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Nihon!!!
E’ la mia ultima notte a Sakhalin.
E l’ultima in Russia.
Domani sarò in Giappone, ancora non riesco a crederci e non ci penso neppure.
E’ il compleanno di Victoria, la mia host (è già il secondo compleanno durante il mio viaggio, incredibile!), e decido che per l’ultima notte a Yuzhno-Sakhalinsk posso fare un’eccezione e festeggiare con i suoi amici fino a tardi.
Ci troviamo a Zima, un’area attrezzata, per un barbecue e dolce di compleanno.
Nessuno in realtà è originario di Sakhalin, eccetto un ragazzo, qui i giovani arrivano allettati dalle proposte di lavoro ben pagate, addirittura 4 volte di più che nella Russia europea, a volte.
Il party si prolunga di molto, andiamo in centro e ci scateniamo in un club fino alle 4 di notte, l’ambiente è piacevole ed io sono gasato mentre penso alla nave il giorno dopo.
Le ore di sonno purtroppo si riducono a 2, alle 6 è già ora di svegliarsi e così chiamo Anton, il mio salvatore qui a Yuzhni, per andare a riprendere la moto in un parcheggio custodito…i bikers russi sono i migliori mai incontrati, fanno di tutto per farti stare al top, te e la tua moto!!!
Arrivo in ritardo all’imbarco, come al solito, ma altrimenti come potrei farmi riconoscere come italiani?
Il mio piano di riempire il serbatoio con l’ultima 80 ottani svanisce così, e pure quello di fare la spesa per vedere di finire i rubli rimastimi; niente da fare, lascio terra con ancora circa 1500 rubli.
Entro nella nave della Heartland Ferry, ormai la Russia è già dietro le spalle, e…la prima cosa che dobbiamo fare è lavare le moto!!
Un’altra volta?! “L’ho già lavata ieri…” tento di spiegare “Meglio lavarla ancora” mi risponde un ufficiale di bordo…”OK!”
Non contenti, hanno provveduto loro stessi a terminare il lavaggio…giapponesi, il popolo più pulito del mondo!Prima di salire c’era una terza moto con noi ad aspettare alla dogana, un’Africa Twin targata Giappone, wow, ottima occasione per fare amicizia: anche lui si chiama Watanabe, e sta tornando ad Osaka dopo un paio di settimane spese in Russia.
Ci affidiamo a lui per un sacco di consigli, e come da norma comportamentale giapponese, lui ci aiuta in ogni passo e fino alla fine.
Nella nave c’è il tatami e non si può camminarvi, ovviamente, con gli stivali. Tutto è perfetto, pulito, in ordine, la nave non ha un filo di ruggine. Mi sento già in Giappone.
Un ultimo sguardo a Sakhalin. Senza rimpianti,orgoglioso del mio “cammino” russo.
Si mangia! Cosa poteva esserci se non un bel “bento” (set di cibo servito in vassoio) con tanto di pane soffice, formaggio cremoso, hamburger, wurstel di pesce, marmellata e burro con dessert di budino e “appuru juusu”, ovvero apple juice, succo di mela.Le ore passano in fretta, solo 5 ore e mezzo di traversata.
Arriveremo alle 16 ora russa, 14 ora giapponese. Si, si torna indietro di 2 ore, molto strano!
Mi preparo psicologicamente all’impatto: sono tre anni che sogno questa terra, ed adesso che sono a pochi chilometri dal poggiare il primo passo, dal percorrere i primi metri sulle due ruote che videro la luce proprio in Giappone 24 anni fa, è impossibile realizzare che davvero ce l’ho fatta.
77 giorni di viaggio, da Montevarchi al Giappone, veramente l’ho fatto? Sto solo, ancora sognando?
Rare sono le occasioni in cui piango. Non mi piace esteriorizzare la mia emotività.
Cerco di nascondermi dagli sguardi.
Sento qualche goccia che mi segna il viso, bagnandolo.
Si, ce l’ho fatta, sono in Giappone.
E’ impossibile fermarsi un attimo per realizzare che la grande scommessa fatta con me stesso 3 anni fa è stata appena vinta: gli ufficiali della dogana mi richiamano subito al mondo reale, si comincia con i controlli, e ci spostiamo in una saletta che sa di ospedale.
Pochi minuti e tutto è pronto.
Importazione della moto: 22.000Yen (circa 170€) nella quale è compresa l’assicurazione di base per il motociclo (6875Yen) valida per 6 mesi.
Il trasporto della moto, dovuto alle autorità giapponesi, è di “soli” 9.000Yen (65€) piuttosto dei 25.000 prospettatici in terra russa.
Nihon!
La polizia doganale è simpatica ed accomodante, tre persone indaffaratissime con i controlli ma che non si negano una foto con noi al termine delle operazioni. Augurandoci buon viaggio! Ioi tabi o!
Watanabe-san ci accompagna quindi per qualche km introducendoci alla nazione giapponese.
Prima facciamo un salto alla SoftBank, compagnia telefonica giapponese, ma acquistare una simcard è impossibile, se non acquistandola in pacchetto con un telefonino.
Il costo totale per telefono, simcard, 2 mesi di traffico con comprese email, per non oltre 55 minuti a 9Yen al minuto, è di circa 85€. Non molto conveniente, ci penso.
Facciamo qualche km e poi ci separiamo. Watanabe-san ci saluta scusandosi per non averci potuto aiutare al 100%, e ringraziandoci…wow, solo in Giappone può succedere!I primi km qui trascorrono in un’atmosfera di euforia generale, ogni cosa per me è “nuova” e così diversa che non posso fare a meno di ruotare l’Arai da destra a sinistra in continuazione, osservando le cose come un bambino che vede il mondo per la prima volta.
Inoltre qua si guida a sinistra, mi avevano avvertito che non sarebbe stato semplice, ed invece ci metto un attimo ad abituarmi, notando che addirittura in questo modo è più semplice mantenere alta la concentrazione, data la novità.
Ci fermiamo al Seicomart, minimarket dove facciamo la nostra prima spesa giapponese; Hartmut ha deciso di seguirmi ancora per un po’ verso l’Hokkaido orientale.
Il minimarket è “ganzissimo” e dentro tutto è in ordine, confezionato perfettamente, con porzioni minuscole ma presentate in modo assolutamente perfetto. Sono al settimo cielo, impazzisco per queste novità!
All’ingresso di nuovi clienti la cantilena del benvenuto e del ringraziamento all’ingresso da parte delle commesse è come una canzone registrata, un disco rotto.
I miei primi 394Yen se ne vanno con l’acquisto di un piccolo presente per Saeki-san, che mi ospiterà all’indomani nella sua fattoria a Nakashibetsu.
Acquisto una confezione di cioccolatini, all’apparenza deliziosi (i giapponesi sono maestri nell’arte della presentazione) ed una confezione di the verde (ocha) in foglie. Spero di non fare una brutta figura.
Si fa tardi, e senza che ce ne possiamo rendere conto il sole è già dietro l’orizzonte: le due ore di luce che abbiamo guadagnato la mattina le abbiamo perse la sera e così alle 18 il sole è già giù. Diamine, dobbiamo sbrigarci a trovare un riparo: Watanabe-san ci aveva consigliato un campeggio gratuito vicino Esashi, ma mancano ancora 20km all’arrivo.
Siamo fortunati però, perché scorgo dei camper in postazione in un’area di parcheggio, decido di dare un’occhiata: wow, fantastico, l’erba è tagliata e soffice che pare un campo da golf, nessuna cartaccia in terra, panorama rilassante, atmosfera sicura, come ovunque qua in Giappone…lascio sempre le chiavi nel quadro, e nessuno osa avvicinarsi alla moto, fantastico.
Sistemata la tenda tiriamo fuori le nostre vettovaglie e ci apprestiamo a mangiare, anzi Hartmut ha già cominciato a mangiare, ha sempre una gran fretta!
Io mi intrattengo qualche minuto con dei giapponesi che curiosamente mi si erano avvicinati, e dopo qualche parola ci invitano al “ristorante”…il tavolo è già apparecchiato, ed in men che non si dica ci servono il primo piatto caldo, fatto di verdure con formaggio fuso e wurstel: non ci credo!
I giapponesi solitamente non sono espansivi, ma questi signori di Tokyo ci mettono a disposizione tanti manicaretti, con anche una bella spaghettata alla bolognese, salmone essiccato pescato da loro, osembe, e sakè, tanto sakè che li fa ridere come matti insieme a noi!
Sono le 21.
Buio pesto, fatico a crederlo, ma già da un’oretta è impossibile vedere qualcosa qua intorno.
Decido di andare a letto, la giornata è stata lunga ed è come se fossero già le 23.
Ore 5 del mattino. Il sole è già sorto.
Decido di resistere, ma non riesco a stare dentro la tenda oltre le 7.30, è già un caldo insopportabile, come fossero quasi le 10, e questo mi ricorda di nuovo le due ore di fuso “artificiale”.
Colazione con pane e sgushonka, il latte condensato russo, terribilmente delizioso per pensare che è la mia ultima confezione e che probabilmente in Giappone non lo ritroverò (almeno non a meno di 1€ a confezione!).
I nostri amici giapponesi sono già al lavoro, a seccare il pesce pescato in speciali reti.
Oggi non è una buona giornata, capiscono che non sarà redditizia in termini di pesca e così decidono di riposare.
Oltre al pesce, i nostri amici hanno anche un altro prezioso raccolto dal mare: l’alga Kombu, che stanno essiccando. Si usa principalmente per zuppe.
Nihon!
Ogni volta rimango sbalordito dal livello di infrastrutturazione percepito in Giappone: tutto va per linee aeree, e così la strada ha un groviglio di cavi sopra di sé.
Ci fermiamo per fare benzina: molti distributori sono imbellettati da lucine e lucette, cartelli di dimensioni gigantesche, coloratissimi e con caratteri abnormi per attirare l’attenzione…guardate questo distributore ad esempio!
L’unica nota negativa è che la benzina è piuttosto cara, dopo la Russia, a circa 1.20€ di media; le mie informazioni la davano a 1.10€ ma probabilmente è aumentata o più probabilmente qui ad Hokkaido è più cara.
Hokkaido è l’isola più bella da percorrere in moto, così mi avevano detto, ed infatti oggi vediamo un sacco di motociclisti per strada, almeno la metà dei quali chopperisti, ma sui passi si trovano, come sempre, le sportive, tra cui una Panigale R!
Da qui si ha un’ottima visuale sul lago, dopo qualche decina di scalini si può fermarsi e godere della vista per qualche minuto.
Mancano oramai 60km all’arrivo, un’ora circa e saremo da Saeki-san.
Ogni tunnel non completamente interrato ha un intelligente sistema di illuminazione, formato da lastre semitrasparenti, probabilmente in plexiglas, sul dorso dello stesso.
Le indicazioni di Erii, vicepresidentessa Lailac, sono state utili ed il dettaglio ci ha permesso di arrivare senza problemi a destinazione.
Ci accolgono Kan-san e Kiko-san. Kan parla inglese abbastanza bene, Kiko parla un ottimo british english.
Poco dopo si fa vivo Saeki-san, arrivando sportivamente su un Honda 90cc che una volta era in dotazione alle poste giapponesi.
Ci sistemiamo e la sera ci sarà un barbecue giapponese…wow!
La fattoria è specializzata nella produzione di latte, come molte qui ad Hokkaido. Ogni volta che mi avvicino le mucche mi guardano sospettosamente.
Che abbiano capito anche loro che sono gaijin??
Gaijin è il termine che i giapponesi per definire uno straniero, abbreviazione di gaikokujin; fino a qualche anno fa la versione breve gaijin era usata a titolo dispregiativo, adesso la differenza non è sostanziale.
Siamo sistemati in una ex-stalla adibita adesso a laboratorio/guesthouse.
Neanche qui è ammesso l’uso di scarpe.
All’ora di cena si aggiungono Yukari-san, Yuichi-kun e la figlia di Saeki-san, Satoe.
Il barbecue è a base di carne di agnello, soba (una specie di spaghetti giapponesi), toufu con kimchi, e verdure.
Una goduria per il palato.
La tecnologia non manca mai in Giappone, neanche in una fattoria, e così mi esalto scoprendo strani macchinari: questo serve per scaldare l’acqua a 98°C, ottimo per preparare ocha (the).
Vogliamo parlare poi del WC giapponese?
E come non parlarne! Fantastico: appena ti siedi schizzi per aria…qualcosa non va..la ciambella è calda!
Forte! Così d’inverno non devi aver paura di metterti a sedere su una lastra di ghiaccio!
E poi c’è un pannello a parete con ben 16 bottoni…sono 2 giorni che lo uso, ed ancora non ho capito a cosa servano, neppure la metà di questi bottoni!
Per colazione Saeki-san ci offre del latte fresco: è già pastorizzato, ma molto saporito!!
Subito dopo colazione ci mostra varie stanze adibite a museo, di cui va particolarmente fiero. Alcune opere sono le sue.
Dopo una breve sessione di ginnastica mattutina col gruppo di giapponesi anglofoni, veniamo portati a circa 10km dalla fattoria, da cui comincia uno dei famosi “trails” esplorati da Saeki-san, che adesso fanno parte, con ricca documentazione, di un percorso che si snoda attraverso molti checkpoint, per oltre 70km di camminata.
Salutiamo i nostri amici e partiamo, in due ore e mezzo dovremmo farcela, il paesaggio è magnifico e non ci sarà da annoiarsi.
Il sottobosco è stranissimo, mai vista una cosa del genere, sembra quasi una foresta tropicale.
Diversi torrenti segnano il percorso.
Queste campane, ci hanno detto, servono per avvertire gli orsi della nostra presenza, e sembra che nei dintorni ce ne siano diversi.
In ogni modo, la passeggiata termina senza alcun inconveniente, e dopo aver assaporato con gli occhi bei paesaggi di un Giappone che non ti aspetti, siamo di nuovo alla fattoria di Saeki-san.
Salutiamo Kiko e Yukari, che tornano a Tokyo in serata.
Il tramonto è segnato da un po’ di umidità.
Cena frugale con una delle buste di liofilizzati che ancora ho con me dall’Italia: è la volta della zuppa di farro e fagioli, ottima!
Mentre ceniamo Saeki-san si fa vivo e ci fa capire che andremo in un Onsen alle 20.15: wow!
Sono solo 3 giorni che sono in Giappone e la mia esperienza è già così ricca, sono emozionato!
Il posto è molto elegante e curato, come tutto qua in Giappone, mi aspetto un salasso per l’ingresso, ed invece sono solo 600Yen, praticamente 4€, una sciocchezza per delle terme in un luogo così caratteristico.
Saeki è comunque gentilissimo ed offre l’ingresso.
All’interno troviamo uno spogliatoio, da cui si deve uscire nudi e dotati solo del microasciugamano che forniscono all’ingresso, si entra poi in una sala chiusa totalmente rivestita in legno con diverse vasche a più temperature: si va da quella ghiacciata, da utilizzare all’uscita della sauna asciutta, a quella a 42°C, passando per l’intermedia a circa 35°C.
Su un lato troviamo docce e saponi vari per lavarsi al termine.
L’ambiente esterno ha un’atmosfera magica, avete presente quelle cose che si vedono solo nei film o nei cartoni animati giapponesi?
Il mio inizio in Giappone è stato esaltante, sono soli 3 giorni e già amo questo paese!