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Asia. Stavolta per davvero.
Questi giorni sono stati, a dir poco, frenetici!
Couchsurfing è una gran cosa, ma ha i suoi difetti: quando il tuo host è troppo intento a farti stare meglio possibile può capitare che tu non abbia tempo per mantenere i contatti col “tuo mondo”.
E così non vi ho aggiornati per tanto, troppo tempo, è l’ora di rimediare!
Ripartiamo da dove ci eravamo lasciati: Volgograd – lascio la casa di Andrey, bella, ben arredata, pulita, la rimpiangerò!
Vado a Volzhsky, dove ho la promessa del console Camoirano di trovare i miei documenti; arrivo in ritardo, ma Arturo (che parla benissimo italiano, anzi friulano, dato che vi ha vissuto 20 anni!) e la collega del console sono lì che aspettano di andare all’UFMS, dove con grande sollievo ottengo finalmente la mia carta di immigrazione!
Scopro anche che il mio visto è stato rilasciato per la sola regione di Mosca..mah, ogni giorno una nuova! Vabeh, penso, chissene!
Gasss…sono le 16.30 quando finiamo di fare tutto, e devo essere a Saratov entro sera, mancano 360km.
Questa parte di Russia è davvero noiosa, dritta, piatta, senza niente di particolarmente affascinante da osservare, fatta eccezione per le buche e le sconnessioni, pericolose e noiosissime, presenti sulla strada.
Faccio benzina al solito prezzo ridicolo di 65€cent/l, mi guardo intorno e vedo il nulla.
La sera si avvicina, e non mi piace guidare in queste condizioni.
Però ho un appuntamento a Saratov, e non saprei dove dormire altrimenti; non tutti i mali vengono per nuocere – vengo ripagato da un doppio incontro che crea un’atmosfera magica, Sole e Luna si salutano e si danno il cambio per la notte.
Arrivo a Saratov che è già buio, evito una buca gigantesca per un pelo, sarei certamente caduto a terra con violenza se ci avessi messo anche solo una ruota…
L’appartamento delle mie due host si presenta piccolo e buio, meglio di niente, ma non c’è acqua calda! Decido di rimandare la doccia a data da destinarsi.
In giro per la città non c’è praticamente niente da vedere, un giorno buttato all’insegna della noia e dell’attesa della ripartenza. Non riesco a mangiare niente di locale per incomprensioni in lingua russa. Peccato.
Le mie host non sembrano molto propense ad uscire per mostrarmi qualcosa, credo sia una caratteristica comune in Russia?
Poco importa, la mattina seguente ripartirò.
Per colazione Gryechka con cipolle…ok non il top ma riempe la pancia!
Ci salutiamo così, con abbigliamento che dovrebbe fare il verso a qualche anime jappo ma che a me pare tanto alla cazzo di cane!!!
La tappa di oggi prevede l’arrivo a Samara, altri 480km circa di noiosa solitudine e pianure sconfinate.
Fortuna vuole che trovi una stradella che mi porta su un piano posto qualche centinaio di metri sopra al Volga: questo fiume è immenso, mai vista una cosa simile!
Il colore, e la vastità, ricordano un mare interno, ma è un fiume…incredibile!
Mangio i miei panini, preparati con una sorta di crema di carne che non sa quasi di niente ma ha calorie a volontà…quanto mi manca la buona cucina, non dico l’italiana, ma almeno la georgiana, o la turca!
CAMAPA!
Delle lettere a grandezza cubitale delineano l’ingresso a Camapa (ovvero, Samara, traslitterato in caratteri latini). Finalmente riesco a farmi una foto con una di queste opere grandiose poste all’ingresso di città, regioni etc.
Il mio host Andrei è un tipo svalvolato, ma la casa è pulita ed accogliente, ho una stanza tutta per me, con pavimento in parquet e porta scorrevole quasi alla giapponese.
La sera guardiamo la finale del mondiale di calcio ed io come al solito mi addormento pesantemente sul divano…la Germania è campione, ma lo apprendo solo la mattina seguente.
La giornata odierna prevede relax in piscina e city sightseeing.
Panico, quando scopro che il relax in piscina prevedeva sessione di 1h di vasche…diamine se soffro di brutto, mi manca il fiato e così decido di mettermi da una parte e godere del sole e del bagno senza sforzarmi più di tanto!
Andiamo verso il laboratorio di Andrei, che è un piccolo artigiano che produce oggetti in vetro, e mi insegna come si fa…ganzo davvero!
Incontriamo Anton, un amico, e ci dirigiamo verso un parco…Andrei decide di comprare qualcosa da mangiare, e da bere.
A fine giornata non avrò visto quasi niente di Samara, in compenso avrò riso quanto non ho mai fatto in vita mia, 2 bottiglie di brandy hanno reso Andrei un incontenibile fenomeno da cabaret!!!
Devo salutare anche Samara, oggi mi incammino verso Ekaterinburg, due tappe per un totale di circa 1000km.
Uscendo di città (ci ho messo una lunga, calda ora) mi trovo di fronte la Soyuz con la quale i russi hanno portato a termine decine di missioni spaziali…fenomenale!
La strada è lunga, e di nuovo non offre molti spunti.
Mi fermo a far benzina, è già passata ora di pranzo e la pancia brontola. Ho ancora del pane. Niente nel market interno al benzinaio, niente di invitante, decido però di prendere delle “chips” di pesce secco da accompagnare col pane rimastomi.
Niente male, l’odore ricorda il cibo da acquari però!
Faccio qualche foto, è pieno di venditori di miele, ne avvicino uno che esce dalla sua macchina e intratteniamo una breve conversazione…in russo!
Chiedo una foto, l’uomo si mette in posa, e sorridendo noto i suoi denti d’oro!!!
Anche qui ricordo i libri di Terzani, che descrivono russi dai denti luccicanti.
Mi chiede di inviargli la foto, ma mi dà login e password di non so cosa, così gli lascio la mia mail nella speranza che qualcuno mi contatti per rispedire indietro lo scatto. Probabilmente non succederà mai.
E mi dispiace un sacco, perché quando mi avvicino di nuovo con la moto accesa per ripartire, lui insiste per regalarmi un barattolo di miele chiaro…buonissimo tra l’altro!
Entro nel Bashkortostan, l’Oblast di Ufa, lasciando il Tatarstan. I russi sono molto orgogliosi di appellarsi col nome della propria regione (Tatar, Bashkort etc.)
Sembra che il petrolio non manchi, neanche in mezzo ai campi!
La sera arrivo ad Ufa, ma l’albergo che avevo visto su booking sembra deserto, nessuno alla reception, finché dopo 15′ la digiurnaia si affaccia e mi fa capire che non ci sono camere.
Non ci credo.
Ma sono talmente arrabbiato per la perdita di tempo e la scortesia che vado via lo stesso.
Evito accuratamente Ufa, non voglio rimanere imbottigliato nel traffico, e penso che potrei fermarmi nella prima gastinitza per strada.
Ne trovo una niente male, da fuori, dove però mi chiedono 1200 rubli…e sticazzi!!
La camera è piccola, con 2 letti, la porta si apre a malapena, il bagno è in comune, non c’è wifi e la colazione non è compresa…poi mi torna in mente che ad Ufa ho perso altre 2 ore rispetto al fuso precedente e così decido comunque di pernottare qui.
La mattina mangio le ultime fette di pane con il miele, qualche wafer e the scaldato col fornellino in camera.
Ci sono altre 2 moto giù, lascio un biglietto da visita, ma immagino già che non verrò ricontattato.
Il paesaggio cambia svariate volte oggi, finalmente, ed i 530km che mi separano da Ekaterinburg trascorrono senza noia alcuna!
Gli Urali mi attendono: sono una catena piuttosto bassa, sono sicuro di non aver mai superato i 1000m, nonostante questo si estendono in un territorio vastissimo, io ne percorro 300km di crinale.
Ed è un susseguirsi di laghi, acquitrini, boschi di abete, betulla, mi ricorda un po’ la Finlandia, un po’ l’Appennino.
Ed alla fine arriva Ekaterinburg.
Attendo un’oretta che arrivi Oksana, la quale mi apre la porta del suo appartamento, e dopo un’uscita serale ad Ekaterinburg corredata da pioggia e freddo (ed io tonto in pantaloncini corti ed infradito!) mi lascia dormire da solo con tutto l’appartamento a disposizione.
Not bad!
Volgograd, il destino dell'Europa fu deciso qui.
Nell’attesa dei documenti necessari per rendermi finalmente “legale”, ho approfittato per visitare Volgograd.
Vicino all’appartamento dove abito c’è la statua di Lenin più grande dell’intera Federazione Russa, 27m più basamento, con sguardo rivolto al Volga, ancora a proteggere la popolazione che fu dell’URSS.
Vado all’incontro in centro con i delegati del console, di nuovo quella maledetta strada, 30km di traffico e buche, lesioni nell’asfalto, tombini 5cm sopra dal manto stradale, i solchi delle ruote dei camion, pazzesco, rischio di cadere scavallandone uno.
Arrivo al Volgograd, nessuno ad aspettarmi, chiamo e mi dicono che non sarebbe più stato necessario, ci vediamo venerdi per la consegna dei documenti.
Poco male, vedrò il centro di Volgograd.
Nella piazza dove mi trovo c’è anche l’InTourist, unico albergo reperibile per i turisti non sovietici ai tempi dell’Unione. Accanto il palazzo delle poste centrali.
Giro a casaccio, a piedi, come faccio di solito, qui a Volgograd spira aria nuova, qualche edificazione recente qua e là, senza una vera logica pianificata, si affaccia sulla città, senza storia visiva perché distrutta durante la battaglia di Stalingrado.
Alcune costruzioni interessanti sono la stazione ed il ministero dei trasporti.
Mi dirigo verso il Volga, fa caldo e lì mi distendo con un po’ di brezza.
E’ veramente gigantesco, sembra un lago, o un mare interno, anche il colore blu intenso lo ricorda.
E’ ora di pranzo, davanti all’InTourist c’è in Gran Café, provo a controllare il listino e mi invitano a sedere…va bene dai, vediamo.
Ordino crepes con pollo e funghi, ed un Coca Cola da mezzo litro. Deliziose, 4€ e sono a posto per pranzo.
Il mio referente da casa (babbo) mi dà le coordinate per andare a vedere la statua della Madre Russia, su una collina a 6km da qui.
Rimonto in sella, in versione “sportiva” con solo giacca Moto One (e ovviamente con l’Arai) e già dalla strada principale scorgo questa figura enorme sbucare da dietro le pieghe delle colline, paurosa.
Ci arrivo sotto, la sensazione di grandezza è devastante, non so quanti metri sarà, 40, 50?
La sera, controllando su wikipedia, scopro che la statua è alta ben 87m, di cui 54m di corpo e 33m di spada.
Ai suoi tempi fu la più grande statua mai realizzata, record imbattuto per 22 anni.
La tecnologia usata da Nikitin, suo ideatore ed ingegnere, era all’epoca molto avanzata, una struttura in cemento armato precompresso riusciva a resistere agli stress provocati dagli enormi sbalzi delle braccia e della spada.
La fondazione è slegata dalla statua, che si regge solo col suo peso, così i cedimenti di fondazione stanno minandone la stabilità: la statua è in pericolo, ed in sordina, nel 2010, sono cominciati i lavori di consolidamento.
Il parco monumentale contiene altre grandiose realizzazioni, contenute all’interno del memoriale della fiamma eterna, e poi lungo un viale monumentale si trovano bassorilievi della battaglia.
Faccio qualche altro passo, qui vicino c’è anche una carina chiesa ortodossa, di recente costruzione.
Rimango ancora stupito quando mi volto a guardare l’immensità della statua, colpito dalla postura e dal gesto di richiamo verso i combattenti.
In Russia, tutto è più grande, la dittatura ha lasciato il segno.
Ripenso a quella collina, lì sotto giacciono 34.000 sovietici che Re Giorgio VI del Regno Unito rinominò eroi, perché da loro dipese il destino del mondo Occidentale, e non solo.
La battaglia di Stalingrado vide una resistenza estrema da parte di militari e civili sovietici, che grazie ad una battaglia quartiere per quartiere e casa per casa ottennero la vittoria ed il ritiro delle truppe naziste.
Oggi non saremmo qui a raccontare questa storia, se questi eroi non avessero scacciato l’armata nazista.
Torno a casa, con la mente ancora a quei fatti.
La sera mi affaccio dalla finestra e rimango suggestionato dalla vista che mi si para davanti.
Non può non tornarmi in mente l’ultimo libro letto prima di partire, del grande Terzani.
Buonanotte, Signor Lenin.
In Russia, da clandestino.
Mi dispiace salutare qualcuno come Koka, perché mi ha fatto sentire davvero a casa.
Ma è ora di andare, la strada mi aspetta e la Russia è vicina, soltanto 200km.
Arrivo a breve alle prime cime caucasiche, con passi fino ai 2500m, non quella magnificenza che mi aspettavo, ma un bello spettacolo comunque.
Mi fermo a Stepsaminda per fare pranzo, mi rifocillo bene con bocconi di maiale ai ferri e patate rustiche, con sullo sfondo un bel panorama con chiesetta ortodossa.
Percorro gli ultimi 6km. Comincia la coda dei camion, classico.
Ma mi godo gli ultimi panorami georgiani.
Poi le auto, ed un imbuto da cui non credo di passare con la moto e le borse. Mi faccio coraggio, scendo e vado a controllare, e tra 2 dei new jersey che spartiscono le corsie c’è un varco, così faccio qualche metro contromano e supero tutta la fila infilandomi in quel buco…sperando che nessun russo sarebbe venuto a bastonarmi per questo!
I tempi di attesa sono lunghissimi, i controlli per i russi scorrono bene ma la mia fila, quella degli extracomunitari (dove ci sono al 99% armeni ed azeri) non scorre proprio.
I funzionari doganali ridono e si meravigliano quando per la prima volta vedono un passaporto italiano, ed un motociclista.
Faccio vidimare il passaporto, compilo la dichiarazione doganale in duplice copia, chiedo se c’è altro da fare e se la mia carta verde vada bene: “GO! GO!”
E io vado…penso che ci sarà un altro posto di blocco, invece passano i km e mi rendo conto di essere in Russia una volta terminate le montagne caucasiche ed entrato in una delle classiche strade infinite russe…ci sono, Madre Russia!!!
Sono già le 19 e voglio fare qualche km, così arrivo fino a Nalchik; niente, non si può dormire fuori, non ci sono nascondigli e presso i benzinai c’è troppo giro di persone.
Mi fermo la sera presso il Gostinitza “Rossiya”, mi fanno problemi perché mi manca la “carta di immigrazione”, chissà cosa sarà, domani ci penserò…l’importante è che mi facciano dormire.
Camera “economica” da 800 rubli (circa 17€) senza bagno privato…pulita, con wifi…va bene.
Scopro nel frattempo che la carta di immigrazione devono rilasciarla in frontiera. Chiamo in ambasciata e dicono che è inutile che torni indietro, di provare a registrare comunque il visto.
Faccio una tirata a Volgograd, 690km, per andare all’ufficio UFSM dove dovrei ottenere il timbro.
Con questo pensiero in mente percorro una strada dritta, messa bene al 60%, per l’altro 40% piena di avvallamenti e lesioni trasversali.
Almeno la benzina la pago poco, magra consolazione, metto la 92 ottani a 30 rubli al litro, praticamente 65 cent.
Lungo la strada ho un altro inconveniente. L’udito mi fa intuire che qualcosa non va là in basso.
Mi fermo in tempo per capire che la catena è andata, la tendo con gli ultimi 2mm disponibili e incrocio le dita per arrivare a Volgograd. 100km.
Arrivo ed un panorama desolante, grigio e dominato da un’energia oscura, mi dà il benvenuto.
Arrivo da Andrey, mio host CouchSurfing. Mi fa attendere un po’ per venirmi a riscontrare. Chiedo dove posso cenare e mi offre pilminie, praticamente tortellini…con brodo di acqua salata, pepata e maionesata…si, con maionese..! Vabeh, avevo fame, poco male, mi sono sembrati buoni!
Dormo. La mattina dopo lui si sveglia tardi ed io vado verso il centro.
Mi fermo da AutoMaks per cercare di sostituire la catena; il meccanico non capisce quello che voglio dirgli, viene in mio aiuto il capofficina.
Procediamo, l’operazione avviene con una certa eleganza e velocità, catena cambiata alla perfezione! Chiedo il conto…mi rispondono…queste cose non devi neanche chiederle, vai e che la buona sorte sia con te! Santa Madre Russia, qualcosa di buono me lo concedi allora!
Vado all’ufficio UFMS.
E’ pieno di persone provenienti dall’Asia Centrale: Tajiki, Uzbeki, Kazakhi etc. ed io provo ad intrufolarmi.
Non se ne parla, è ovunque un NIET, nessuno parla inglese, nessuno cerca di farsi capire neanche a gesti.
Fanc**o, mi riposerò un po’ in riva al Volga.
Sembra un lago, l’acqua è ferma, quasi, qui fanno il bagno nonostante la sporcizia, e grosse chiatte solcano il fiume.
Ed infine…il simbolo dell’era sovietica, il più grande dell’intera Federazione è qui a Volgograd.
Lenin, dall’alto dei suoi 27m di cemento, guarda ancora il Volga, e sembra qui a proteggere i suoi figli.
Il giorno seguente parlo con il console. Sembra volermi aiutare.
All’UFSM ci torno, ma non serve a niente, per la seconda volta e 140km in totale in due giorni.
Fisso un appuntamento con due delegati del console, vediamo se vengo a capo di questa spiacevole situazione.
Domattina alle 11 in punto, davanti all’Hotel Volgograd.