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In Russia, da clandestino.
Mi dispiace salutare qualcuno come Koka, perché mi ha fatto sentire davvero a casa.
Ma è ora di andare, la strada mi aspetta e la Russia è vicina, soltanto 200km.
Arrivo a breve alle prime cime caucasiche, con passi fino ai 2500m, non quella magnificenza che mi aspettavo, ma un bello spettacolo comunque.
Mi fermo a Stepsaminda per fare pranzo, mi rifocillo bene con bocconi di maiale ai ferri e patate rustiche, con sullo sfondo un bel panorama con chiesetta ortodossa.
Percorro gli ultimi 6km. Comincia la coda dei camion, classico.
Ma mi godo gli ultimi panorami georgiani.
Poi le auto, ed un imbuto da cui non credo di passare con la moto e le borse. Mi faccio coraggio, scendo e vado a controllare, e tra 2 dei new jersey che spartiscono le corsie c’è un varco, così faccio qualche metro contromano e supero tutta la fila infilandomi in quel buco…sperando che nessun russo sarebbe venuto a bastonarmi per questo!
I tempi di attesa sono lunghissimi, i controlli per i russi scorrono bene ma la mia fila, quella degli extracomunitari (dove ci sono al 99% armeni ed azeri) non scorre proprio.
I funzionari doganali ridono e si meravigliano quando per la prima volta vedono un passaporto italiano, ed un motociclista.
Faccio vidimare il passaporto, compilo la dichiarazione doganale in duplice copia, chiedo se c’è altro da fare e se la mia carta verde vada bene: “GO! GO!”
E io vado…penso che ci sarà un altro posto di blocco, invece passano i km e mi rendo conto di essere in Russia una volta terminate le montagne caucasiche ed entrato in una delle classiche strade infinite russe…ci sono, Madre Russia!!!
Sono già le 19 e voglio fare qualche km, così arrivo fino a Nalchik; niente, non si può dormire fuori, non ci sono nascondigli e presso i benzinai c’è troppo giro di persone.
Mi fermo la sera presso il Gostinitza “Rossiya”, mi fanno problemi perché mi manca la “carta di immigrazione”, chissà cosa sarà, domani ci penserò…l’importante è che mi facciano dormire.
Camera “economica” da 800 rubli (circa 17€) senza bagno privato…pulita, con wifi…va bene.
Scopro nel frattempo che la carta di immigrazione devono rilasciarla in frontiera. Chiamo in ambasciata e dicono che è inutile che torni indietro, di provare a registrare comunque il visto.
Faccio una tirata a Volgograd, 690km, per andare all’ufficio UFSM dove dovrei ottenere il timbro.
Con questo pensiero in mente percorro una strada dritta, messa bene al 60%, per l’altro 40% piena di avvallamenti e lesioni trasversali.
Almeno la benzina la pago poco, magra consolazione, metto la 92 ottani a 30 rubli al litro, praticamente 65 cent.
Lungo la strada ho un altro inconveniente. L’udito mi fa intuire che qualcosa non va là in basso.
Mi fermo in tempo per capire che la catena è andata, la tendo con gli ultimi 2mm disponibili e incrocio le dita per arrivare a Volgograd. 100km.
Arrivo ed un panorama desolante, grigio e dominato da un’energia oscura, mi dà il benvenuto.
Arrivo da Andrey, mio host CouchSurfing. Mi fa attendere un po’ per venirmi a riscontrare. Chiedo dove posso cenare e mi offre pilminie, praticamente tortellini…con brodo di acqua salata, pepata e maionesata…si, con maionese..! Vabeh, avevo fame, poco male, mi sono sembrati buoni!
Dormo. La mattina dopo lui si sveglia tardi ed io vado verso il centro.
Mi fermo da AutoMaks per cercare di sostituire la catena; il meccanico non capisce quello che voglio dirgli, viene in mio aiuto il capofficina.
Procediamo, l’operazione avviene con una certa eleganza e velocità, catena cambiata alla perfezione! Chiedo il conto…mi rispondono…queste cose non devi neanche chiederle, vai e che la buona sorte sia con te! Santa Madre Russia, qualcosa di buono me lo concedi allora!
Vado all’ufficio UFMS.
E’ pieno di persone provenienti dall’Asia Centrale: Tajiki, Uzbeki, Kazakhi etc. ed io provo ad intrufolarmi.
Non se ne parla, è ovunque un NIET, nessuno parla inglese, nessuno cerca di farsi capire neanche a gesti.
Fanc**o, mi riposerò un po’ in riva al Volga.
Sembra un lago, l’acqua è ferma, quasi, qui fanno il bagno nonostante la sporcizia, e grosse chiatte solcano il fiume.
Ed infine…il simbolo dell’era sovietica, il più grande dell’intera Federazione è qui a Volgograd.
Lenin, dall’alto dei suoi 27m di cemento, guarda ancora il Volga, e sembra qui a proteggere i suoi figli.
Il giorno seguente parlo con il console. Sembra volermi aiutare.
All’UFSM ci torno, ma non serve a niente, per la seconda volta e 140km in totale in due giorni.
Fisso un appuntamento con due delegati del console, vediamo se vengo a capo di questa spiacevole situazione.
Domattina alle 11 in punto, davanti all’Hotel Volgograd.