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Far Eastern Siberia.
Il mio tempo qui ad Ulan Ude è agli sgoccioli.
Non sarà un addio semplice, dopo aver vissuto come in famiglia per oltre 8 giorni in questo modesto appartamento di periferia.
Tuttavia preferisco non pensarci, per adesso la cosa migliore è continuare a godere dei giorni rimanenti, e così approfittiamo per fare qualche attività riposante…e golosa!
Natasha prepara un dolce che sua madre è solita preparare per le occasioni speciali, molto semplice e d’effetto.
Praticamente pan di spagna a cubetti, inzuppato nella smietana addolcita da zucchero e coperto da una cascata di cioccolato fondente fuso.
La variante introdotta da Natasha è stata una banana tagliata a dischetti.
Garantisco che era una specialità, l’ho finito praticamente da solo in 3 giorni!
Per smaltire un po’, il giorno seguente ci dirigiamo verso il tempio buddista di recente costruzione, che si trova in cima ad una collinetta non raggiungibile via bus causa lavori in corso per la strada.
Musiche dalla melodia cinese sono diffuse da altoparlanti, mentre spose buriate sfilano con le amiche tiratissime per qualche foto dal punto più panoramico di Ulan Ude.
All’interno, appena arrivati, i monaci si sistemano e cominciano a gorgheggiare, come solitamente fanno quando devono fare qualche celebrazione particolare.
In questo caso pregano per qualcosa o qualcuno, e le persone fanno la fila presso uno sportello apposito (pagando) per farsi stampare dei cedolini con le proprie preghiere da consegnare ai monaci che li leggeranno cantando e pregando; e qui svanisce anche la sacralità del buddismo, ridotta allo stremo di un negozio di preghiere.
Usciamo in silenzio mai voltando le spalle al Buddha, guai se gli si rivolge la schiena.
Purtroppo a metà ci scappa una risata, perché Natasha mi indica una foto e mi spiega che quella era una persona di Ulan Ude, morta in un incidente…la interrompo e le spiego che quello in realtà è il Dalai Lama e non riusciamo a trattenerci…che figura, tutti a guardarci storto!
Fine giornata in relax.
Mattina sveglia presto, ma non troppo, recupero della moto, sistemazione dei bagagli, con un rito lungo e quasi penoso, ultimo sguardo alla camera che mi ha accolto per così tanto, nessuna nostalgia adesso, ma sento che presto ne sentirò la mancanza.
Saluti, a Natasha ed al babbo Vladimir. Ci rivedremo?
Scendo in “paese” e non resisto: devo fermarmi nella “Lenina square” per fare almeno una foto con la più grande testa di Lenin al mondo.
Chissà se gli entra l’Arai? Secondo me no…il diametro è circa 5m!
La strada dopo Ulan Ude la conosco fino al cinquantacinquesimo chilometro, affrontata per andare a passare la nottata in tenda presso lo “sleeping lion”.
Non male, perfino meglio nei km successivi.
Sono partito tardi ed alle 17 incrocio per la seconda volta la Transiberiana, si vede davvero sporadicamente, io credevo che corresse a fianco della strada, ed invece non è così.
Faccio altri 100km, poco più, poi mi rendo conto che sono già entrato nel fuso orario di Chita, +1 ora rispetto Ulan Ude, e così decido di fermarmi appena possibile.
Trovo un Kafe, chiedo se sia possibile dormire in tenda dentro alla loro recinzione: Da!
Sono visibile dalla strada ma all’interno di un’inferriata, mi sento sicuro abbastanza da dormire.
Mentre mi appresto a montare la tenda ecco che la nuvola nera che avevo reputato non pericolosa scarica un fiume d’acqua a terra, devo trovare riparo percé il parcheggio in cemento dove avrei dormito adesso assomiglia al Baikal in versione ridotta.
Mi sistemo nell’anti-banya (la banya è la sauna russa, molto in voga qui) e spero di non essere disturbato.
Come non detto, fino ed oltre le 23.30 continua ad arrivare gente, oltretutto è pieno di insetti e ragni, decido di togliere le tende e di montare la mia in mezzo al parcheggio nella zona meno bagnata.
Il risveglio è piuttosto buono, non sento la sveglia ma mi alzo per le 8 e per le 9 sono pronto dopo un the caldo e wafer al cioccolato.
Purtroppo devo fare di nuovo i conti col torcicollo che mi perseguita da UU, sarà una lunga giornata di guida.
Mi avevano avvertito che la strada sarebbe stata brutta: ebbene, non ho mai trovato una strada migliore di quella che da Chita va a Khabarovsk.
O forse si, solo quella degli Altai era migliore, ma questa è comunque ottima!
Km #0 del lungo tratto di Transiberiana da Chita a Khabarovsk!
Chissà quanti km potrò fare oggi, mi convinco che se le condizioni del fondo sono queste sarò capace di farne almeno 500.
Mi fermo a fare benzina. Qui costa molto di più rispetto alla Russia prima del Baikal, la 80 ottani si trova difficilmente e costa quanto la 92 ottani di Novosibirsk.
Devo rifare i conti per il budget da destinarsi al carburante.
Conosco due motociclisti che non esitano a fermarsi per salutarmi, sono di S. Pietroburgo e stanno andando a Vladivostok.
Cavolo, in due su una moto, non riuscirò mai a capire come si possa fare a caricare il bagaglio e a non rischiare la vita ogni giorno per queste strade in 2!
Pausa pranzo. Mangio della carne con il pane che mi aveva comprato Vladimir, il padre di Natasha, ed una delle uova che Natasha mi aveva lessato, in questo modo durano fino a 2 settimane, a seconda del clima ovviamente.
Riparto.
Faccio pochi metri e un cartello mi desta l’attenzione. Non ci credo, ogni volta che leggo queste distanze rimango sbalordito.
Vabeh.
Dai, soli millenovecentonovantanove chilometri a Khabarovsk.
E che vuoi che sia.
La strada è dritta, l’asfalto scuro, recente, a volte si sente ancora il profumo del catrame, l’umidità lo fa salire alle narici.
Ogni tanto mi trovo a tu per tu con la moto.
Stai facendo un gran lavoro, grazie di avermi portato fin qui senza mai rogne.
Alla fine della giornata, che reputavo impossibile terminare a Mogocha, eccomi qui dopo 750km circa.
Le medie che si possono temere qui sono altissime e per strada non c’è praticamente nessuno, un vero paradiso del silenzio e della solitudine.
Mogocha è un paese piuttosto grande per la media dei villaggi (pochi) che si incontrano qui nel Far East, e vi trovo una confortevole gastinitsa per 800 rubli.
Appena scoprono che sono italiano, come sempre accade, mi cominciano a raccontare che amano Celentano, Albano, Toto Cutugno: ormai anche io conosco a memoria le loro canzoni pur non avendoli mai ascoltati!
La simpatia che suscito mi permette di mangiare pure a gratis…grazie!
La mattina l’atmosfera è da film horror: nebbia, ancora un po’ buio, sono appena le 7 e dalla finestra vedo questo.
Riparto, non molto riposato e con il collo ancora dolorante, chissà quando mi passerà, finché l’umidità relativa si attesterà ancora al 100% come già da due giorni accade, forse mai!
Il panorama è spettrale, ma suggestivo.
Mi fermo ad Amazar, uno dei villaggi più grandi della zona, dopo aver incontrato per strada alcuni motociclisti australiani che già avevo incontrato ad Ulan Ude, senza presentarmi però.
Faccio due chiacchiere con il “boss” e capisco che si tratta di un tour operator di viaggi in moto; ci scambiamo i contatti, chissà mai che un giorno l’uno non abbia bisogno dell’altro – a buon intenditor poche parole!
Amazar doveva essere la mia frugale pausa pranzo, si è invece trasformata in una regale sosta presso la casetta in legno di questo caro signore, Victor, che mi ha offerto dell’ottima carne di cavallo (ora ho provato anche quella!) corredata di insalata e le immancabili patate in padella.
E’ molto simpatico ed accomodante, ed alla fine mi regala pure della marmellata casalinga di lamponi: la adoro!!!
E’ un fan di Putin e ricorda con nostalgia l’URSS, uno alla vecchia maniera, ex militare, ed è fiero di mostrarmi alcune delle sue foto da marine, anni passati tra Kamchatka, Vietnam ed Etiopia.
Riparto.
Il silenzio del Far East mi stupisce ogni volta che mi fermo, il traffico è finalmente scarno e vedo una macchina ogni 2-3 minuti in media, che è molto, considerando che ci veniamo incontro circa ai 100km/h.
Le foreste corrono spesso lungo la strada. Betulle e abeti.
E’ tardi, ed a pochi km da Shimanovsk trovo, neanche a farlo apposta, un Kafè che sembra soddisfare i miei requisiti di sicurezza.
Chiedo come al solito se sia possibile piantare la tenda, annuiscono, ma mi suggeriscono la loro gastinitsa.
Gli faccio capire che non voglio spendere i miei “dienghi” e così accettano di farmi dormire accanto al Kafe.
Per imbonirmeli mangio da loro, shashlick di maiale con cipolle e due fette di pane non troppo fresco.
La mattina la sveglia è per le 6 in punto, quando mi sveglio la foschia aleggia attorno a me, vedo forse per la prima volta in questo viaggio l’alba.
Come si alza il sole anche la nebbia comincia a salire. Qui nel Far East il punto negativo è sempre questo, l’umidità.
Una rana sembra attendermi per essere fotografata con la calda luce del risveglio.
Riparto.
Dopo la nebbia il tempo si dice sia buono lassù, ma i km da fare sono tanti, e prima o poi dovrò pur beccare di nuovo acqua.
Così è. E’ un giorno bagnato oggi.
Giorno bagnato in cui festeggio i 70.000, approssimati, km di questo motore.
La ciclistica ne ha ormai oltre 110.000. Mitica Hyper Ténéré!
L’ultimo attraversamento della ferrovia.
Di là, a pochi km, c’è Khabarovsk. E l’Amur.
Sergei mi aspetta al primo distributore col suo SX4 arancione.
In pochi minuti siamo a casa sua, dove ceno e faccio due chiacchiere con questa famiglia russa che mi ospiterà per i prossimi giorni a Khabarovsk.
Sto bene. Alla grande. Solo un po’ stanco, la stanchezza di oltre due mesi di viaggio.
Ma c’è qualcosa che non va, qualcosa non mi torna. Ho messo tra me e Ulan Ude 2800km in soli 4 giorni, tutto è filato liscio.
Sento di aver dimenticato qualcosa lì…
From Russia with love
Wow, è già una settimana che sono ad Ulan Ude.
Città magnifica? Qualcosa di imperdibile? No…vi racconterò, ma ripartiamo da dove eravamo rimasti, UB.
Al Gana’s Guesthouse conosco tantissimi Viaggiatori di tutte le razze, tutti con la V maiuscola, e di fronte a loro devo inchinarmi per quanto sono esperti e spensierati.
Conosco un signore di Milano che ha come filosofia di vita il viaggio, ha ereditato una somma dal padre e non smetterà di viaggiare fino a che ce la farà, parole sue, tanto di cappello!
Il dormitorio, 4€ al giorno, è situato sul tetto ed è composto di tante gher, carino anche se un po’…odoroso, diciamo!
Riparto, la moto è a posto nonostante gli sterrati pessimi della Mongolia.
Mi sento un po’ solo, dopo aver affrontato 1800km in compagnia, e dopo aver vissuto la mia prima esperienza in ostello condividendo la giornata con tanti amici.
La strada non è male, ogni tanto devo prestare attenzione alle buche ma si scorre bene; mi fermo a mangiare, zuppetta di manzo con pasta fresca, energia calda che mi farà comodo.
Arrivo a Sukhbataar, forse la seconda città della Mongolia, non c’è niente da vedere, ma all’orizzonte una tempesta si avvicina e mi preparo a prendere l’acqua indossando l’antipioggia Moto One.
Un arcobaleno si fa spazio in uno strappo tra le nuvole, mi mette di buonumore.
Arrivo in frontiera, mi aspetto lunghe operazioni, code interminabili, attese strenuanti, e invece…dopo aver fatto amicizia con una guardia doganale, ed essermi sentito augurare “Buon Viaggio!” in perfetto inglese, in un’ora sono fuori!
Russia, di nuovo, e mica ci credo!
Il paesaggio muta improvvisamente, ai lati della strada scorgo boschi di abete, in Mongolia solo verso la fine ho potuto vedere qualche albero non piantato artificialmente.
La strada è bagnata, non ho un buon presentimento…spero di poter arrivare ad Ulan Ude, poi mi ricordo del cambio del fuso orario e decido di fermarmi, sarei arrivato dopo le 23, troppo tardi.
Mi fermo in un caffè dove vedo 2 bici, magari sono due viaggiatori europei.
Così è, sono 2 francesi in viaggio verso Magadan, due matti direi, perché arriveranno lassù quando farà -30!
Comunque, ci godiamo un buon borsh caldo insieme e chiediamo di dormire in un posto sicuro, ci offrono il retro del Kafe e ci accontentiamo piantando la tenda.
Purtroppo la mattina la sorpresa sarà trovare acqua su tutto il fondo della tenda, il telo verde è stata la mia maledizione.
Ci auguriamo buon viaggio e ci salutiamo sperando di rivederci da qualche parte, sapendo che questo non avverrà forse mai.
La strada per Ulan Ude è breve, solo 100km che scorrono lisci nonostante la pioggia e nonostante un problema “tecnico”: mancanza di benzina!
Sono in riserva da almeno 50km ed ho altri 30km di autonomia, forse, nessuna pompa di benzina nelle vicinanze, poi vedo un gruppo di fuoristrada che riconosco: li avevo già visti in Mongolia!
Mi offrono 1l della loro benzina per fornello, senza questa non sarei mai arrivato alla successiva stazione di servizio…il pieno è 24l, significa che dentro non ne avevo più di 1.5l.
La porta di Ulan Ude mi annuncia che sono entrato nella regione.
Qui trovo Natasha e Rinchina, che mi aspettavano a casa, e subito si rendono molto disponibili offrendomi una doccia, un pasto caldo, ed a ruota un’escursione nel centro città, dove si trova la testa di Lenin più grande del mondo: quasi 8m per 42 tonnellate!
Rinchina è Buriata, la popolazione che occupa storicamente questa parte di territorio, la Buriazia.
Le fattezze sono mongole, anche la lingua è simile, con alcuni termini ricorrenti, e la cucina pure, con base di carne, riso e ravioli; il suo modo di fare ricorda un po’ il Giappone, timida ed estremamente educata, ma forse questa non è una caratteristica comune dei Buriati.
I Buriati sono abbastanza ben integrati con i Russi, ma esistono ancora casi di razzismo.
Appena fuori dal centro si osservano le tipiche case in legno.
La giornata termina rapidamente e dopo una dormita su un bel letto la mattina mi sveglio col profumo di pancakes che Rinchina sta preparando.
Pomeriggio libero.
Contatto Marta, una ragazza svizzera in viaggio verso in Giappone anche lei in moto, adesso via treno, e decidiamo di incontrarci in città.
Ovviamente lei è in perfetto orario, io, in ritardo…!
Ci salutiamo dandoci appuntamento in Giappone come ci saremmo dati appuntamento al bar. Fantastico.
Torno a casa. Natasha ha un cugino che lavora alla fabbrica di aerei ed elicotteri di Ulan Ude, il quale è in grado di fornirci degli inviti allo spettacolo per la celebrazione dei 75 anni.
Incredibile, ho sempre guardato questi spettacoli in video su internet ed adesso i Mig sfrecciano a 100m sopra la mia testa compiendo mirabolanti acrobazie.
C’è il pieno, davvero impossibile contare quante persone ci fossero.
La sera spettacolo pirotecnico e poi a letto, non presto nonostante avessi deciso di andare al Baikal il giorno dopo.
Parto tardi, è quasi mezzogiorno, devo fare 270km circa ma sembrano ottimi, scorrevoli, paesaggio non eccezionale ma piacevole.
Mi fermo per pranzo presso un fiume, scatolette e pane come al solito.
Arrivo al Baikal, al parco nazionale della Holy Nose Peninsula, la strada negli ultimi 60km è stata pessima e qui c’è sabbia a tratti.
Non sono mai cascato in Mongolia, e qui stupidamente inciampo in un banco di sabbia e mi appoggio in terra a 10m dalla destinazione…fanc***!!!
Poco importa, mi sistemo nella spiaggia e subito mi viene dato il benvenuto da uno stormo di uccelli in postazione.
L’acqua non è molto pulita, sarà colpa della sabbia, ed è fredda, ma non come immaginavo, sarà sui 10-15°C.
Sono freddoloso e non oso avvicinarmi se non per bagnarmi i piedi.
Tutta la leggenda che sta dietro al Baikal, non riesco a percepirla: il lago più profondo del mondo, oltre 1600m, contenente 1/5 delle acque dolci del mondo, da qui non sembra così imponente e neanche il vento riesce a trasportare la sua anima, nascosta forse da troppe aspettative.
Manovrare sulla sabbia è stato durissimo e mi concedo un paio d’ore di riposo in tenda prima di preparare un buon riso ai formaggi.
Nel frattempo comincio a sfogliare pure il frasario di giapponese, e mi basta poco per capire che non sarà un’impresa semplice.
Dopo un lungo e riposante sonno sulla sabbia rimetto tutto nelle borse e riparto un po’ assonnato.
La strada all’interno del parco è carina. Sterrato, purtroppo a tratti toulée ondulée, ed abeti ai lati.
Dopo pochi km mi fermo, è già ora di pranzo.
Trovo un piacevole posticino accando a dei laghi “figli” del Baikal.
Ho ancora l’ultima scatoletta di pesce, con ribrezzo mi faccio coraggio e la finisco, dopo averle odiate per tutta la Mongolia.
La sera, dopo essere tornato, giro due-tre supermercati cercando della mozzarella; voglio ricambiare l’ospitalità di Natasha e di suo padre preparando della pizza, ma purtroppo non c’è, sembra che ad Ulan Ude non si trovi niente di simile, così decido di improvvisare una schiacciata.
Sono fortunato e mi riesce molto bene, il sapore è lo stesso di quella che preparo a casa, sono strafelice.
Loro apprezzano e il padre di Natasha addirittura afferma di non mangiare così bene da un sacco di tempo!
La notte passa rapidamente e la mattina pianifichiamo con Natasha un giro in moto su consiglio di Rinchina, andremo a visitare il “leone che dorme”, una conformazione collinare che pare assomigli ad un leone.
Natasha è emozionata, ama le moto.
Oggi è il suo compleanno e regalarle un viaggetto in moto è il minimo.
Dopo neanche 60km arriviamo e dalla cima della collina è possibile ammirare un fantastico scenario.
Scendiamo a valle, vicino al fiume, e sistemiamo la tenda; il posto sembra sicuro.
E’ ora di cena…un appuntamento come questo potrebbe farvi rompere con qualsiasi donna…scomodo a bestia, zuppa liofilizzata e moscerini…ma Natasha sembra gradire, è la prima volta che fa un’esperienza del genere e tutto è una sorpresa per lei.
Il sole va giù ed il freddo comincia a calare, accendiamo il fuoco e cuociamo delle kartoshka (patate) direttamente sulla brace, deliziose.
Si dorme…o perlomeno ci si prova. A domani.
La mattina ci alziamo doloranti ed assonnati, e appena tornati a casa mi cimento di nuovo in cucina, nella preparazione di una torta, stavolta sarà torta alle carote.
Il risultato non è il top ma qui tutti sembrano apprezzare, meglio così.
Beh, che dire, ormai è una settimana che sono qui ad Ulan Ude, adesso avrete capito perché!
Domani dovrei ripartire, un po’ a malincuore devo dire, ma la mia missione ancora non è compiuta.
Tanti saluti!