miei occhi.
Al termine della passerella si arriva al primo dei 5 laghi; il percorso sopraelevato termina qui, se si vuole proseguire bisogna pagare, ma non ho molto tempo (e soldi) e così mi “accontento” di questo.
Molte studentesse di scuole d’arte si danno appuntamento allo Shiretoko, è un luogo ideale per disegnare e dipingere.
Mentre torno al parcheggio scorgo un ragazzo che curiosamente sta girando intorno alla mia moto; facciamo due chiacchiere col suo inglese un po’ stentato e capisco che è da oltre 80 giorni che da Osaka sta girando il Giappone col suo Honda 90cc (o forse 50?); rimango stupito, io ce ne ho messi altrettanti per arrivare qui dall’Italia!!
Proseguo il tour, qui vicino ci sono delle cascate particolari, ci si arriva dopo aver percorso 5km di sterrato.
Praticamente è un fiume che scorre su pietra, ma non ciottoli, una vera e propria lastra di pietra, dall’acqua tiepida, forse di provenienza termale, che si può risalire per un breve tratto.
Torno indietro, ed i paesaggi mi danno conferma che è valsa la pena passare di qui!
Nelle vicinanze si trova anche un altro lago, molto famoso perché è il secondo al mondo per chiarezza dell’acqua, ed indovinate quale è il primo? Il Baikal, ovviamente!
Insomma, dove sono stato io non era molto pulito, per via della sabbia!
Purtroppo non riesco ad avvicinarmi, il punto panoramico si trova molti metri al di sopra del livello del lago, ma mi dicono che sia possibile osservare oggetti fino a 30m sotto il pelo dell’acqua.
Come tutto qua in Giappone, il parcheggio stesso della località è perfetto e sembra ritagliato in uno spazio da cartolina.
La sera verso le 16.30 sono di nuovo alla fattoria, e pronti-via si riparte per l’onsen, stavolta si tratta di una sorgente termale gratuita ed aperta a tutti.
L’ultima cena, con Kan san, Satoe san e Yuichi kun. Comincio già ora a sentire una certa nostalgia, qui mi hanno trattato davvero come uno di loro.
I giapponesi in fondo non sono un popolo freddo, anzi, mi hanno dato l’impressione di tutto il contrario, fino ad adesso.
E’ il momento delle dediche: Saeki san ci teneva molto e così ho disegnato pure io sulla sua “wall”.
Il momento più difficile, infine, i saluti.
Ci protraiamo per una buona mezzoretta scambiandoci auguri e promesse di rivederci, alcuni in Tokyo, altri in Italia, altri ancora mi aspettano nuovamente qui ad Hokkaido!
Oggi è la volta di Sapporo.
Sono circa 390km, e conto di percorrerli in 6-7 ore.
Sono dubbioso sull’andamento del meteo, non sembra promettere bene, ed infatti dopo poco dalla partenza comincia a piovere, e l’acqua non mi abbandona fino all’arrivo.
All’arrivo mi trovo in un quartiere residenziale a Kaminopporo, alla periferia di Sapporo, fatto di case singole, una rarità nelle grandi città, mi ritengo fortunato.
Michiko san mi apre le porte della casa e mi mette subito a mio agio, sistemandomi in una fantastica stanzetta in stile tradizionale giapponese: tatami e futon, fantastico!!!
La casa è ordinata e pulita, e pure grande per gli standard giapponesi.
Andiamo, ovviamente, all’onsen, e prima del ritorno a casa passeremo per cena al kaiten sushi…cosa, ho capito bene?
Si, kaiten sushi! Quel ristorante dove il sushi passa sul nastro e tu prelevi il piattino man mano che vedi qualcosa che ti piace…già godo prima di arrivarci!
L’atmosfera all’interno non è usuale per il Giappone, almeno per me, lo chef urla per le ordinazioni, in continuazione, e questo crea molto folklore.
Mi diverto come un matto, ed i piattini divorati, ricchi di pesce di ottima qualità, da sciogliersi in bocca, mi rendono sazio e felice…grazie Michiko e Masanori!
Alla mattina mi sveglio col rumore della preparazione della colazione, tipica giapponese: insalata, uova, pane, latte, formaggio…manca solo il riso ed un po’ di pesce.
Michiko oggi riparte per Tokyo, dove ancora lavora parzialmente, e così la saluto alla stazione JR, da dove mi dirigerò verso il centro; rimarrò poi con suo marito, che però non parla inglese!
In treno nessuno sembra interessato ad alcun contatto: ognuno guarda dritto in fronte a sé evitando accuratamente gli sguardi altrui, e come provo a cercare qualche contatto visivo rimango stupito di come non riesca ad avere alcun riscontro…il silenzio regna.
Arrivo a Sapporo, la giornata è splendida!
La città ha apparenza da “grande” città, ma in realtà è molto tranquilla, almeno se comparata con Tokyo.
Si respira un’aria rilassata.
La torre dell’orologio è l’unico edificio “antico” di Sapporo, l’architettura è quella classica giapponese, presumo di fine ‘800.
Ad un certo punto mi imbatto nelle prime operaie dei giardini: una cosa così in Italia forse non la vedo da 20 anni…e poi capisci perché qua è sempre tutto ordinato e perfetto!
Intravedo la “Terebi tower”, ovvero la torre della televisione.
Ed è qui che mi stupisco maggiormente: le operaie nel giardino ci possono anche stare, ma sotto alla torre ci sono gli operai del pavimento…che con gli strumenti più avanzati lustrano il lastrico sottostante la torre, incredibile!!!
Ancora esterrefatto salgo i primi gradini della torre, poi mi fermo dinanzi al cartello che propone di arrivare sulla cima per 700Yen…decisamente troppo, oggi vedrò comunque la città dall’alto, dall’Okurayama, gratuitamente, perciò rinuncio e mi godo la vista dal piano intermedio.
Nijo market: il mercato del pesce.
Sapporo non è una città di mare, perciò il mercato del pesce è ridotto a poche bancarelle che non coprono neanche un isolato.
Il pescato è comunque ben esposto, e vi si trovano cose che da noi non troveremmo mai.
E mentre esco dal mercato, è qui che trovo uno scorcio che definirei veramente di città giapponese.
E’ ora di pranzo.
Mi hanno consigliato di fermarmi in un locale dove preparano ramen o riso al curry, però i prezzi non sono bassissimi (non per me che sono in viaggio, ma volendo con non oltre 5€ si mangia) e così decido di farmi il mio personale riso al curry comprando l’occorrente al 7-11. 2€.
Il bello è che se compri qualcosa da scaldare, alla cassa hanno il microonde, e poi ti forniscono pure hashi, tovagliolo, e cannuccia per bibite…troppo avanti!
Non mi faccio mancare neanche un gigantesco pezzo di torta…deliziosa.
Alle 13 ho appuntamento con Masanori vicino alla torre della TV, per intraprendere un tour panoramico della città: lo intravedo nel traffico dei viali e salgo a bordo in un baleno; ci dirigiamo all’Okurayama, dove ancora sono in funzione, forse solo a livello di museo, gli impianti sciistici risalenti alle ultime olimpiadi invernali svoltesi a Sapporo.
Dalla vetta dell’impianto si ha un’ottima vista su tutta la città.
Ridiscendendo la montagna si trova un tempio shintoista, qua se ne trovano diversi, e sono molto caratteristici: entriamo, e nel momento si sta svolgendo una sorta di cerimonia.
Una danzatrice muove alcuni passi al ritmo di musica giapponese.
All’esterno sembra di vivere in un’atmosfera da set cinematografico.
Per finire il tour, andiamo alla famosa fabbrica-museo della birra Sapporo, la più importante dell’intero Giappone.
In realtà il museo non offre granché, almeno per me che non sono madrelingua giapponese, in quanto le descrizioni sono al 90% in lingua madre, in ogni caso il materiale esposto non è interessantissimo, ma l’edificio che lo ospita è davvero degno di pregio.
All’esterno noto anche un vecchio trattore…FIAT!!!
Alcune spiegazioni sono fornite da simpatici e infantili rappresentazioni plastiche. Mi fanno morire dal ridere!
Torniamo a casa, dopo esserci capiti (e fraintesi) a gesti e col traduttore automatico di google, e per cena Masanori prepara una zuppa mista a base di pesce e carne, davvero strana, ma niente male!
C’è anche la nipote di Michiko, che parla un inglese sufficiente per capirsi, e finalmente riesco a farmi intendere di nuovo!
La mattina seguente è soleggiata ed il buon tempo sembra volermi accompagnare.
Ci salutiamo, con l’hachimaki in testa!
Due bambini della casa adiacente si avvicinano curiosamente e facciamo una foto insieme, e ringraziano da buoni giapponesi!
Sulla strada, movimentata ma senza particolari emergenze architettoniche o naturali, incontro un tempio shintoista: ce ne sono diversi, segnalati dalla porta di ingresso a due montanti, spesso molto piccoli.
Ho fame. So dove fermarmi: 7-11.
Prelevo dagli scaffali la versione scura della “mia” torta, dovrebbe essere al cioccolato ma il sapore mi suggerisce caramello; la accompagno con un succo all’arancia: ci voleva, un po’ di zuccheri dopo una colazione salata!
Come presente per coloro che mi ospiteranno stasera acquisto una scatola di buste di the freddo, non riuscendo a smettere di ridere osservando la faccia del giapponese che la reclamizza!
Arrivo al tempio…wow, un vero tempio buddista giapponese!
E’ diverso da quelli incontrati in Mongolia e Russia, qui la parola chiave è lo Zen giapponese.
All’ingresso sono “obbligato” a vestire giapponese ed a posare per qualche foto ricordo. Ganzo!
Itadaki san mi porta immediatamente all’Onsen…sembra che qui sia obbligatorio anche andare all’Onsen, tante sono le volte che ci sono stato!!!
Mi spaventa un po’ stare qui 2 giorni, penso che le razioni di cibo saranno molto risicate e le ore di sonno molto poche.
Vengo subito smentito per quanto riguarda la prima parte di quanto detto: stasera barbecue d’agnello (sembra essere molto popolare nei barbecue la carne d’agnello, per cui esiste una specifica salsa) in porzioni sovrumane.
L’atmosfera è piacevole nonostante nessuno parli inglese, eccetto una ragazza che ha un livello elementare.
L’alcool provvede a far ridere tutti i giapponesi che mi circondano: a loro piace bere ma non riescono a reggerlo più di tanto, perciò dopo due bicchierini di sakè sono già alticci.
A nanna…le dolenti note sono che domattina la sveglia è alle 6…in compenso mi trovo in una stanza tradizionale, anche qui tatami e futon, accnato alla stanza da cerimonia del the.
Sono contentissimo, queste esperienze sono difficili da fare pure per un giapponese, ed io le sto vivendo giornalmente e pure a gratis.
Grazie LAILAC!
Alla sveglia ci rechiamo nel tempio dove Takuzen recita alcuni versi suonando una specie di tamburo ed uno strumento somigliante ad una campana rovesciata.
Ed io seduto nella classica posizione giapponese con le gambe piegate sotto al sedere soffro come una bestia!
Colazione, salata ovviamente, non riesco ad abituarmici.
Oltretutto oggi non mi sembra di sentirmi benissimo, ho lo stomaco in subbuglio e la testa che pulsa.
Itadaki san mi porta a fare un lungo giro attorno al lago Onhuma, mostrandomi la realtà locale, fatta di serre, campi coltivati, punti panoramici, strutture ricettive.
Sullo sfondo del lago è possibile vedere il monte Kumanatage, che in realtà sarebbe un vulcano; 1600 anni fa è esploso in una grande eruzione, e la sua altezza è passata da 1800m a 1100 soltanto, disperdendo nella valle, e nel lago stesso, frammenti più o meno grandi di pietra.
Dopo pranzo è la volta dello Yukata, la versione “povera” del kimono.
E’ sempre Itadaki san che mi aiuta nella vestizione…sono eccitato, e mi fa davvero strano vestire abiti tradizionali giapponesi!
Subito dopo tocca al Kimono, fatto di più strati e di tessuti più pregiati, tra cui la seta.
Tutti ridono quando mi vedono, e subito dopo mi fanno i complimenti, e subito dopo ridono ancora…sti giapponesi mi fanno morire!!!
Dietro all’estremo carattere dello zen ho trovato delle persone che pur non parlando inglese mi hanno fatto trovare un ambiente caldo ed accogliente, dove ho potuto recuperare forze ed apprezzare la realtà buddista giapponese.
Forse rivedrò Takuzen a Tokyo ad Ottobre.
Gli altri chissà, il mio proposito di rimanere in Giappone mi fa uscire dalla bocca un “Matane!”…”A presto!”…
Riprendo la mia strada per Hakodate, il porto da dove mi imbarcherò per l’Honshu. Solo 30km, alla biglietteria nessuno parla inglese ma il mio frasario mi aiuta e riesco a fare il biglietto in pichi minuti. 40€ circa, purtroppo la compagnia che parte adesso è la più cara, con l’altra avrei risparmiato sui 10-15€. 3h e 40′ e sarò ad Aomori.
Approfitto sulla nave per redigere il diario di viaggio su Word, per poi caricarlo sul blog quando potrò…già quando potrò?
La wifi ancora sembra irraggiungibile nel paese della tecnologia…no problem, con un po’ di zen pazienterò ancora…
Nihon!!!
E’ la mia ultima notte a Sakhalin.
E l’ultima in Russia.
Domani sarò in Giappone, ancora non riesco a crederci e non ci penso neppure.
E’ il compleanno di Victoria, la mia host (è già il secondo compleanno durante il mio viaggio, incredibile!), e decido che per l’ultima notte a Yuzhno-Sakhalinsk posso fare un’eccezione e festeggiare con i suoi amici fino a tardi.
Ci troviamo a Zima, un’area attrezzata, per un barbecue e dolce di compleanno.
Nessuno in realtà è originario di Sakhalin, eccetto un ragazzo, qui i giovani arrivano allettati dalle proposte di lavoro ben pagate, addirittura 4 volte di più che nella Russia europea, a volte.
Il party si prolunga di molto, andiamo in centro e ci scateniamo in un club fino alle 4 di notte, l’ambiente è piacevole ed io sono gasato mentre penso alla nave il giorno dopo.
Le ore di sonno purtroppo si riducono a 2, alle 6 è già ora di svegliarsi e così chiamo Anton, il mio salvatore qui a Yuzhni, per andare a riprendere la moto in un parcheggio custodito…i bikers russi sono i migliori mai incontrati, fanno di tutto per farti stare al top, te e la tua moto!!!
Arrivo in ritardo all’imbarco, come al solito, ma altrimenti come potrei farmi riconoscere come italiani?
Il mio piano di riempire il serbatoio con l’ultima 80 ottani svanisce così, e pure quello di fare la spesa per vedere di finire i rubli rimastimi; niente da fare, lascio terra con ancora circa 1500 rubli.
Entro nella nave della Heartland Ferry, ormai la Russia è già dietro le spalle, e…la prima cosa che dobbiamo fare è lavare le moto!!
Un’altra volta?! “L’ho già lavata ieri…” tento di spiegare “Meglio lavarla ancora” mi risponde un ufficiale di bordo…”OK!”
Non contenti, hanno provveduto loro stessi a terminare il lavaggio…giapponesi, il popolo più pulito del mondo!Prima di salire c’era una terza moto con noi ad aspettare alla dogana, un’Africa Twin targata Giappone, wow, ottima occasione per fare amicizia: anche lui si chiama Watanabe, e sta tornando ad Osaka dopo un paio di settimane spese in Russia.
Ci affidiamo a lui per un sacco di consigli, e come da norma comportamentale giapponese, lui ci aiuta in ogni passo e fino alla fine.
Nella nave c’è il tatami e non si può camminarvi, ovviamente, con gli stivali. Tutto è perfetto, pulito, in ordine, la nave non ha un filo di ruggine. Mi sento già in Giappone.
Un ultimo sguardo a Sakhalin. Senza rimpianti,orgoglioso del mio “cammino” russo.
Si mangia! Cosa poteva esserci se non un bel “bento” (set di cibo servito in vassoio) con tanto di pane soffice, formaggio cremoso, hamburger, wurstel di pesce, marmellata e burro con dessert di budino e “appuru juusu”, ovvero apple juice, succo di mela.Le ore passano in fretta, solo 5 ore e mezzo di traversata.
Arriveremo alle 16 ora russa, 14 ora giapponese. Si, si torna indietro di 2 ore, molto strano!
Mi preparo psicologicamente all’impatto: sono tre anni che sogno questa terra, ed adesso che sono a pochi chilometri dal poggiare il primo passo, dal percorrere i primi metri sulle due ruote che videro la luce proprio in Giappone 24 anni fa, è impossibile realizzare che davvero ce l’ho fatta.
77 giorni di viaggio, da Montevarchi al Giappone, veramente l’ho fatto? Sto solo, ancora sognando?
Rare sono le occasioni in cui piango. Non mi piace esteriorizzare la mia emotività.
Cerco di nascondermi dagli sguardi.
Sento qualche goccia che mi segna il viso, bagnandolo.
Si, ce l’ho fatta, sono in Giappone.
E’ impossibile fermarsi un attimo per realizzare che la grande scommessa fatta con me stesso 3 anni fa è stata appena vinta: gli ufficiali della dogana mi richiamano subito al mondo reale, si comincia con i controlli, e ci spostiamo in una saletta che sa di ospedale.
Pochi minuti e tutto è pronto.
Importazione della moto: 22.000Yen (circa 170€) nella quale è compresa l’assicurazione di base per il motociclo (6875Yen) valida per 6 mesi.
Il trasporto della moto, dovuto alle autorità giapponesi, è di “soli” 9.000Yen (65€) piuttosto dei 25.000 prospettatici in terra russa.
Nihon!
La polizia doganale è simpatica ed accomodante, tre persone indaffaratissime con i controlli ma che non si negano una foto con noi al termine delle operazioni. Augurandoci buon viaggio! Ioi tabi o!
Watanabe-san ci accompagna quindi per qualche km introducendoci alla nazione giapponese.
Prima facciamo un salto alla SoftBank, compagnia telefonica giapponese, ma acquistare una simcard è impossibile, se non acquistandola in pacchetto con un telefonino.
Il costo totale per telefono, simcard, 2 mesi di traffico con comprese email, per non oltre 55 minuti a 9Yen al minuto, è di circa 85€. Non molto conveniente, ci penso.
Facciamo qualche km e poi ci separiamo. Watanabe-san ci saluta scusandosi per non averci potuto aiutare al 100%, e ringraziandoci…wow, solo in Giappone può succedere!I primi km qui trascorrono in un’atmosfera di euforia generale, ogni cosa per me è “nuova” e così diversa che non posso fare a meno di ruotare l’Arai da destra a sinistra in continuazione, osservando le cose come un bambino che vede il mondo per la prima volta.
Inoltre qua si guida a sinistra, mi avevano avvertito che non sarebbe stato semplice, ed invece ci metto un attimo ad abituarmi, notando che addirittura in questo modo è più semplice mantenere alta la concentrazione, data la novità.
Ci fermiamo al Seicomart, minimarket dove facciamo la nostra prima spesa giapponese; Hartmut ha deciso di seguirmi ancora per un po’ verso l’Hokkaido orientale.
Il minimarket è “ganzissimo” e dentro tutto è in ordine, confezionato perfettamente, con porzioni minuscole ma presentate in modo assolutamente perfetto. Sono al settimo cielo, impazzisco per queste novità!
All’ingresso di nuovi clienti la cantilena del benvenuto e del ringraziamento all’ingresso da parte delle commesse è come una canzone registrata, un disco rotto.
I miei primi 394Yen se ne vanno con l’acquisto di un piccolo presente per Saeki-san, che mi ospiterà all’indomani nella sua fattoria a Nakashibetsu.
Acquisto una confezione di cioccolatini, all’apparenza deliziosi (i giapponesi sono maestri nell’arte della presentazione) ed una confezione di the verde (ocha) in foglie. Spero di non fare una brutta figura.
Si fa tardi, e senza che ce ne possiamo rendere conto il sole è già dietro l’orizzonte: le due ore di luce che abbiamo guadagnato la mattina le abbiamo perse la sera e così alle 18 il sole è già giù. Diamine, dobbiamo sbrigarci a trovare un riparo: Watanabe-san ci aveva consigliato un campeggio gratuito vicino Esashi, ma mancano ancora 20km all’arrivo.
Siamo fortunati però, perché scorgo dei camper in postazione in un’area di parcheggio, decido di dare un’occhiata: wow, fantastico, l’erba è tagliata e soffice che pare un campo da golf, nessuna cartaccia in terra, panorama rilassante, atmosfera sicura, come ovunque qua in Giappone…lascio sempre le chiavi nel quadro, e nessuno osa avvicinarsi alla moto, fantastico.
Sistemata la tenda tiriamo fuori le nostre vettovaglie e ci apprestiamo a mangiare, anzi Hartmut ha già cominciato a mangiare, ha sempre una gran fretta!
Io mi intrattengo qualche minuto con dei giapponesi che curiosamente mi si erano avvicinati, e dopo qualche parola ci invitano al “ristorante”…il tavolo è già apparecchiato, ed in men che non si dica ci servono il primo piatto caldo, fatto di verdure con formaggio fuso e wurstel: non ci credo!
I giapponesi solitamente non sono espansivi, ma questi signori di Tokyo ci mettono a disposizione tanti manicaretti, con anche una bella spaghettata alla bolognese, salmone essiccato pescato da loro, osembe, e sakè, tanto sakè che li fa ridere come matti insieme a noi!
Sono le 21.
Buio pesto, fatico a crederlo, ma già da un’oretta è impossibile vedere qualcosa qua intorno.
Decido di andare a letto, la giornata è stata lunga ed è come se fossero già le 23.
Ore 5 del mattino. Il sole è già sorto.
Decido di resistere, ma non riesco a stare dentro la tenda oltre le 7.30, è già un caldo insopportabile, come fossero quasi le 10, e questo mi ricorda di nuovo le due ore di fuso “artificiale”.
Colazione con pane e sgushonka, il latte condensato russo, terribilmente delizioso per pensare che è la mia ultima confezione e che probabilmente in Giappone non lo ritroverò (almeno non a meno di 1€ a confezione!).
I nostri amici giapponesi sono già al lavoro, a seccare il pesce pescato in speciali reti.
Oggi non è una buona giornata, capiscono che non sarà redditizia in termini di pesca e così decidono di riposare.
Oltre al pesce, i nostri amici hanno anche un altro prezioso raccolto dal mare: l’alga Kombu, che stanno essiccando. Si usa principalmente per zuppe.
Nihon!
Ogni volta rimango sbalordito dal livello di infrastrutturazione percepito in Giappone: tutto va per linee aeree, e così la strada ha un groviglio di cavi sopra di sé.
Ci fermiamo per fare benzina: molti distributori sono imbellettati da lucine e lucette, cartelli di dimensioni gigantesche, coloratissimi e con caratteri abnormi per attirare l’attenzione…guardate questo distributore ad esempio!
L’unica nota negativa è che la benzina è piuttosto cara, dopo la Russia, a circa 1.20€ di media; le mie informazioni la davano a 1.10€ ma probabilmente è aumentata o più probabilmente qui ad Hokkaido è più cara.
Hokkaido è l’isola più bella da percorrere in moto, così mi avevano detto, ed infatti oggi vediamo un sacco di motociclisti per strada, almeno la metà dei quali chopperisti, ma sui passi si trovano, come sempre, le sportive, tra cui una Panigale R!
Da qui si ha un’ottima visuale sul lago, dopo qualche decina di scalini si può fermarsi e godere della vista per qualche minuto.
Mancano oramai 60km all’arrivo, un’ora circa e saremo da Saeki-san.
Ogni tunnel non completamente interrato ha un intelligente sistema di illuminazione, formato da lastre semitrasparenti, probabilmente in plexiglas, sul dorso dello stesso.
Le indicazioni di Erii, vicepresidentessa Lailac, sono state utili ed il dettaglio ci ha permesso di arrivare senza problemi a destinazione.
Ci accolgono Kan-san e Kiko-san. Kan parla inglese abbastanza bene, Kiko parla un ottimo british english.
Poco dopo si fa vivo Saeki-san, arrivando sportivamente su un Honda 90cc che una volta era in dotazione alle poste giapponesi.
Ci sistemiamo e la sera ci sarà un barbecue giapponese…wow!
La fattoria è specializzata nella produzione di latte, come molte qui ad Hokkaido. Ogni volta che mi avvicino le mucche mi guardano sospettosamente.
Che abbiano capito anche loro che sono gaijin??
Gaijin è il termine che i giapponesi per definire uno straniero, abbreviazione di gaikokujin; fino a qualche anno fa la versione breve gaijin era usata a titolo dispregiativo, adesso la differenza non è sostanziale.
Siamo sistemati in una ex-stalla adibita adesso a laboratorio/guesthouse.
Neanche qui è ammesso l’uso di scarpe.
All’ora di cena si aggiungono Yukari-san, Yuichi-kun e la figlia di Saeki-san, Satoe.
Il barbecue è a base di carne di agnello, soba (una specie di spaghetti giapponesi), toufu con kimchi, e verdure.
Una goduria per il palato.
La tecnologia non manca mai in Giappone, neanche in una fattoria, e così mi esalto scoprendo strani macchinari: questo serve per scaldare l’acqua a 98°C, ottimo per preparare ocha (the).
Vogliamo parlare poi del WC giapponese?
E come non parlarne! Fantastico: appena ti siedi schizzi per aria…qualcosa non va..la ciambella è calda!
Forte! Così d’inverno non devi aver paura di metterti a sedere su una lastra di ghiaccio!
E poi c’è un pannello a parete con ben 16 bottoni…sono 2 giorni che lo uso, ed ancora non ho capito a cosa servano, neppure la metà di questi bottoni!
Per colazione Saeki-san ci offre del latte fresco: è già pastorizzato, ma molto saporito!!
Subito dopo colazione ci mostra varie stanze adibite a museo, di cui va particolarmente fiero. Alcune opere sono le sue.
Dopo una breve sessione di ginnastica mattutina col gruppo di giapponesi anglofoni, veniamo portati a circa 10km dalla fattoria, da cui comincia uno dei famosi “trails” esplorati da Saeki-san, che adesso fanno parte, con ricca documentazione, di un percorso che si snoda attraverso molti checkpoint, per oltre 70km di camminata.
Salutiamo i nostri amici e partiamo, in due ore e mezzo dovremmo farcela, il paesaggio è magnifico e non ci sarà da annoiarsi.
Il sottobosco è stranissimo, mai vista una cosa del genere, sembra quasi una foresta tropicale.
Diversi torrenti segnano il percorso.
Queste campane, ci hanno detto, servono per avvertire gli orsi della nostra presenza, e sembra che nei dintorni ce ne siano diversi.
In ogni modo, la passeggiata termina senza alcun inconveniente, e dopo aver assaporato con gli occhi bei paesaggi di un Giappone che non ti aspetti, siamo di nuovo alla fattoria di Saeki-san.
Salutiamo Kiko e Yukari, che tornano a Tokyo in serata.
Il tramonto è segnato da un po’ di umidità.
Cena frugale con una delle buste di liofilizzati che ancora ho con me dall’Italia: è la volta della zuppa di farro e fagioli, ottima!
Mentre ceniamo Saeki-san si fa vivo e ci fa capire che andremo in un Onsen alle 20.15: wow!
Sono solo 3 giorni che sono in Giappone e la mia esperienza è già così ricca, sono emozionato!
Il posto è molto elegante e curato, come tutto qua in Giappone, mi aspetto un salasso per l’ingresso, ed invece sono solo 600Yen, praticamente 4€, una sciocchezza per delle terme in un luogo così caratteristico.
Saeki è comunque gentilissimo ed offre l’ingresso.
All’interno troviamo uno spogliatoio, da cui si deve uscire nudi e dotati solo del microasciugamano che forniscono all’ingresso, si entra poi in una sala chiusa totalmente rivestita in legno con diverse vasche a più temperature: si va da quella ghiacciata, da utilizzare all’uscita della sauna asciutta, a quella a 42°C, passando per l’intermedia a circa 35°C.
Su un lato troviamo docce e saponi vari per lavarsi al termine.
L’ambiente esterno ha un’atmosfera magica, avete presente quelle cose che si vedono solo nei film o nei cartoni animati giapponesi?
Il mio inizio in Giappone è stato esaltante, sono soli 3 giorni e già amo questo paese!