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Tbilisi. Mi dicono che ancora non sono in Asia.
Riparto dal Mar Nero, Trabzon.
E’ mattina, sono le 9 e già fa un caldo infernale, non oso pensare alla temperatura di oggi alle 16.
Esco, finalmente pronto, dall’hotel Mora, dopo aver dormito per 20€ in una camera che non li valeva troppo; e pensare che ne volevano 50.
Essendo paese musulmano in Turchia le trattative sono all’ordine del giorno, e fortunatamente sono abbastanza flessibili, anche perché per il primo prezzo fanno sempre la sparata…perciò ricordate, in Turchia trattate sempre sul prezzo: SEMPRE!!!
Metto gli ultimi 10l di benzina per percorrere i 200km che mi separano dal confine, poi in Georgia questa costerà la metà perciò…invece arrivato nei pressi del confine il GPS mi segnala che c’è una strada di montagna più breve per arrivare a Tbilisi…ok dai, sono altri 300km nell’interno della Turchia, mettiamo altri 15l; alla stazione di servizio chiedo conferma, dopo aver riempito il serbatoio, e mi sconsigliano assolutamente quella strada, brutta e lenta, perciò con l’amaro in bocca proseguo verso Batumi con un pieno dal valore dell’oro per percorrere gli ultimi 20km turchi.
Entro dalla dogana di Sarpi, dove mi chiedono da dove provenga: “Italia” rispondo “Ah Italiano belisimo!” risposta classica; fatti i brevi, ma dovuti controlli, “Welcome to Georgia!” e passo il confine.
Qua l’assicurazione non è obbligatoria, e dato che dovrò starci poco non la faccio, ben presto quasi me ne pento, perché il traffico è davvero pazzo, le macchine mi sfiorano in sorpasso, il clacson è usato alla stregua del cambio, gli spazi sulla strada diventano minimi quando tutti vogliono sorpassarti da qualunque parte…un inferno!
L’interno della Georgia è molto povero, qui regna l’agricoltura, le case sono scarne, non intonacate e rivestite in lamiera o al peggio in Eternit.
L’insicurezza non mi permette di fermarmi molto a fare foto, perciò tiro dritto verso Tbilisi per strade dissestate e piene di buche; alle 18 circa arrivo presso un fast food dove scorgo un buon posto per dormire, chiedo se posso stare e ricevo l’ok con sollievo; mangio da loro, prendo un kababi con contorno di pane e salsa di pomodoro e di prugne acerbe. Dopo cena vado a controllare il “posto letto”: avrei dovuto controllare prima, qui in terra è pieno di sassi, terra smossa e…pulci!
Niente preoccupazioni, sono stanco e riesco lo stesso ad addormentarmi.
Mancano 180km a Tbilisi, e dopo la classica manutenzione ordinaria alla catena riparto.
Dopo oltre 100km faccio il mio ordinario controllo sulle parti meccaniche da sopra la sella; guardo avanti, a destra, a sinistra, sul retro…ok…ANZI NO!!!
Riguardo il forcellone e…TERRORE…manca il dado del perno ruota!!
Gli ultimi km, nonostante la strada migliore, trascorrono con la paura di perdere il perno per strada e ritrovarmi in terra senza una ruota; fortunatamente questo non accade, e mi risollevo un po’ quando al benzinaio pago solo 2.15 Lari al litro per la benzina, praticamente neanche 89€cent!!
Arrivo a Tbilisi, spiego la situazione a Koka, il ragazzo che ho raggiunto tramite l’Ass.ne Rondine Cittadella della Pace, e lui subito si fa in quattro per recuperarmi i pezzi; tramite un amico in poco tempo abbiamo nuovamente rondella e bullone; stavolta metto anche la coppiglia.
Compro anche una catena su suo consiglio, in Russia costerebbe di più…mi prendo una DID O-Ring per 160 Lari (66€) nell’unica officina moto di Tbilisi, la cambierò, ad occhio, tra 2000km, dati gli scarsi 5mm di gioco rimasti per regolare la tensione della catena.
Tbilisi appare grigia, con ancora il fantasma post-sovietico che aleggia nell’aria, gli edifici sono i classici casermoni-dormitori, piuttosto malconci all’esterno.
Con Koka scopro la parte migliore di Tbilisi, e capisco che i soldi qui girano anche se nelle mani di pochi e sempre degli stessi, ovvero coloro che da oltre 20 anni, dopo il golpe, governano ancora.
La parte più interessante, che scopro con Koka e sua mamma, è il mercato: il mercato esercita sempre quel fascino folkloristico e caratteristico del paese da cui sprizza l’anima dei locali.
E’ gestito da azeri e armeni, che espongono i prodotti senza troppo badare a condizioni igieniche; i sapori però sono autentici, e come ripete spesso Koka, qui si percepisce ancora il vero aroma di frutta ed ortaggi: è vero.
Scopro che lo zafferano in polvere qui costa 10€ al chilo…sapete quanto costa da noi?
In Europa costa in media 10…..mila euro al chilo!!! Apriamo un import-export?!?
Approfondirò la questione economica, ma adesso è l’ora di rimettere le mani sulla moto che necessita un’addrizzata alla borsa destra ed al telaietto; si fa con i mezzi che si hanno a disposizione, rivesto un martello con della carta assorbente per non rovinare la goffratura delle MyTech, e devo dire che ha funzionato.
Con qualche martellata ben assestata addrizzo la parete interna ed il bordo, ripristinando così la perfetta chiusura e di conseguenza l’impermeabilità.
Poi, con una stecca di legno da pallet trovata in strada proseguo il lavoro, con una certa difficoltà, riportando alla giusta angolazione anche il telaietto che aveva subito una piegatura verso l’interno. Il lavoro mi soddisfa, e così torno in casa…tempo pochi minuti e Giga, ragazzo Georgiano anche lui ex studente di Rondine, ci invita a mangiare dalla terrazza panoramica sopra alla funicolare, il piazzale Michelangelo de noattri!
La vista è spettacolare, ed il cibo ottimo.
Ma niente in confronto all’ospitalità ed al cuore che mettono i georgiani per farti sentire a casa…un popolo unico, davvero!
La cosa che più mi ha stupito è che, al contrario dell’Italia, dove si beve in compagnia ma senza apparente motivo, qui per ogni sorso si fa un brindisi e si dedica a qualcosa: alla famiglia, all’amicizia, al futuro, al mio viaggio…è un’atmosfera mai provata prima.
C’è tempo per un “selfie” con Koka, e poi facciamo l’ultimo giretto in centro.
Ancora la vera Asia devo conquistarla mi dicono.
D’altronde qui è nata l’Europa, recenti studi vorrebbero confermare che la civiltà rinascimentale stessa ha avuto origine qui, e la razza caucasica, che è quella europea…è proprio nata in Georgia.
La Georgia è un popolo molto orgoglioso delle sue radici, ha grande storia e farà bene nel futuro.
Ma adesso vado a prendermi l’Asia, quella vera, cominciamo con la Russia europea, e poi scavalchiamo gli Urali.
Siberia, a presto.
A due passi dalla Georgia
Il giorno dopo dell’incidente di percorso ancora non avevo recuperato al 100%, ma sapevo che mi sarei annoiato mortalmente a riposare un’altra giornata nella pensione, perciò gambe in spalla, si riparte…d’altronde nella fascia che mi hanno regalato c’è scritto ICHIBAN…NUMERO 1!!!
Il primo obiettivo di oggi è la Cappadocia, l’ultima volta che l’ho detto…beh sapete cosa è successo, ma stavolta ci sono arrivato davvero!
Il primo paese in cui ci si imbatte proveniendo da Ovest è Nevsehir, già qui si cominciano a vedere le classiche conformazioni tufacee ma il bello viene da Uchisar in poi, dove si trova il castello che domina l’intera Cappadocia; consiglio la salita, anche se costa 6 lire turche, circa 2€ (per me 3 lire dato che sono ancora studente, o meglio ho ancora la tessera dell’università ehehe) e avrete accesso non ad un castello ma ad una terrazza panoramica, molto suggestiva.
E’ incredibile notare come ancora le persone vivano in parte nei “camini delle fate”, pazzesco, da favola per davvero!
Ogni angolo è buono per una foto, non si smetterebbe mai, e come mi ha detto l’amico Francesco Città – la memoria per la macchina fotografica non basta mai!
Finalmente arriva Goreme, la “capitale” della Cappadocia, mozzafiato il panorama che si gode da uno dei tanti punti che si trovano in alto rispetto alla sua valle.
Adesso è l’ora di portare a termine una missione, cominciata anni fa col corso di Geometria descrittiva all’università.
Avevamo studiato e rimontato in 3D una chiesa le cui misure e foto erano state prese da altri studenti qui in Cappadocia…la fortuna ha voluto che notassi un camion con su delle scritte che mi hanno ricordato il nome della stessa, e dopo una rapida ricerca internet ne ho trovato le coordinate…quando ci sono arrivato mi veniva da piangere, indescrivibile anche se per voi non significherà molto, vedere in reale quello che avevi studiato tempo fa in virtuale!!!
Oltretutto la località non era per niente turistica ma all’interno vi si trovavano dei complessi spettacolari, chiese altissime e pareti scolpite e dipinte.
E poi via, dato che ci sono vado anche al Goreme Open Air Museum, magari merita, chissà…e intanto sono 20 lire, quasi 7€.
Lo ammetto, un bello spettacolo, ma mi ha emozionato molto meno dello scoprire con i miei occhi il complesso di Hallac studiato a scuola, e scoprirlo abbandonato a sé stesso, in balia solo di chi lo conosce veramente…è stata un’enorme soddisfazione.
Fa caldissimo, così mi concedo un’altro squisito gelato turco (dondurma), e come dicevo l’altra sera, fa veramente i fili lunghissimi, guardate come lo lavorano!
Sono le 16, a malincuore abbandono l’idea di attendere qui il tramonto, altre 4 ore di attesa mi snerverebbero e così decido di ripartire; peccato, il tramonto in Cappadocia dovrò tornare a fotografarlo, ma io mi annoio presto se rimango troppo fermo!
La strada scorre dritta, come sempre 4 corsie, 2 per senso divise da guard-rail o cunetta centrale, anche se il traffico è nullo e la strada scorre nel nulla…chissà perché ovunque è così!?
La sera arrivo in una località sperduta dopo 250km circa di noia e nient’altro, avvisto una stazione di servizio niente male, mi rifornisco di benza e chiedo se posso dormire…permesso accordato!
Così sistemo la tenda, per la prima volta (ahhh che sensazione familiare entrarci dentro, una sicurezza!!!), e vado a cena al ristorante della pompa di benzina; per soli 3€ mangio insalatona di pomodori e cetrioli (che odio, ma in viaggio mangio sempre tutto) e lahmacun (una sorta di pizza con sopra verdure cotte, credo!).
La mattina riparto con molta calma, mi alzo sempre con un’ora di ritardo rispetto alla sveglia, ma d’altronde sono in viaggio e faccio completamente quel che mi pare! Che bello eh!?
Mi attendono paesaggi variabilissimi in questa giornata di lunga guida, tra passi oltre i 2000m e strade cantierizzate e dal fondo pessimo.
Ad un tratto la terra assume colori vivaci e sparati, dal rosso del ferro al giallo ocra, con il verde delle piante ed il blu del cielo ed il bianco soffice delle nuvole è uno spettacolo da lustrarsi gli occhi.
Peccato per il fondo stradale, che tra catrame e brecciolino, e terra e sassi dissestati, causa l’acquisto d’importanza dell’attenzione alla guida, perciò permette meno soste fotografiche.
Godo comunque a veder passare tutte queste situazioni naturalistiche, finalmente, dopo la noiosissima giornata di guida di ieri, oggi ho molti più spunti creativi!
Ed infine, l’agognato Mar Nero…che non è veramente nero, no!
Si chiama Nero perché per i turchi il nero simboleggia il settentrione, infatti il mar bianco è il mar mediterraneo per loro, mare del sud.
Una volta possedeva un nome greco che ne denotava l’assenza totale di vita, eccetto che di particolari microrganismi.
Comunque, si arriva al mare da fitte montagne e strette valli, la striscia di terra che corre tra montagna e mare è stretta ed a tratti fittamente edificata da case di scarso valore estetico, tipico da località turistiche da quattro soldi.
Ciò non evita comunque di imporre un certo fascino agli avventori, il Mar Nero è sempre affascinante…
La felicità più grande non sta nel non cadere mai
Ieri mi è occorso un incidente di percorso.
Capita.
E’ da mettere nel conto.
Ma fa male, abbatte moralmente, distrugge fisicamente.
Ho avuto un incidente in fuoristrada con danni diretti non gravi.
I suoi effetti indiretti sono stati però pesanti per fisico (non per la caduta che non ha fatto registrare trauma alcuno) e motocicletta.
Non riuscendo a riportare la moto in carreggiata ho dovuto camminare a piedi fino alla statale, lontana 4-5km, sotto un sole terribilmente soffocante, già sfiancato dopo i tentativi di rialzare la moto.
Dopo un’eternità, con neanche mezzo litro d’acqua, sono arrivato sulla strada principale dove ho “ingaggiato” un contadino col suo trattore per tirarmi fuori dall’impaccio, dopo che questo ha potuto speculare sull’accaduto chiedendo una bella cifra per un locale.
I tentativi, per incomprensioni nella lingua locale, sono stati molti e il tempo impiegato pure, e durante le operazioni sono caduto altre 2 volte, e la moto ha riportato danni di modesta entità alla borsa MyTech di destra, che potrò riparare successivamente.
Il fisico è indolenzito (non a causa della caduta, ripeto, ma per fatica) e necessita “cura” a base di acqua e sali minerali.
Per adesso sto riposando in una stanza ad Aksaray dopo una nottata “ospitato” dal benzinaio dopo avervi sostato per lavare la moto.
Entro domani valuterò se sarò già in grado di rimettermi in marcia o meno.
Avrò una storia in più da raccontare, vediamola così..più grande è la lotta, più grandioso è il trionfo, qualcuno diceva.
Per terminare mi appello a Confucio, dato che mi sto avvicinando all’Oriente.
La felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta.